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Dal 18 al 22 novembre 2015

Ti regalo la mia morte, Veronika

traduzione e adattamento di Antonio Latella e Federico Bellini

tratto dal film Veronika Voss

di Rainer Werner Fassbinder

regia Antonio Latella

con Monica Piseddu

e in o.a.

Valentina Acca, Massimo Arbarello, Fabio Bellitti, Caterina Carpio, Sebastiano Di Bella, Nicole Kehrberger, Candida Nieri, Fabio Pasquini, Annibale Pavone, Maurizio Rippa

Utilizzo della sceneggiatura Die Sehnsucht der Veronika Voss di Peter Märthesheimer e Pea Fröhlich, da una bozza di Rainer Werner Fassbinder, per gentile concessione della Fondazione Rainer Werner Fassbinder – Berlino e di Verlag der Autoren – Francoforte sul Meno / Germania.” “Per gentile concessione di Arcadia & Ricono Srl a socio unico, via dei Fienaroli, 40 – 00153 Roma – Italy”

Personaggi e interpreti

Monica Piseddu – Veronika Voss

Annibale Pavone – Robert Krohn

Valentina Acca – Henriette / Margot

Candida Nieri – Dottoressa Katz / Martha

Caterina Carpio – Grete / Maria

Nicole Kehrberger – Josepha / Emma

Fabio Pasquini – capo-coro, ebreo, regista

Maurizio Rippa – capo polizia / Elvira

Massimo Arbarello, Sebastiano Di Bella, Fabio Bellitti – ombre

scene Giuseppe Stellato – costumi Graziella Pepe

musiche Franco Visioli

luci Simone de Angelis

ombre Altretracce

assistente alla regia Brunella Giolivo

In occasione dello spettacolo il Goethe-Institut Napoli organizza la proiezione del film “Die Sehnsucht der Veronika Voss” (Ger 1982) di Rainer Werner Fassbinder. La proiezione, in lingua originale sottotitolata in italiano, avrà luogo lunedì 16 ottobre alle ore 18.30 presso il Multicinema Modernissimo. Interverrà l’attrice Valentina Acca.

Prodotto da Emilia Romagna Teatro Fondazione e diretto da Antonio Latella, dopo il debutto del maggio scorso al Teatro Storchi di Modena, Ti regalo la mia morte, Veronika inizia la sua tournée dall’Arena del Sole dove sarà in scena da giovedì 12 a domenica 15 novembre. Lo spettacolo ha valso il Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro 2015 ad Antonio Latella per la regia e a Monica Piseddu per l’interpretazione.

Latella ritrova qui la poetica fassbinderiana a distanza di quasi dieci anni: è infatti del 2006 la sua rilettura di Le lacrime amare di Petra von Kant. La base di questo nuovo lavoro non è però un testo teatrale, ma parte dell’opera cinematografica che Fassbinder ha dedicato alla rappresentazione e all’analisi della donna.

Partendo dalla rievocazione di Veronica Voss, ultima tra le protagoniste dell’autore bavarese, lo spettacolo incontra alcune tra le figure femminili grazie alle quali Fassbinder ha consegnato forse una grande, unica opera in cui sguardo cinematografico e biografia personale tendono inevitabilmente a coincidere. Una corsa folle, senza protezioni, una prolungata allucinazione dove realtà e finzione diventano quasi indistinguibili. Entriamo così nella mente di Veronika, diva sul viale del tramonto e vittima della morfina somministrata da medici senza scrupoli, dove i ricordi e i personaggi rievocati diventano apparizioni in bianco e nero, il nero come forma perfetta che fagocita gli altri colori e il bianco della purezza ma anche del lutto. E, inevitabilmente, il bianco della morfina che trasforma le memorie in gratificazioni, deforma ogni percezione fino a rendere accettabile la morte come possibilità, o liberazione. Un viaggio in cui Veronika e le altre eroine del cinema fassbinderiano regalano il proprio sacrificio al loro ideatore, il regista, il medico ma anche il carnefice Fassbinder, a sua volta, probabilmente, personaggio del suo stesso dramma.

