Di: Sergio Palumbo

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“Nell’esistere di tutti il bene è sempre una goccia più del male, una minuscola goccia. bisogna raccoglierla e versarla ogni giorno.” Così medita Gadariel, l’angelo ribelle al potere di Dio per voler dare agli uomini quella goccia in più, togliendo un po’ di dolore dal mondo. Altri come lui sono gli angeli cattivi, violenti, bestemmiatori, ma eroici nella loro pietà per gli umani- Difficile è la lotta dei ribelli e nel mondo Gaddo è il povero matto mille volte sconfitto e pur sempre tenacemente avverso alle amare sorti di quanti sono oppressi dal potere del denaro, di un sapere presuntuoso, di un amore malato. Anche Morfeo ha sperimentato la dolorosa assurdità del caso che gli fa piombare in testa una pesante persiana quando, ancora bimbo, aspetta felice il Natale. Scampa alla morte, ma diventa un malato cronico soggetto alla tirannia delle medicine, dei medici saccenti, della triste routine degli ospedali. Attraverso la dura scuola della sofferenza, Morfeo impara a riconoscere la falsità delle apparenze e l’autenticità del dolore, la menzogna delle ambizioni e il valore delle piccole gioie, la vanità dei rispetti umani e l’importanza degli affetti veri. Impara a riconoscere la traccia dell’angelo, che forse gli ha risparmiato quell’esperienza di pena proteggendolo con le proprie ali dal fatale colpo in testa.

Forse tutto è stato sogno, delirio, ciò che poteva avvenire a Morfeo come avviene a tanti quando l’angelo non interviene perché l’angelo “qualche volta arriva e qualche volta ti abbandona. Ecco l’essenza, la traccia dell’angelo”.

La potenza visionaria della prosa di Stefano Benni sembra investire cose ed eventi rendendoli trasparenti, spogliandoli dei loro aspetti noti e rassicuranti per radiografarne le occulte patologie. Di particolare efficacia è la vibrata polemica dell’autore contro lo strapotere delle case farmaceutiche, che si arricchiscono a dismisura inondando il mercato di prodotti talora più dannosi che utili, di cui non chiariscono mai a sufficienza la potenziale pericolosità. Passione e ironia conferiscono alla narrazione un’intensità dolente che lascia una traccia profonda nella sensibilità del lettore.

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