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Dal 27 febbraio al 4 marzo 2018, Teatro Bellini

Delitto/castigo

di Fëdor Dostoevskij

adattamento teatrale Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi

con Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio

progetto sonoro G.U.P. Alcaro

regia Sergio Rubini

produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo

in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana

Sergio Rubini torna al Teatro Bellini con il suo ultimo lavoro, in cui, insieme a Luigi Lo Cascio, un rumorista e una cantante, ci condurrà in un viaggio tra i capitoli di una delle più grandi opere letterarie mai scritte, Delitto e Castigo, l’opera più letta e conosciuta di Dostoevskij, che racconta il tormento di Rodion Romanovič Raskol’nikov, un giovane poverissimo e strozzato dai debiti, che uccide una vecchia e meschina usuraia. Nel romanzo è evidente il conflitto interiore del protagonista, che crea in lui una scissione; ne viviamo i lucidi ragionamenti, in cui si rifiuta di provare rimorso, per dimostrare a se stesso di appartenere alla categoria di quelli che lui definisce i “napoleonici”, i grandi uomini, le menti superiori dalle idee rivoluzionarie, autorizzati a vivere e agire al di sopra della legge comune, perché tutte le loro azioni, anche quelle condannate dalla morale, hanno come fine ultimo il bene collettivo. Tenta di convincersi che l’omicidio della vecchia usuraia, poiché ha liberato dal giogo molti poveri creditori e eliminato dalla faccia della terra un essere maligno, non solo non è condannabile e non dovrebbe procurargli alcun pentimento, ma costituisce la dimostrazione stessa della sua appartenenza ad una categoria superiore. Dall’altro lato, però, viviamo il lento affiorare in lui della consapevolezza di non riuscire a sfuggire ai sensi di colpa e al terrore di essere scoperto: deve rassegnarsi, alla fine, di essere non già un grande uomo, ma un “pidocchio”, e, come tale, di meritare una punizione.

Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio saranno le due voci dell’opera e ci trascineranno nel racconto, facendoci vivere in prima persona l’ossessione del protagonista.

Vertigine e disagio accompagnano il lettore di “Delitto e Castigo”. La vertigine di essere finiti dentro l’ossessione di una voce che individua nell’omicidio la propria e unica affermazione di esistenza. E quindi il delitto come specchio del proprio limite e orizzonte necessario da superare per l’autoaffermazione del sé. Un conflitto che crea una febbre, una scissione, uno sdoppiamento; un omicidio che produce un castigo, un’arma a doppio taglio. Come è la scrittura del romanzo, dove la realtà, attraverso il racconto in terza persona, è continuamente interrotta e aggredita dalla voce pensiero, in prima, del protagonista. Ed è proprio questa natura bitonale di Delitto e Castigo a suggerire la possibilità di portarlo in scena attraverso una lettura a due voci.

Info Spettacolo:

Teatro Bellini, dal 27 febbraio al 4 marzo

Orari: feriali ore 21:00 – mercoledì h. 17:30 – sabato ore 17:30 e 21:00 – domenica ore 18:00

Prezzi: da € 18,00 a € 32,00 Under29 € 15,00

Rubini e Dostoevskij: una storia che comincia da lontano

Lo spettacolo nasce da un attento lavoro di adattamento di Sergio Rubini, che già nel 2014 ha portato in scena, insieme a Pier Giorgio Bellocchio, la pièce – reading Una sera Delitto. Una sera Castigo. Come si intuisce dal titolo, in una replica si approfondiva il tema del “delitto” e nella successiva quella del “castigo”, in un’alternanza di estratti dal romanzo più celebre di Dostoevskij. Bellocchio dava voce a Rodja, lo studente universitario protagonista del romanzo, che per liberarsi dalla miseria decide di uccidere la vecchia usuraia; mentre Rubini interpretava il narratore e alcune parti femminili, come Sonia, costretta a prostituirsi per i debiti del padre.

In un’intervista dell’epoca a Vanity Fair, il regista e attore spiega: «Ho lavorato sul libro con Carla Cavalluzzi, l’abbiamo accerchiato lentamente, entrandovi dentro e operando una selezione di scene e personaggi».

Nella stessa intervista, Rubini spiega di aver scelto Delitto e Castigo perché: «È uno dei testi di letteratura su cui mi sono formato da ragazzo e sono i libri che mi hanno aperto uno sguardo sul mondo. Inoltre, ritengo che Dostoevskij, parlando dell’animo umano, sia senza tempo, sempre moderno e attuale».

Sergio Rubini

Dopo aver frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma (di cui ora è docente di recitazione cinematografica) inizia da subito a lavorare a teatro con Ennio Coltorti e Gabriele Lavia. Poi, il cinema: è il figlio di Aldo Moro ne Il caso Moro (1986) e un giovane Fellini in Intervista (1987); nel 1990 esordisce come regista ne La stazione, film tratto da un’opera teatrale di Umberto Marino, per cui vince, tra gli altri, il premio come miglior film alla Settimana Internazionale della Critica al Festival di Venezia.

Successivamente collabora con i più importanti registi cinematografici italiani e non, tra cui Francesca Archibugi, Mel Gibson, Anthony Minghella, Gabriele Salvatores, Ettore Scola e Giuseppe Tornatore. Prosegue anche il suo impegno da regista e nel 2006, con La terra, si aggiudica il Gran Premio della Stampa Estera. Nel 2006 comincia anche il suo sodalizio artistico con la sceneggiatrice Carla Cavalluzzi: con lei scrive La terra (2006), Colpo d’occhio (2008), L’uomo nero (2009), Mi rifaccio vivo (2013), Dobbiamo parlare (2015), Il grande spirito (2018). Quest’anno ha inaugurato la stagione d’Opera del Teatro Coccia di Novara con la sua Carmen.

Luigi Lo Cascio

Nel 1992 si diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico e da subito lavora con Giuseppe Patroni Griffi che lo dirige in Margherita Gautier e Romeo e Giulietta, e poi con Federico Tiezzi in Aspettando Godot. La sua carriera di attore teatrale si fa sempre più intensa e nel giro di pochi anni è diretto da registi quali Carlo Quartucci in Ager Sanguinis, Elio De Capitani in La sposa di Messina, Roberto Guicciardini ne La morte di Empedocle, La figlia dell’aria, Il figlio di Pulcinella, e da Carlo Cecchi in Amleto e Sogno di una notte di mezza estate.

Nel 2000 vince il David di Donatello, come migliore attore protagonista per il suo esordio cinematografico ne I cento passi di Marco Tullio Giordana che lo dirigerà, poi, nel pluripremiato La meglio gioventù del 2003. Nel 2001 vince la Coppa Volpi come miglior attore al Festival del cinema di Venezia per Luce dei miei occhi di Giuseppe Piccioni. Nel 2005 dirige e interpreta Nella tana, un monologo tratto dall’ultimo racconto di Franz Kafka, di cui cura anche la riscrittura e l’adattamento e con cui vince il Premio UBU quale migliore attore. Nel 2006 lavora con Luca Ronconi nello spettacolo Il silenzio dei comunisti, vincendo nuovamente il Premio UBU come migliore attore protagonista.

Per questa stagione teatrale, Lo Cascio torna a collaborare con Rubini, dopo aver lavorato come convincente duo comico nel film Mio cognato di Alessandro Piva.