Di: Sergio Palumbo

Tempo di lettura stimato: 3 minuti

Il ritorno di Tosca al Teatro San Carlo ha visto un cast vocale di primo piano e la ripresa dell’allestimento di Edoardo De Angelis, presentato per la terza volta in pochi anni. Già al debutto questo impianto scenico aveva suscitato più perplessità che entusiasmi e a distanza di tempo l’impressione resta immutata. La trasposizione in chiave “gomorristica” del dramma pucciniano, con i suoi richiami cupi al mondo criminale, appare più un esercizio di stile che una vera rilettura drammaturgica. Le immagini hanno forza visiva ma faticano a dialogare con il libretto e con il ritmo narrativo dell’opera: Sant’Andrea della Valle ridotta a uno scheletro di cemento, il palazzo Farnese come un bazar, Castel Sant’Angelo tramutato in un angelo decapitato. Sono suggestioni potenti ma che finiscono per parlare un linguaggio parallelo, incapace di fondersi con quello di Puccini. L’assenza del pitbull, che nelle prime edizioni aveva sollevato ironie e perplessità, è un sollievo, ma la regia continua ad apparire disomogenea, forzata, talvolta estraniante. L’uso di comparse grottesche durante il Te Deum e i rimandi espliciti alla criminalità organizzata impoveriscono la tragicità del dramma e appiattiscono la complessità psicologica dei personaggi.

Sul piano musicale la direzione di Dan Ettinger, con un’orchestra in ottima forma, si è contraddistinta per energia e solidità, ma non sempre ha garantito equilibrio nei rapporti con il palcoscenico. Il secondo atto in particolare ha sofferto di sproporzioni, con una buca che spesso ha coperto le voci, togliendo trasparenza a momenti cruciali. Eppure non sono mancati passaggi di notevole finezza, come la rarefatta introduzione del terzo atto, sospesa sugli archi, o la progressione tesa verso il finale. La concertazione nel complesso ha mostrato più slancio che respiro teatrale. Di livello eccellente il contributo del Coro del San Carlo guidato da Fabrizio Cassi e del Coro di Voci Bianche diretto da Stefania Rinaldi: compattezza, precisione e incisività hanno reso memorabile il Te Deum, nonostante le discutibili scelte sceniche.

Sul fronte vocale la serata ha offerto il meglio. Carmen Giannattasio, che in questa produzione si alterna con Sondra Radvanovsky e Anna Pirozzi, ha vestito i panni di Floria Tosca con una prova intensa e rifinita. La sua voce, dal timbro luminoso e duttile, si è mossa con naturalezza tra la morbidezza lirica e l’accento drammatico. Nel primo atto ha scolpito con misura le inflessioni di gelosia e tenerezza, restituendo una Tosca credibile e appassionata. Nel secondo, “Vissi d’arte” ha rappresentato l’apice emotivo: cantata con intensità crescente, senza cedimenti a facili enfasi, l’aria ha ritrovato la sua dimensione intima e raccolta. Nel terzo atto la cantante ha coniugato disperazione e slancio tragico con una forza teatrale che ha conquistato la sala.

Al suo fianco, Vittorio Grigolo, che si alterna nel ruolo di Mario Cavaradossi con Francesco Meli e Giorgio Berrugi, ha offerto una prova generosa, segnata da vocalità squillante e presenza scenica trascinante. Se talvolta l’emissione è parsa eccessiva, la resa complessiva ha convinto per slancio e vitalità. “Recondita armonia” è stata eseguita con eleganza e cura del fraseggio, mentre nel secondo atto ha mostrato una tinta più scura, capace di rendere palpabile il tormento del personaggio. Il momento più alto della sua interpretazione è giunto con “E lucevan le stelle”, fraseggiata con intensità struggente e un crescendo emotivo che ha commosso la sala.

Claudio Sgura, che si alterna con Luca Salsi, ha delineato uno Scarpia potente e magnetico, grazie a un timbro brunito e saldo che ben si presta all’ambiguità del barone. Il suo ingresso nel primo atto ha avuto un’immediatezza scenica di grande impatto; nel secondo, il confronto con Tosca ha rivelato un ventaglio di sfumature tra il sadismo e la seduzione, sostenuto da un legato accurato e da una dizione incisiva. Il Te Deum, suggellato da canto autorevole e presenza scenica imponente, ha rappresentato uno dei vertici drammatici della serata.

Bene anche il resto del cast: Lorenzo Mazzucchelli ha dato voce a un Angelotti solido e autorevole, Pietro Di Bianco ha restituito un Sagrestano incisivo e misurato, Francesco Domenico Doto è stato uno Spoletta preciso e credibile. Efficaci anche lo Sciarrone di Giuseppe Todisco e il Carceriere di Giuseppe Scarico.

Tosca, di Giacomo Puccini, regia di Edoardo De Angelis, sarà in scena al Teatro di San Carlo di Napoli fino al 23 settembre 2025.

Link: il sito del Teatro San Carlo di Napoli – www.teatrosancarlo.it