La tournée

Napoli, Teatro Bellini 18-22 novembre 2015|Cesena, Teatro Bonci 10-13 dicembre 2015| Piacenza, Teatro Municipale 15 dicembre 2015| Pistoia, Teatro Manzoni 18-20 dicembre 2015| Genova, Teatro La Corte 12-17 gennaio 2016| Udine, Teatro Palamostre 20 gennaio 2016| Lugano, LuganoInScena 23, 24 gennaio 2016| Rennes, Théâtre National de Bretagne 28, 29, 30 gennaio 2016| Roma, Teatro Argentina 2-14 febbraio 2016| Ravenna, Teatro Alighieri 16-17 febbraio 2016| Prato, Teatro Metastasio 18-21 febbraio 2016| Macerata, Teatro Lauro Rossi 24-25 febbraio| Pontedera, Teatro Era 28 febbraio| Brescia, Teatro Sociale 1-2 marzo 2016| Cremona, Teatro Ponchielli 3 marzo 2016| Parma, Teatro Due 4-6 marzo 2016| Liège, Théâtre de Liège 10, 11, 12 marzo 2016| Milano, Teatro Elfo Puccini 15-23 marzo 2016.

In occasione dello spettacolo il Goethe-Institut Napoli organizza la proiezione del film “Die Sehnsucht der Veronika Voss” (Ger 1982) di Rainer Werner Fassbinder. La proiezione, in lingua originale sottotitolata in italiano, avrà luogo lunedì 16 ottobre alle ore 18.30 presso il Multicinema Modernissimo. Interverrà l’attrice Valentina Acca.

Teatro Bellini
Dal 18/11/2015 al 22/11/2015

Prezzi
MERCOLEDÌ
1′ SETTORE 20€
2′ SETTORE 15€
3′ SETTORE 12€

GIOV/VEN/SAB/DOM
1′ SETTORE 28€
2′ SETTORE 23€
3′ SETTORE 18€

OVER 65/CRAL/CONVENZIONI
1′ SETTORE 25€
2′ SETTORE 20€
3′ SETTORE 15€
Esclusivamente per le repliche del mercoledì, giovedì e venerdì

Ai prezzi sopraelencati va applicata una maggiorazione del10% pari al diritto di prevendita

UNDER 29
15€

ORARI
MERCOLEDÌ, GIOVEDÌ, VENERDÌ, SABATO ORE 21.00 – DOMENICA ORE 18.00

DURATA: 2h senza intervallo

TI REGALO LA MIA MORTE, VERONIKA

Una breve introduzione

Ti regalo la mia morte, Veronika è il secondo incontro di Antonio Latella con la poetica di Rainer Werner Fassbinder. Dopo la messa in scena de Le lacrime amare di Petra von Kant, nel 2006, Latella rivolge l’attenzione a parte dell’universo cinematografico dell’autore bavarese, costellato dalla presenza di personaggi femminili attraverso i quali Fassbinder ci ha donato un affresco e un’ampia riflessione non soltanto sulla condizione della donna, ma anche sul proprio contesto storico, una Germania non ancora del tutto guarita dalle ferite del passato.

