Di: Sergio Palumbo e Ida Marfella

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“La morte è questione di chi resta, non di chi parte”, è la considerazione dell’inconsolabile Orfeo, la cui amata Euridice è morta a causa del morso di una vipera. L’antico mito di Orfeo ed Euridice, narrato da Virgilio nelle Georgiche e da Ovidio nelle Metamorfosi, è rielaborato da Valeria Parrella, che ne propone una rivisitazione moderna e profonda. Orfeo, capace di ammansire perfino le bestie con il suo canto, ed Euridice, ninfa che per sua natura era forse destinata a quella stessa condizione selvaggia ed ingenua degli animali ma che diviene mortale, forse, proprio per aver amato un uomo, divengono l’immagine riflessa della condizione umana di fronte al dolore del lutto. La morte e l’amore, come le uniche due forze che regolano l’universo, dialogano sulla scena in un intreccio di monologhi in cui Orfeo rappresenta l’animo umano di fronte alla perdita della persona amata, Euridice ora viva, ora pura immagine esanime come un cadavere, è invece il ricordo impresso in quello stesso animo della persona trapassata e che continua a vivere, animata dall’amore di chi vive il lutto.

La discesa nell’Ade di Orfeo, nel testo della Parrella, diventa un viaggio interiore che culminerà nel definitivo abbandono dell’amata, per volere della stessa Euridice: “Se mi ami devi guardami”, gli dice, ben sapendo che se Orfeo la guarda, lei gli sarà strappata via per sempre. Hermes, il Dio che conduce le anime tra i Mondi, in questo contesto diviene metafora di quella ratio che contraddistingue Orfeo in quanto uomo, la sua intelligenza ed il suo istinto di sopravvivenza che gli permetteranno la “risalita” dal fondo degli Inferi dove è sceso per riportare con sé la sua Euridice.

La chiave di lettura della Parrella del mito di Orfeo ed Euridice è quindi incentrata su questo estremo gesto d’amore di Euridice, che esorta ed aiuta Orfeo ad elaborare il lutto della sua morte, perché “Eros agisce così: rende tollerabile agli uomini l’assenza”. Assenza tanto centrale nel testo della Parrella da intitolare proprio “Assenza. Euridice e Orfeo” il libro da cui è tratto questo adattamento.

La regia di Davide Iodice si mette totalmente al servizio del testo della Parrella, scegliendo i monologhi come principale forma di comunicazione della rappresentazione teatrale. Scelta coraggiosa e vincente, che esalta la carica drammatica dei personaggi e risalta la forza poetica del testo e che, seppur possa far correre il rischio di rendere faticoso lo spettacolo per il pubblico, è invece sostenuta dalle ottime interpretazioni degli attori in scena, da abili intuizioni registiche e da un magistrale disegno luci, firmato da Tiziano Fario, che gioca su un’efficacissima alternanza di luci ed ombre, che richiama la dicotomia vita-morte che permea il testo. Sempre a firma di Tiziano Fario sono le maschere, i costumi e la suggestiva scenografia, che pone al centro della scena un giaciglio che sarà il letto di morte di Euridice. I momenti più intensi sono ben sottolineati dalle musiche particolarmente evocative, composte e suonate dal vivo dall’ottimo polistrumentista Guido Sodo, ben supportato da Eleonora Montagnana.

Interpretazione di prim’ordine e dalla straordinaria intensità quella di Michele Riondino, nel ruolo di Orfeo, così come di ottimo livello sono le prove attoriali di Federica Fracassi (Euridice) e di Davide Compagnone (Hermes).

Euridice e Orfeo sarà in scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 14 febbraio 2016.

Link: il sito del Teatro Bellini di Napoli – www.teatrobellini.it