Di: Sergio Palumbo

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“La grande magia è la commedia che forse mi sta più a cuore e che mi ha dato più dolore”, disse Eduardo nel prologo della ripresa televisiva del 1964. Il dolore derivava dall’insuccesso della prima messa in scena della commedia, nel 1948, quando il pubblico non era forse pronto per la “frattura” che il drammaturgo voleva creare “per quello che poteva essere un nuovo teatro, un nuovo linguaggio da proporre al pubblico”. Ma questa commedia, forse la più amara di Eduardo, è un importante punto di svolta della drammaturgia eduardiana e probabilmente proprio per questo è tra quelle che gli stava più a cuore. L’opera è pervasa da richiami pirandelliani, che Eduardo ha sempre considerato suo maestro, ed è proprio in quest’opera, più che nelle altre, che “l’allievo” Eduardo ha sviscerato e sviluppato al meglio molte delle tematiche pirandelliane.

La chiave di lettura data dal regista spagnolo Lluís Pasqual a quest’opera, però, sembra piuttosto differente e preferisce esaltare – o introdurre di sana pianta – elementi farseschi, quando non grotteschi, che vanno a penalizzare e ad indebolire buona parte del messaggio che Eduardo voleva trasmettere, in nome di qualche risata in più o di una maggiore leggerezza della rappresentazione. Il regista condensa i tre atti in un unico atto con due cambi di scena, tagliando alcune parti per ridurre a un’ora e quaranta circa l’intera rappresentazione. Pasqual elimina il tragicamente poetico personaggio di Amelia, senza la cui morte, però, si perde gran parte del significato dell’importantissimo successivo dialogo (“Ma perché facciamo questi esperimenti?”), che ne risulta svilito. Ma la cosa meno condivisibile è l’eccessiva caricatura di alcuni personaggi, quasi a farli diventare delle macchiette, anche quando proprio non se ne comprende il motivo (come nel caso dei congiunti di Calogero). Anche l’idea di affidare i cambi di scena ad intermezzi musicali dal vivo (eseguiti dai pur bravissimi Dolores Melodia e Raffaele Giglio) è decisamente discutibile. Molto buona, invece, la scelta di far sedere in platea il “pubblico” dell’Hotel Metropole, andando così ad accentuare lo spunto metateatrale dell’opera, così come sono convincenti sia le scene (con gli specchi del primo atto che valorizzano il tema dell’illusione) che gli eleganti costumi, curati entrambi dallo stesso Pasqual.

La regia di Pasqual risparmia, fortunatamente, i due personaggi centrali, interpretati magistralmente da Nando Paone (nel ruolo di Otto Marvuglia) e da Claudio Di Palma (Calogero di Spelta), così come resta fedele alla sceneggiatura nell’importantissima scena finale, dove spicca l’ottima prova attoriale di Angela De Matteo nel ruolo di Marta Di Spelta. Notevoli anche le interpretazioni di Gino De Luca (il cameriere) e di Giampiero Schiano (Gennarino), mentre è sicuramente esilarante (ma il regista decisamente esagera nella caricatura) il personaggio del brigadiere di Francesco Procopio. Si destreggiano bene nei doppi ruoli loro assegnati Gennaro Di Colandrea, Luca Iervolino, Ivana Maione, Antonella Romano e Luciano Saltarelli.

“La grande magia” sarà in scena al Teatro San Ferdinando di Napoli fino al 10 novembre 2019.

Link: il sito del Teatro Stabile di Napoli – www.teatrostabilenapoli.it