Di: Alessandra Staiano

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Dimenticate i lustrini di Bollywood. E anche il fascino di una cultura millenaria, intrisa di spiritualità. Mettete da parte il mito della “nuova superpotenza mondiale” e della “democrazia più grande del mondo” perché dell’India Arundhati Roy racconta l’intreccio perverso degli interessi di multinazionali, politica nazionalista e sistema mediatico ad essi asservito; la corruzione dell’apparato giudiziario che ha poteri impensabili in Occidente; le profonde disuguaglianze sociali; le violenze sistematiche ai danni della popolazione kashimira e il rischio di nuovi genocidi.

“Quando arrivano le cavallette” raccoglie articoli, saggi, interventi a conferenze internazionali che Arundhati Roy ha scritto tra il 2006 e il 2009 sugli avvenimenti indiani più recenti: dall’assalto al Parlamento di Delhi del dicembre 2001 all’attacco terroristico di Mumbay nel novembre 2008. Con stile puntuale, argomentazioni documentate, tono a volte ironico l’intellettuale nata nel Kerala e divenuta famosa con il suo romanzo d’esordio “Il dio delle piccole cose” denuncia in modo coraggioso il volto feroce dell’India e della globalizzazione.

Ritratto impietoso del suo Paese. Esempio significativo del ruolo di giornalisti e intellettuali in una società dove le voci fuori dal coro possono facilmente essere zittite. Inno alla possibilità di coltivare sempre e comunque la speranza, una possibilità a cui lei stessa dedica nel libro i versi di Faiz Ahmed Faiz: “Se i sogni sono spazzati via, allora il desiderio deve prenderne il posto. Se il ricongiungimento è impossibile, allora la brama deve prenderne il posto”.

Link: il sito di Guanda Editore – www.guanda.it