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Improvvisamente, l’estate scorsa

di Tennessee Williams

traduzione di Masolino d’Amico

regia di Elio De Capitani

scene di Carlo Sala

costumi di Ferdinando Bruni

luci di Nando Frigerio

suono di Giuseppe Marzoli

Cristina Crippa – Mrs Venable

Elena Russo Arman – Catherine Holly

Cristian Giammarini – Dottor Cukrowicz

Corinna Agustoni – Mrs Holly

Edoardo Ribatto – George Holly

Sara Borsarelli – Miss Foxhill, sorella Felicity

produzione TEATRO DELL’ELFO

Nel centenario della nascita di Tennessee Williams (26 marzo 1911 – 25 febbraio 1983) Elio De Capitani è tornato a lavorare sui testi del grande autore americano, scegliendo Improvvisamente, l’estate scorsa e, per il debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto 2012, il meno rappresentato La discesa di Orfeo. A quasi vent’anni dall’allestimento del Tram chiamato desiderio con Mariangela Melato (1993), riporta in scena i grandi personaggi di Williams di cui è difficile dimenticarsi: esistenze frantumate, anime sconvolte e abbacinate, sempre pervase da una vaga e imprecisata volontà di fuga, dagli altri o da se stessi.

De Capitani ambienta Improvvisamente, l’estate scorsa nel giardino-giungla della signora Venable (Cristina Crippa), creazione e lascito di suo figlio Sebastian, morto “improvvisamente, l’estate scorsa”. Qui un giovane e brillante neurologo (Cristian Giammarini), che sperimenta con successo cure psichiatriche d’avanguardia, riceve dalla ricca signora l’offerta di un congruo finanziamento per l’ospedale pubblico di New Orleans. Ben presto capisce che la donna vuole qualcosa in cambio: gli chiede di operare sua nipote Catherine Holly (Elena Russo Arman), affetta – a suo parere – da allucinazioni e crisi isteriche incontrollabili. Le cure d’avanguardia non sono altro che la famigerata lobotomia, ma il medico vuole formulare una diagnosi più scrupolosa prima di praticarla e inizia a sottoporre la paziente a colloqui che indagano l’origine delle crisi. C’è stato un evento traumatico: Catherine ha assistito alla morte di suo cugino Sebastian durante un viaggio all’estero, ma non ne riesce a ricordare le circostanze, anche se nelle sedute con il dottore emergono via via particolari violenti e scabrosi. Cosa si nasconde dietro a questa rimozione? Nessuno della famiglia della ragazza sembra volerlo scoprire: né sua madre Mrs. Holly (Corinna Agustoni), né tanto meno la zia, impegnata con ogni mezzo a erigere un muro di omertà per mantenere immacolata la memoria del figlio.

La storia riverbera le vicende familiari dell’autore, la cui sorella, Rose, fu fatta lobotomizzare per volontà della madre, perdendo ogni capacità di agire in maniera autonoma e finendo rinchiusa in una clinica psichiatrica fino alla morte, all’età di 96 anni. Williams, che non poté mai perdonare la madre per questo orrore, stigmatizzava in modo estremo quel miscuglio di perbenismo, pruderie ipocrita, sessuofobia paranoica che soffocava la società americana. Il testo non poteva che restare vittima dei movimenti di censura di quei tempi, che costrinsero Gore Vidal, sceneggiatore della celeberrima versione cinematografica diretta da Joseph Mankiewicz, a rimuovere ogni riferimento all’omosessualità.

DALLA RASSEGNA STAMPA

Tennessee Williams percorse, con gusto cechoviano, le indefinite tragedie di esistenze frantumate, s’impossessò di anime sconvolte e abbacinate, sempre pervase da una vaga e imprecisata volontà di fuga, dagli altri o da se stessi. Anche Improvvisamente, l’estate scorsa (questa come altre opere – ben 19 – divenne un celebre film hollywoodiano) non smentisce questo angosciante background in un campionario di anime malate, di vittime senza eroismi, senza pietà o compassione.

La prepotente regia espressionista di De Capitani rende ancora più aggressiva la scrittura originale (con i suoi orrori di antropofagia e di chirurgia cerebrale). (…)

Elio De Capitani la cavalca con euforica generosità, ma secondo un singolare ragionamento. Cerca, cioè, di entrare nelle allucinogene sensazioni mentali dei personaggi, portandole all’esterno. Le esplosioni acufeniche dei soggetti sono portate fuori, nell’attonita staticità di una stupita folgorazione. In una specie di turgida giungla domestica le grida di uccelli esotici diventano urla di vittime straziate. E i personaggi in un insopportabile climax rendono esplicito l’orrore, evidente lo sgomento, con una generosità di eccezionale dedizione, da Cristina Crippa (la folle, possessiva madre) a Elena Russo Arman (instabile Catherine), protagoniste assolute in un ben assortito cast di comprimari.

Paolo Paganini, Corriere del Ticino

Tra un realismo e un naturalismo a forte valenza simbolica, il linguaggio di Tennessee Williams ha sempre attinto i suoi motivi nel Vecchio Sud di un’America esteriormente puritana ma corrotta, con delle ossessioni che spesso assumono aspetti patologici. La sua penna quasi sempre rivolta a drammatizzare i conflitti all’interno familiare, facendo affiorare verità spietate attraverso grandi personaggi soprattutto femminili.

Un testo ben congegnato che De Capitani rilegge in tutta la sua forza drammatica dentro una cornice scenica grandiosa che rappresenta il giardino di una villa dalla lussureggiante flora subtropicale.

Scene madri che una volta erano pasto dei grandi mattatori. Qui a rivaleggiare sono Cristina Crippa che si cala con buon mestiere nel tragico e visionario personaggio della madre e Elena Russo Arman, una Catherine indomita e che chiude il lavoro in un bel crescendo drammatico. Arbitro distaccato del duello, nelle vesti del dottore, un equilibrato Christian Giammarini.

Domenico Rigotti, Avvenire