Di: Alessandra Staiano e Sergio Palumbo

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Si torna bambini a guardare Arturo Brachetti che in un batter d’occhio diventa un personaggio diverso, e poi un altro, e un altro ancora. Lì sempre a chiederti come sia potuto accadere, dove sia il trucco, fino ad arrenderti alla magia di un artista straordinario. L’incanto non si spezza mai lungo tutta la girandola caledoiscopica che è il suo ultimo spettacolo “Ciak si gira!”, in scena al Bellini di Napoli fino al 6 febbraio 2011 e che ha riscosso un pieno successo di pubblico alla prima di martedì 1° febbraio. In pochi secondi l’attore, che ha dato nuova vita all’antica arte del trasformismo grazie alla smisurata passione per costumi e parrucche, nonché alla sua formazione parigina, diventa Zorro, Crudelia De Mon, Giuletta Masina, Freddy Crueger, E.T., Mary Poppins, Charlie Chaplim, Liza Minelli e tutta l’infinita carrellata di personaggi del grande schermo che hanno popolato l’immaginario collettivo di intere generazioni. E’ un omaggio al cinema il suo “Ciak si gira!” che si snoda intorno al racconto autobiografico di un amore cresciuto nel tempo, nutrito dalle scoperte che da bambino e ragazzo ha fatto. Amore per le pellicole viste al cinema del dopolavoro Fiat dove il papà lo accompagnò per la prima volta a vedere “I dannati di Varsavia”. Una scelta sicuramente poco adatta all’età del piccolo spettatore che, però, non ha condizionato quella che è stata una passione vera per tutta la vita. Che Brachetti racconta attraverso la sua arte imparagonabile. Il “cappello del nonno”, una tesa larga senza calotta, nelle sue mani si trasforma in pochi istanti nella feluca di un corsaro, nel turbante di una diva, nel tricorno di don Camillo, nel bicorno di Napoleone, in 25 tipi di copricapo diverso, ognuno che rimanda un personaggio. Ma anche la visita al Museo del Cinema della sua Torino, fatta da adolescente per la prima volta, dà l’input allo strepitoso “quadro” dedicato al cinema horror. Mentre anche i suoni – una linea immaginaria tesa tra le dita –  riescono ad evocare immagini, scene, storie note grazie ai suoi sapienti gesti. Non sono da meno le “ombre cinesi” che Brachetti racconta di avere usato da giovane squattrinato a Parigi come un film fatto solo per sé. Lo spettacolo viaggia così a furia di stupore da parte del pubblico, ma anche e soprattutto emozioni. Come quelle più intense suscitate sia dalla storia di Lon Chaney – l’uomo dai mille volti che fu il pioniere dei trucchi facciali agli albori di Hollywood, notissimo e amatissimo dal pubblico ma che poteva tranquillamente andare per strada senza essere riconosciuto perché nessuno conosceva il suo volto senza maschere – sia dalla sequenza dedicata a Federico Fellini e ai più famosi personaggi usciti dalla sua vivida e prolifica immaginazione. Arturo Brachetti usa tante maschere e trucchi e scopre un volto di sé: quello di chi ama la fantasia e l’immaginazione sopra ogni cosa. Quella fantasia e immaginazione che il cinema ha portato nella vita di tante persone in oltre un secolo di esistenza. E allora lì tutti a chiedersi stupefatti: “Ma come fa?” ed è un continuo meravigliarsi per la rapidità della trasformazione e le trovate geniali e divertenti. Allora è proprio vero, come dice lo stesso Brachetti sul palco, che “Il nostro più grande limite è l’immaginazione”!

Link: il sito del Teatro Bellini di Napoli – www.teatrobellini.it