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Dal 8 al 13 maggio 2018, Piccolo Bellini

Caipirinha, Caipirinha!

di Sara Sole Notarbartolo

con
Andrea de Goyzueta, Giovanni Granatina, Fabio Rossi

regia e drammaturgia Sara Sole Notarbartolo

produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini

Dopo l’esilarante Frankestein ‘o mostro, Sarasole Notarbartolo torna al Piccolo Bellini con la sua nuova creazione, Caipirinha, Caipirinha!

Stavolta, siamo a Rocca Paduli, un non meglio precisato piccolissimo paese del sud Italia, nel bar di Bob. In questo bar abbiamo: Bob, il barman, ricco, colto, elegante, irresistibile. Ama Wilma; Walter, l’empatico. Progressista, poetico, dolcissimo, ha un lavoro precario e nient’altro. Ama Wilma;

Vincenzo, l’uomo per bene. Ha un lavoro a tempo indeterminato, una bella casa, è cattolico, reazionario ma buono, soffre di attacchi di collera violenta. Ama Wilma e l’ha sposata.

Bob, Walter e Vincenzo sono tre amici dalla nascita, dalla scuola, legati dalla loro amicizia, dal loro amore per una stessa donna, Wilma, e dalla gabbia della vita di provincia.

Gli eccessi d’ira di Vincenzo, il coma mistico in cui cade Bob a 10 anni, l’inferno della precarietà della vita di Walter, vengono svolti in un racconto in cui il tempo “non trascorre, resta incantato” e che quindi può essere riavvolto ed esplorato un’infinità di volte.

Caipirinha, Caipirinha! è nato da uno stretto lavoro di co-creazione fra regia-drammaturgia e attori ed esplora il punto di vista maschile sull’amore, la competizione, il sesso e le dinamiche sociali, attraverso una storia che racconta l’infinita gamma di non detti, di contenuti sottesi negli sguardi, nei silenzi, nelle metafore banali o articolate con cui riusciamo sempre a scappare dalla verità. Ma se la riflessione è profonda, il tono è scanzonato, per usare le parole di Giulio Baffi (La repubblica) «Il gioco s’è detto è leggero, ma l’angoscia è profonda e l’amore grande assai. In poco più di un’ora di spettacolo però il divertimento s’impenna,la risata si ripete, lo stupore s’impossessa dello spettatore che applaude convinto.»

Info Spettacolo

Dal 8 al 13 maggio 2018, Piccolo Bellini

Caipirinha, Caipirinha!

di Sara Sole Notarbartolo

con
Andrea de Goyzueta, Giovanni Granatina, Fabio Rossi

disegno luci Paco Summonte

costumi Gina Oliva

regia e drammaturgia Sara Sole Notarbartolo

produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini

Siamo nel bar di Bob, a Rocca Paduli, un non meglio precisato piccolissimo paese del sud Italia.

In questo bar abbiamo:

Bob, il barman, ricco, colto, elegante, irresistibile. Ama Wilma.

Walter, l’empatico. Progressista, poetico, dolcissimo, ha un lavoro precario e nient’altro. Ama Wilma.

Vincenzo, l’uomo per bene. Ha un lavoro a tempo indeterminato, una bella casa, è cattolico, reazionario ma buono, soffre di attacchi di collera violenta.

Ama Wilma e l’ha sposata.

Bob, Walter e Vincenzo sono tre amici dalla nascita, dalla scuola, legati dalla loro amicizia, dal loro amore per una stessa donna, Wilma, e dalla gabbia della vita di provincia.

Gli eccessi d’ira di Vincenzo, il coma mistico in cui cade Bob a 10 anni, l’inferno della precarietà della vita di Walter, vengono svolti in un racconto in cui il tempo “non trascorre, resta incantato” e che quindi può essere riavvolto ed esplorato un’infinità di volte.

In “Caipirinha” il vero protagonista è il tempo: in un futuro che non contiene speranza perché già è scritto, tutto trascorre infinitamente, ma non passa.

“Caipirinha, Caipirinha!” è una storia che racconta l’infinita gamma di non detti, di contenuti sottesi negli sguardi, nei silenzi, nelle metafore banali o articolate con cui riusciamo sempre a scappare dalla verità.

Come si può affrontare un discorso sull’etica, sull’onestà e sulla fede, quando i mezzi di cui disponiamo sono tutti racchiusi fra le mensole di un bar di provincia?

Ed in che modo si possono riuscire a vivere le incongruenze dell’amore, i paradossi dell’amicizia e l’inevitabile approssimazione delle norme sociali quando si è rinchiusi nella gabbia eterna della vita di un piccolo paesino di provincia?

Le modalità che trovano i tre protagonisti, seppure spesso “politicamente scorrette” ce li avvicinano al cuore. I loro errori sono tutti apparentemente inevitabili, i loro tradimenti sembrano essere l’unica via di accesso che la gioia possa trovare alle loro vite, il loro amore per Wilma è talmente naturale e necessario da farci giustificare tutti i loro errori.

Bob, Walter e Vincenzo ci portano a ricostruire una storia che cambia di continuo, a scoprire una ferita che fa troppo male, così male da non poter essere detta, così male che, piuttosto che dirla, meglio riderci su, meglio mettere sul tavolo tre bicchieri, gli ingredienti per un cocktail e parlare di tutt’altro, sperando che l’altro capisca da solo cosa vorremmo dire o, forse, sperando che non lo capisca mai.

Nato da uno stretto lavoro di co-creazione fra regia-drammaturgia e attori, Caipirinha esplora il punto di vista maschile sull’amore, la competizione, il sesso e le dinamiche sociali pur essendo scritto da mano femminile.

La focalizzazione sul sottotesto che permea tutto lo spettacolo è la chiave di appoggio attraverso cui il lavoro sull’attore viene fatto risaltare in tutta la sua preziosità.

Note di regia

Temo malinconicamente che la scrittura nasca sempre da una forma di malattia. Da un nocciolo doloroso. Il mio nocciolo doloroso, la mia punta di impazzimento degli ultimi anni riguarda le conseguenze del non detto. Come tanti grandi depressi vivo l’esilarante maledizione di riuscire a esprimere le cose che fanno male solo in modo molto molto divertente. E così, aiutata e anche guidata dalle estenuanti improvvisazioni dei tre attori che sono sulla scena ho messo davanti ai miei, e ai vostri, occhi, una cosa indicibile, teneramente indicibile, assolutamente indicibile: il tradimento per amore di qualcuno che si ama.

La chiave non è nel fatto che Wilma sia una donna libera o una zoccola, né se Bob e Walter e Vincenzo siano realmente amici, né se i loro tentativi di dirsi la verità siano sinceri, né se la verità sia meglio saperla o lasciarla occultata. La chiave, semplicemente, non c’è. C’è solo la porta. E la porta è quella di un bar.