Di: Sergio Palumbo

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Nell’Inghilterra degli anni Quaranta la resistenza all’attacco nazista non è solo militare ma anche, e per certi versi soprattutto, civile e culturale. La determinazione di buona parte del popolo inglese di non lasciarsi sopraffare dalla paura e di continuare a vivere la vita di tutti i giorni nonostante il pericolo dei bombardamenti e la perseveranza nel mantenere viva la propria straordinaria tradizione culturale e teatrale, sono stati elementi di fondamentale importanza nel secondo conflitto mondiale.

Proprio in quegli anni difficili, in un teatro inglese devastato dai bombardamenti tedeschi, è ambientato “The Dresser”, il testo di Ronald Harwood che racconta di una figura tipica del teatro inglese di quegli anni: una sorta di tuttofare, assistente, segretario, vestiarista del capocomico della compagnia. Una figura inesistente in Italia e, proprio per questo, di difficile traduzione. Nella brillante traduzione di Masolino d’Amico il “dresser” è diventato il “servo di scena”.

Le scene, perfettamente curate fin nel più piccolo dettaglio da Margherita Palli, sono verticalmente suddivise in due piani. Al piano inferiore, c’è il camerino di Sir Ronald, capocomico della compagnia che quella sera rappresenterà il Re Lear. Al piano di sopra, ci sono le quinte e, dietro un telo trasparente, il palcoscenico e la platea, quasi a simboleggiare il sottile velo che separa la realtà dalla finzione.

La compagnia di Sir Ronald, la cui missione è girare l’Inghilterra in lungo e in largo per portare in scena il teatro di Shakespeare, è ormai ridotta all’osso, sia in termini di mezzi che di attori, decimati dalla guerra. Ma ciò che destabilizza la compagnia e mette seriamente in pericolo la rappresentazione di quella sera è l’improvviso precipitare dello stato di salute di Sir Ronald, che piomba in uno stato confusionale per il quale, nonostante abbia già portato in scena 227 volte Re Lear, di colpo non se ne ricorda più la battuta iniziale. Mentre tutta la compagnia ritiene di dover annullare lo spettacolo previsto per quella sera, il servo di scena, Norman, è l’unico che pungola il capocomico, lo incoraggia, lo rassicura e lo sprona ad andare in scena. Con una incondizionata dedizione ed un affetto amorevole, Norman riesce letteralmente a rivitalizzare Sir Ronald, infondendogli il coraggio necessario a scavare in tutto il suo bagaglio di forze, di passione e di risorse, per andare ancora una volta in scena.

Teatro nel teatro, quindi, dove si rappresenta la realtà della compagnia teatrale, ciò che vive dietro la finzione, con le molteplici e contraddittorie sfaccettature dell’animo umano: i sentimenti contrastati e le emozioni soffocate, lo sfiancante impegno di chi calca le scene e di chi lavora instancabilmente dietro le quinte (ad esempio per simulare la tempesta del Re Lear), l’appassionato bisogno di portare a termine lo spettacolo a qualunque costo, la venerazione incondizionata e l’arrivismo, l’ingratitudine e lo sconforto.

Franco Branciaroli, oltre ad essere magistrale nel ruolo di Sir Ronald, grande mattatore della scena, perfetto nel rendere lo stato precario di salute e di confusione mentale del personaggio, nonché i tratti caratteristici del capocomico dispotico, egocentrico ed ingrato ma appassionato ed ostinato a portare avanti la propria missione seppur con immane fatica, firma anche una regia impeccabile, che valorizza gli attori, tutti perfettamente all’altezza dei propri ruoli: Lisa Galantini, Melania Giglio, Valentina Violo, Daniele Griggio, Giorgio Lanza ed uno straordinario Tommaso Cardarelli nel ruolo di Norman, che ne rende egregiamente l’emotività e le nevrosi, così come la vera e propria venerazione per Sir Ronald.

“Servo di scena” sarà al Teatro Bellini di Napoli fino al 24 novembre 2013.