Di: Alessandra Staiano

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Il “teatro-bordello d’arte” è uno scrigno prezioso con mille cassetti: ne apri uno e ne fuoriescono parole e racconti. Emozioni, su tutto. Prima, però, devi avere scelto la tua puttana (maschio o femmina poco importa), guardato con malcelato sospetto gli altri clienti che insieme a te assaporeranno la piccola di piacere teatrale, trattato sul prezzo con la maìtresse di turno e, infine, ceduto parte dei preziosi “dollarini” che hai ricevuto all’ingresso. Si apre la porta della stanza della puttana che sarà tua per un quarto d’ora, non di più. Un angolo nascosto e segreto che mai avresti pensato di avere l’occasione di vedere, figurarsi vivere così: uffici eleganti e dalle cui pareti cade la storia del palcoscenico per quanto le pareti sono cariche di foto di scene e locandine, camerini, magazzini, disimpegni, persino toilette.

Ed è teatro. Allo stato puro. Come il piacere. Del racconto. Degli occhi dell’attore che incontrano quelli di chi lo guarda, lo ascolta, lo segue. Dello sguardo dello spettatore che, a una distanza così ravvicinata, può posarsi su ogni piega del viso (ci si illude anche dell’anima) di chi davanti a sè mette in scena il suo racconto.

Benvenuti a “Dignità autonome di prostituzione”, lo spettacolo di Luciano Melchionna, dal format di Betta Cianchini e Luciano Melchionna, tornato a grandissima richiesta al Bellini di Napoli per la chiusura della stagione teatrale. Appuntamenti fino al 12 maggio 2013. Per alcuni, anzi per molti, bentornati. E sì, perché la formula dello spettacolo adottata da Melchionna consente una seconda (una terza, una quarta e così via) che è sempre nuova.

In un mondo in cui tutto è in vendita, in cui ogni cosa ha valore per l’apparenza e mai per il contenuto, in cui l’arte e la cultura sono cose “che non fanno mangiare” – così come ebbe a dire un ministro – e allora ecco gli attori che decidono di mettersi in vendita. Come le puttana. Con dignità.

Dopo la presentazione delle prostitute, che avviene in una cornice che più sfavillante a opera di uno strepitoso Daniele Russo (che anche quest’anno brilla per la bravura e i tacchi vertiginosi), allo spettatore non resta che l’imbarazzo della scelta per poi avventurarsi nei meandri del teatro che, nel frattempo, è diventato bordello dell’arte, vale a dire scrigno prezioso di storie. Un gioco, un’esperienza unica, un’avventura a caccia dei racconti che più fanno emozionare. Insomma, molto di più che un semplice spettacolo teatrale. Sarà per questo che chi è andato la prima volta al bordello dell’arte ha voglia di tornarci. E ritornarci. E ancora una volta. Come dalle puttane.