Partendo dalla rievocazione della vicenda di Veronika Voss, diva sul viale del tramonto e vittima di una dottoressa e di un’infermiera senza scrupoli, lo spettacolo insegue una parabola allucinatoria scandita dai ritmi e dagli stati d’animo provocati dall’assunzione di morfina, dove i frammenti di ricordo riaffiorano nella mente di Veronika come incubi, proiezioni di una psiche alterata e in parte compromessa. Una corsa folle, senza protezioni, in cui realtà e finzione non sono più distinguibili e nella quale i sentimenti diventano inevitabilmente merce di scambio o illusorie gratificazioni, dove persino la morte è accettabile, come liberazione o nuova possibilità. Un viaggio della mente in cui Veronika incontra alcune tra le protagoniste delle pellicole del cineasta tedesco, da Maria de Il matrimonio di Maria Braun a Margot de Paura della paura, da Emma Küsters de Il viaggio in cielo di Mamma Küsters a Elvira de Un anno con tredici lune, fino a Martha, protagonista dell’omonimo film, tutte testimoni di una riflessione cinematografica divenuta ne gli anni quasi un unico corpo, un’unica grande storia. Ma anche un viaggio in cui Veronika incontra, soprattutto, il suo ideatore, il regista, il medico ma anche il carnefice Fassbinder, presente fin dal suo primo ricordo, quella sala di un cinema nella quale sorprendiamo entrambi assistere alla proiezione di un film che sembra somigliare al racconto della loro stessa fine.

Federico Bellini
Rainer Werner Fassbinder
Regista, attore e drammaturgo nato a Monaco nel 1946, è uno degli artisti più ammirati e controversi degli ultimi decenni, un “rivoluzionario” che con la sua opera – dove il kitsch si fonde con la violenza, le passioni senza freni con la critica della società e l’omosessualità, l’emigrazione e la droga fanno da sfondo a dei veri e propri melodrammi amorosi – ci ha offerto uno sguardo unico sul mondo. Una carriera prolifica e rapidissima dove l’impegno cinematografico è sempre andato di pari passo con il teatro e la televisione (uno dei suoi capolavori è Berlin Alexanderplatz, una serie di 14 episodi tratti dall’omonimo romanzo di Alfred Döblin che costituisce un monumentale affresco della Germania contemporanea) in un lavoro incessante e senza respiro: oltre 40 film in 13 anni. D’altra parte, a chi gli chiedeva come facesse a lavorare tanto rispondeva «dormirò quando sarò morto».

Proveniente da una famiglia borghese, da padre medico e madre traduttrice, cresce solo con la madre dopo la separazione dei genitori. Si avvicina alla recitazione a 16 anni e, in seguito, si sperimenta come autore e regista: nel 1965 realizza i primi cortometraggi e le prime opere teatrali e acquista una grande fama in patria. Nel 1972 con Le lacrime di Petra Von Kant, adattamento cinematografico di una sua opera teatrale, raggiunge la notorietà internazionale. Il film viene accolto da una violenta polemica per il suo contenuto – è la storia di una lesbica che si finge eterosessuale per paura delle ripercussioni sociali e familiari – ma anche da un grande apprezzamento per l’estetica delle immagini e l’intenso lirismo con viene trattato il tema. Del ’74 Martha, dove narra dell’omonima protagonista vittima delle violenze fisiche e psicologiche dell’appartentemente perfetto marito Helmut; del 1975 Il viaggio in cielo di Mamma Küsters ( la cui proiezione al Festival di Berlino fu sospesa per le dure proteste del pubblico) che racconta della lotta disperata di Emma Küsters, nel tentativo di difendere la memoria di suo marito Hermann – un uomo mite, suicidatosi dopo aver ucciso il figlio del padrone della fabbrica dove lavorava per paura del licenziamento – mentre tutti intorno a lei, dai mass media alla stampa, dalla politica alla sua stessa famiglia, brigano nel tentativo di sfruttare per interessi personali la tragica vicenda. Dello stesso anno Paura della Paura, dove conosciamo Margot, donna e moglie apparentemente felice, che durante la seconda gravidanza viene assalita da ansie e paure e si lega al proprio vicino di casa, che è l’unico che riesce a capirla. Del 1978, girato in appena 25 giorni a seguito del suicidio dell’amico e compagno Armin Meier, Un anno con tredici lune è uno dei suoi film più drammatici, un’aspra denuncia verso la società e, al tempo stesso, una meditazione esistenziale sul suicidio. Il film racconta gli utlimi 5 giorni di vita del transessuale Elvira, che rievoca la tragica storia della sua vita, prima di suicidarsi. Ancora gli ambienti marginali sono al centro de Il matrimonio di Maria Braun, uno dei film più significativi della sua carriera: la vita di Maria, piena di difficoltà e di colpi di scena, diventa il racconto metaforico della Germania del dopoguerra. Una vera e propria riflessione storica che si scaglia, con intelligenza e sarcasmo, contro l’ipocrisia della società tedesca. Veronika Voss è l’ultimo film realizzato interamente da Fassbinder – precedente solo a Querelle, girato poco prima di morire a 37 anni per un’overdose, e il cui montaggio fu completato dai suoi collaboratori. Una vita breve, spesa tra il lavoro e gli abusi: alcolista e tossicodipendente, Fassbinder è il cineasta degli eccessi e delle realtà marginali ricreate nella normalità.

