Di: Rosa Carandente

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«Quando si diserta la prima cosa che devi saper usare è il tuo naso. Senza naso rosso da nessuna parte vado». Sono una rivendicazione della propria identità, le prime battute pronunciate dal clown Hans, protagonista del monologo, interpretato da un accattivante Daniele Fior, e guidato dalla riuscita regia di Linda Dalisi, che ne ha curato anche la drammaturgia.

Misfit like a clown, liberamente tratto da Opinioni di un clown di Henrich Boll, porta in scena il fondamentalismo del disertore, e si inserisce, nella sezione Teatro Anatomico all’interno del progetto Fondamentalismo del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, a cura del direttore artistico Antonio Latella.

Gli elementi scenici sono essenziali ma finalizzati ad accompagnare il lungo monologo: uno stretto e lungo corridoio nero delimitato, da un lato, da uno specchio e un dado, e dall’altro, da un telefono sul quale poggiano, non a caso, più di una cornetta. Il disertore-clown è lì in tutta la sua solitudine, aspettando telefonate che non arriveranno mai: quella della sua amata Maria, da cui è stato abbandonato per il più borghese e cattolico Züpfner, e quella della sorella Henriette, partita per arruolarsi nella Flak e mai più tornata. Tormento, monogamia, malinconia, autocommiserazione e critica alla società tedesca post-bellica, “cattolico-progressista”, si sviluppano durante le fasi di un gioco da tavolo, con un dado e delle pedine. Teatralmente riuscita la lotta fisica di Hans contro il dado, al cui arbitrio, solo il disertore può illudersi di sottrarsi, rilanciandolo, e scambiando per «reale ciò che non è vero, e irreale ciò che esiste ». Il finale del gioco dà a Maria, a Züpfner, e alle altre autorità della società cattolico-borghese, il proprio ruolo, rispedendo il disertore alla casella iniziale in quanto «pedina che può essere rimossa e che deve cominciare dall’inizio». Ad alleggerire la difficoltà di seguire tutto di un fiato un soliloquio, ci pensano le musiche curate da Franco Visioli, che accompagnano scene che restano impresse nella mente dello spettatore, senza perdersi in significato, come il ballo di Hans con la bottiglia di cognac, immaginando Maria.

In un climax ascendente, visivamente accompagnato dall’indietreggiare simbolico sulle pedine del clown, si condensano la speranza, la confusione, la solitudine e tutte le conseguenze dell’essere disertore fino a quando Hans non sprofonda nel dado. Lo spettacolo si chiude lasciandoci con una sensazione di amara allegria quando Hans, dalla sua scomoda posizione, esclama: «A nome del mio partner (il naso rosso) è stata una piacevole serata. Continuerei, ma sono rimasto incastrato!». Un finale riuscito e che dà atto alla bravura registica, rendendo la volontà del clown-disertore di manifestare la propria identità, benché incastrato in qualche modo nel sistema, e di non conformarsi, pur uscendo sconfitto in un gioco dove però, a ben vedere, non esistono dei veri vincitori, ma solo pedine che occupano posizioni.

Link: il sito del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli – www.nuovoteatronuovo.it