Di: Alessandra Staiano

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1961. Pasolini va per la prima volta in India: un viaggio insieme ai due amici Alberto Moravia ed Elsa Morante, quando Nehru, primo presidente dall’indipendenza dal 1947, ancora regge il governo e da lì a pochi mesi porterà questo Stato allora da 400 milioni di persone nell’area dei Paesi non allineati.

Ne nasce ‘L’odore dell’India’, diario di bordo, taccuino personale, raccolta dei ‘pezzi di colore’ pubblicati da ‘Il Giorno’ e divenuto libro di culto che Garzanti ripropone dal marzo di quest’anno in una edizione semplice e pulita. L’odore dell’India non è una metafora: è assolutamente reale, pregnante, costantemente presente nel percorso di sei settimane attraverso il Paese.

Con la sua sensibilità contemporaneamente poetica e sociale, Pasolini racconta l’incontro con un’umanità straordinariamente diversa da quella a cui è abituato il mondo occidentale. E’ un’umanità che pur nel groviglio di corpi, odori e colori in cui si presenta, spicca per la sua assoluta disponibilità sintetizzata, secondo l’autore, nel gesto inconfondibile che gli indiani usano per dire sì.

Pasolini riflette sulla borghesia indiana, disperatamente chiusa nel rigido sistema delle caste e in quello familiare, eppure contraddistinta dalla rara dote della tolleranza. Attinge a piene mani dalle sue passeggiate notturne, a Mumbay innanzitutto, il materiale su cui scriverà, delineando ritratti efficacissimi di giovani e di poveri, disegnando paesaggi indimenticabili, dicendo dei canti, della cucina, dei riti religiosi. Narra degli incontri con Madre Teresa di Calcutta, così come con poeti, giornalisti, intellettuali, volontari. Consegna un ritratto amaro e appassionato di un paese da sempre ‘mitico’ per l’Occidente, costruendo un testo imperdibile per chi in India vorrebbe andare o è già andato, fosse solo per confrontare quanto siano ancora attuali le riflessioni di quel genio di Pasolini.

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