 

CONVERSAZIONE CON ANTONIO LATELLA

Questo è il tuo secondo incontro con la poetica di Fassbinder, dopo la messa in scena de Le lacrime amare di Petra von Kant. Cosa ti ha portato ad affrontare di nuovo questo autore?

Oggi mi rendo conto che mi piace affrontarlo perché mi sembra di avere finalmente capito la sua dimensione di autore classico. È cambiato l’approccio, il desiderio di non pensarlo più come autore alternativo, o, peggio, trasgressivo, quanto come inventore di un nuovo linguaggio teatrale e cinematografico. Oggi sono consapevole del suo rapporto con Cechov, con Goldoni, con la tragedia greca; questo mi porta a confrontarmi con lui in modo più adulto, cercando di evitare la provocazione per tentare di restituirgli la potenza del grande classico. Senza rinunciare, naturalmente, a provare a ricreare parte del clima non certo rassicurante che lui stesso creava nel suo contesto storico. Rispetto a Le lacrime amare di Petra von Kant, credo che questo sia uno spettacolo più fassbinderiano, se vogliamo usare questo aggettivo, proprio perché non è affatto consolatorio.

Nello spettacolo assume particolare rilievo la presenza del Coro. Quali sono le ragioni di questa scelta?

C’è una battuta, nel testo, che credo sia significativa a questo proposito: «Cambiano i ruoli ma la voce è sempre la stessa. è e sarà sempre quella del regista». È come se Fassbinder mettesse parte della propria identità in ognuno dei personaggi dei suoi film; per questo ho cercato di pensare alle sue opere come ad un corpo unico, come fossero i cocci di un vaso che bisogna ricomporre, vaso che peraltro rappresenta anche, simbolicamente, il corpo di Veronika. Il Coro le detta i ritmi, la violenta, la coccola, è un tutt’uno con lei. Era importante avere una presenza così forte del Coro anche per poterci allontanare dal mélo e avvicinarci alla tragedia greca, dove tutti conoscono il destino del protagonista e lo accompagnano verso la fine.

Hai detto che pensi all’opera di Fassbinder come ad un corpo unico. Si deve a questo la scelta di portare in scena alcune protagoniste dei suoi film?

È interessante come, in molti dei suoi film, ci sia la presenza dello stesso regista, cosa che ci riporta di continuo alla sua biografia. In Veronika Voss appare nella prima scena, alle spalle di Veronika, come se volesse indicarci una corrispondenza tra la sua vicenda biografica e quella della sua protagonista. è un indizio importante, così come far comparire alcune delle protagoniste dei suoi film nella parte finale ci permette di ragionare sulla sua opera pensandola come un corpo unico, un unico grande film. Inoltre, dopo Le lacrime amare di Petra von Kant, era importante anche potersi confrontare in modo critico con lui; anche se, bisogna dirlo, più nella vita si indeboliva, più si ammalava, più riusciva ad accrescere la sua qualità artistica.

