
Di: Sergio Palumbo
Tempo di lettura stimato: 2 minutiCon Roberto Devereux si conclude al Teatro di San Carlo la trilogia Tudor di Donizetti, avviata due anni fa con Anna Bolena e proseguita l’anno scorso con Maria Stuarda. Una produzione internazionale del Teatro San Carlo, condivisa con la Dutch National Opera e il Palau de les Arts di Valencia, che ha visto mantenersi costante il nucleo creativo in regia, scene, costumi e direzione musicale.
Dopo aver assistito ai due titoli precedenti, questa ultima tappa lascia una sensazione contrastante, soprattutto sul piano visivo e registico. La regia, affidata a Jetske Mijnssen, si fonda su un’idea suggestiva ma mai compiutamente sviluppata. L’ambientazione viene spostata a una indefinita metà del Novecento attraverso costumi (a cura di Klaus Bruns) borghesi e formali, ma questo spostamento temporale non trova un corrispettivo altrettanto solido nell’azione teatrale. Le scene, di Ben Baur, lasciano perplessi: nel primo atto ci troviamo in quella che sembra la stanza da letto di un hotel, più che in un palazzo reale, con dame di corte ridotte a cameriere di servizio. Nei successivi atti secondo e terzo, la scena si svuota in una landa nera abitata solo da sedie, in un minimalismo che pare più una rinuncia che una scelta estetica. L’effetto è di una rarefazione drammatica che non sostiene il conflitto interno dei personaggi e la discesa finale delle stesse pareti del primo atto, che dovrebbero evocare il palazzo di Westminster, non aggiunge nulla se non confusione. Si percepisce una volontà di astrarre, di allegorizzare, ma il gesto rimane in sospeso, senza determinazione né chiarezza.
Molto diversa l’impressione lasciata dalla direzione musicale di Riccardo Frizza, che si conferma interprete attento e lucidissimo del repertorio donizettiano. La sua lettura è rigorosa e controllata, con una cura estrema nei volumi, una gestione calibrata dei timbri e una notevole attenzione alle dinamiche. Sotto la sua guida, l’orchestra del San Carlo suona con compattezza e precisione, lasciando spazio ai cantanti nei momenti più lirici e accompagnandoli con eleganza e discrezione nei passaggi concertati. Il coro del Teatro di San Carlo, diretto da Fabrizio Cassi, ha offerto una prova compatta e partecipe, distinguendosi per coesione timbrica, precisione d’attacco e una presenza scenica sempre misurata ma incisiva.
Roberta Mantegna veste i panni della Regina Elisabetta con autorità e controllo, dominando l’impervia scrittura donizettiana con un’emissione sicura e un’accentazione incisiva. La voce, ben proiettata, conserva brillantezza negli acuti e compattezza nei passaggi centrali. Accanto a lei, Annalisa Stroppa dà corpo a una Sara di straordinaria intensità. Il suo timbro caldo e scuro si sposa perfettamente alla linea malinconica e tormentata del personaggio, che vive un conflitto tutto interiore. Stroppa canta con grande eleganza, frasi scolpite e una musicalità fluida, sempre sorretta da una tecnica solida. Nicola Alaimo è un Nottingham coinvolgente e pienamente credibile. Il suo canto fonde morbidezza e forza, con un fraseggio ricco di sfumature e una partecipazione emotiva sempre misurata. Il suo duetto con Sara è tra i momenti più alti della serata per intensità teatrale e affiatamento vocale. Ismael Jordi, chiamato a sostituire all’ultimo momento René Barbera, affronta il ruolo di Devereux con professionalità. Pur con qualche incertezza iniziale, la sua prova vocale migliora nel corso dell’opera, mostrando sicurezza e brillantezza, soprattutto nella zona acuta, e una buona tenuta scenica. Buone anche le interpretazioni del resto del cast, completato da Enrico Casari (Lord Cecil), Mariano Buccino (Sir Gualtiero Raleigh), Giacomo Mercaldo (Un cavaliere) e Ciro Giordano Orsini (Un familiare di Nottingham).
“Roberto Devereux”, di Gaetano Donizetti, sarà in scena al Teatro San Carlo di Napoli fino al 22 luglio 2025.
Link: il sito del Teatro San Carlo di Napoli – www.teatrosancarlo.it
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