Di: Sergio Palumbo

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“Odila, o popolo, là è la patria, dove si muore colla spada in pugno! Non qui dove le uccidi i suoi poeti”. Mai questi versi di Luigi Illica sono stati così attuali, dopo i recenti avvenimenti terroristici in Francia e dopo la strage nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo. Proprio nei confronti di questi avvenimenti il Teatro San Carlo di Napoli ha dimostrato grande sensibilità, tanto da prevedere una recita straordinaria di Andrea Chénier il 23 gennaio 2015 per solidarietà alle vittime degli attentati terroristici in Francia, ad ingresso gratuito, i cui inviti sono andati esauriti in pochissime ore. Mentre ci si aspetta, quindi, un teatro gremito per la serata di solidarietà, è desolante, invece, vedere nelle recite ordinarie una platea semivuota e diversi palchi completamente deserti, per una delle più belle opere del melodramma italiano. L’auspicio è che i vertici del Massimo napoletano si decidano a cambiare la strategia dei prezzi e delle promozioni, rendendo più accessibili i biglietti ed invogliando soprattutto il pubblico più giovane ad avvicinarsi al meraviglioso mondo dell’Opera.

Peraltro, l’opera di Umberto Giordano mancava a Napoli da ben 29 anni e il capoluogo partenopeo ha avuto un ruolo fondamentale nella sua gestazione: fu proprio qui che, nell’aprile del 1894, avvenne un determinante incontro tra l’autore del libretto, Luigi Illica, Umberto Giordano ed il compositore Alberto Franchetti, cui Illica aveva promesso il libretto. Durante questo incontro Franchetti cedette il libretto a Giordano, che iniziò a lavorare sul suo capolavoro. Scrisse difatti Giordano: “Un bel giorno, di pieno sole, siamo andati in una di quelle incantevoli trattorie, dalle terrazze delle quali si scorge il Vesuvio. Franchetti mostra di interessarsi alla mia situazione e, in un momento di altruismo, mi offre, mi cede il libretto di Chénier che Illica si era impegnato a scrivere per lui”. E Napoli ha sempre amato quest’opera, vedendo sul palco del Massimo, negli anni, grandi nomi come Beniamino Gigli, Mario Del Monaco, Franco Corelli o Carlo Bergonzi.

A proposito di grandi nomi, non bisogna dimenticare che nelle recite di 29 anni fa, nel 1986, il ruolo di Carlo Gérard fu affidato al grandissimo Piero Cappuccilli. Oggi, la stessa parte baritonale doveva essere affidata ad Ambrogio Maestri, che però, per motivi familiari ha dovuto cancellare la sua partecipazione allo spettacolo. A sostituirlo, la più grande rivelazione di questa rappresentazione: Sergey Murzaev, la cui voce possente, l’ottima presenza scenica e l’eccellente interpretazione convincono pienamente il pubblico, soprattutto nel terzo atto, dove dopo il monologo “Nemico della Patria?!” raccoglie calorosissimi applausi. Grande ovazione per il baritono russo anche al termine della rappresentazione. Freddini, invece, gli applausi al termine di uno dei momenti più attesi dell’opera, ossia la celebre aria “Un dì all’azzurro spazio”, eseguita da Antonello Palombi, nel ruolo del protagonista. Palombi, acclamatissimo dal pubblico napoletano lo scorso anno nei Pagliacci di Leoncavallo (sempre con la direzione di Nello Santi), si fa apprezzare per il suo bel timbro brunito e un buono squillo, ma stavolta qualche incertezza negli acuti nel primo atto gli costa un’accoglienza meno entusiastica. La sua interpretazione migliora notevolmente a partire del secondo atto, ed in particolare dal duetto con Maddalena “Ora soave, sublime ora d’amore!”, eseguito con intensità e grande trasporto. Oksana Dyka è una Maddalena di Coigny convincente, grazie ad un bel timbro vocale, un buon volume, un’efficace dizione e l’agilità nei registri alti, ma, di converso, dimostra qualche leggera insicurezza nei registri gravi, ma niente di imperdonabile. Bene anche gli interpreti delle parti minori, tra i quali spicca Annunziata Vestri, struggente nella parte toccante della vecchia Madelon.

Al termine della rappresentazione, ma anche all’inizio e alla fine di ogni singolo atto, è un vero e proprio trionfo per Nello Santi, amatissimo dal pubblico napoletano e tra i massimi conoscitori della partitura di Giordano. Santi dirige a memoria l’orchestra del Teatro San Carlo, in modo impeccabile e con una precisione maniacale per ogni singola sfumatura, garantendo, anche grazie alla sua sconfinata, ultrasessantennale, esperienza, un perfetto equilibrio tra le parti strumentali e quelle vocali, consentendo ai cantanti di dare il meglio di sé anche nelle parti più delicate, che in quest’opera non sono affatto poche. L’ottima prova dell’orchestra è la conferma dell’eccellente qualità degli strumentisti del Massimo napoletano, così come è egregio il lavoro del coro, diretto da Marco Faelli, che tocca il suo apice in “O pastorelle, addio”, eseguito con delicata grazia e fatata leggiadria, per uno dei momenti più emozionanti della rappresentazione.

Le scene sontuose di Paolo Bregni, correttamente lontane dal dilagante minimalismo che in quest’opera avrebbe decisamente stonato, anche se costringono ad intervalli al termine di ogni atto (durante i quali si può solo immaginare l’immane lavoro dei macchinisti e degli scenografi), sono affascinanti e ben congegnate, mentre i costumi di Luisa Spinatelli sono perfetti sin nei minimi particolari. La regia di Lamberto Puggelli, qui ripresa da Salvo Piro, è precisa e segue con giusto rigore le indicazioni del libretto.

Andrea Chénier sarà in scena al Teatro San Carlo di Napoli fino al 29 gennaio 2015.

Link: il sito del Teatro San Carlo di Napoli – www.teatrosancarlo.it