Lo spettacolo sembra pensato come una partitura, quasi fosse uno spartito musicale.

Ho pensato fosse necessario creare una partitura dell’anima, quasi un allegorico requiem. Del resto la presenza della musica è dominante nel suo cinema, lui stesso ha scritto canzoni. Credo che solo raccontandolo attraverso una partitura sia possibile creare un corpo unico, dove più ci si avvicina alla morte più il tempo accelera, fino ad arrivare ad un luogo dove non c’è più armonia, ad un’ultima allucinazione dove i frammenti di memoria diventano note dissonanti, disarmoniche. Credo che Fassbinder stesso cercasse la dissonanza, nel suo cinema, come se ogni volta che si avvicinasse alla perfezione sentisse il bisogno di inserire un elemento di disturbo.

In alcuni tuoi spettacoli, a partire da Le Nuvole (2009), fai riferimento al mondo dei primati, come in quest’ultimo lavoro. Quale significato simbolico associ a questa scelta?

È come se cercassi di ritrovare l’essenza del primo uomo. Più procedo nella mia ricerca, più mi chiedo se l’uomo avesse consapevolezza della propria coscienza fin dall’origine; con un po’ di ironia, si può dire che il fatto che si pensi che gli animali non abbiano coscienza della morte li metta forse in una condizione di vita migliore della nostra. In quest’ultimo lavoro ci troviamo di fronte a dei gorilla albini: per alcuni potrebbero simboleggiare il Diavolo o assumere altri significati, anche se forse rappresentano una possibilità di liberazione, quella di poter, un giorno, scomparire definitivamente nella luce. Credo tuttavia sia l’ultimo spettacolo in cui compariranno, come credo non lavorerò più su un’idea di frontalità scenica. Per quanto riguarda i primati, o le scimmie, ironicamente si può anche aggiungere che oggi, forse, uno spettatore sia più portato a riconoscersi in una scimmia che in un personaggio, per come viene trattato a teatro.

C’è un tema dello spettacolo che ritieni centrale e di cui vorresti parlare?

Credo che uno dei temi principali sia quello relativo alla madre. è un tema che nel lavoro viene citato più volte ed è molto presente nella cinematografia di Fassbinder. Ci siamo spesso trovati, più o meno consapevolmente, ad affrontare autori che hanno avuto un rapporto forte, anche conflittuale, con la figura materna. Autori che hanno sentito il bisogno di rendere eterna la propria madre anche con un solo fotogramma, come se volessero omaggiare il ciclo della Natura di cui prima parlavo. La nostra protagonista è costretta ad incontrare la madre di Fassbinder in Gioielleria, e non credo sia casuale che in quell’occasione si parli del nazionalsocialismo. In Germania in Autunno, uno dei film più autobiografici di Fassbinder, il regista e la madre si scontrano in una discussione che fa emergere istanze di destra da parte di lei; istanze che, tuttavia, sembrano essere soprattutto connaturate al ruolo materno come tentativo di proteggere la propria specie. Veronika rincorre il ruolo della madre ma non riesce ad interpretarlo perché non potrà mai essere madre, e, alla fine del testo, le facciamo incontrare Mamma Küsters, forse uno dei personaggi più belli del cinema di Fassbinder.

direttore tecnico Robert John Resteghini/ capo macchinista Gioacchino Gramolini/capo elettricista Tommaso Checcucci/fonico Chiara Losi/ sarta Maria Antonietta Lucarelli / amministratrice Daniela Cappellini / training Nicole Kehrberger / assistente alla regia volontaria Francesca Giolivo / realizzazione albero Giuseppe Stellato, Marco Di Napoli, Domenico Riso per Re-Forma realizzazione costumi Cinzia Virguti / realizzazione maschere Crea fx Effetti Speciali / calzature Massimo Giussani

foto di scena Brunella Giolivo / ufficio stampa Silvia Pacciarini