Di: Sergio Palumbo

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“Ogni promessa è debito”, di Vincenzo Salemme, inaugura la 45ª stagione di prosa del Teatro Diana di Napoli. Dopo il grande successo ottenuto al Teatro Sistina di Roma e al Teatro Alfieri di Torino, la commedia arriva a Napoli e il pubblico del Diana, da sempre fedele e partecipe, accoglie Salemme con entusiasmo immediato, consapevole di trovarsi davanti ad un nuovo capitolo di quel teatro umano e popolare, intriso di morale e ironia, che Salemme ha saputo costruire negli anni con coerenza e autenticità.

La trama, come spesso accade nelle opere di Salemme, nasce da un equivoco apparentemente banale che si trasforma in un viaggio dentro la coscienza. “Ogni promessa è debito” racconta la disavventura di Benedetto Croce, pizzaiolo di Bacoli, vedovo e pieno di debiti, che durante una gita in barca con i figli e il cameriere viene colpito alla testa e, in stato di sonnambulismo, pronuncia via radio un voto a Sant’Anna: promette di donare 5.557.382 euro e 60 centesimi in cambio della salvezza. Salvato per davvero, al suo risveglio Benedetto non ricorda nulla, ma la sua promessa, registrata e diffusa sui social da un’influencer, diventa un caso mediatico e una condanna morale. Attorno a lui si scatena una ridda di personaggi che incarnano i diversi volti dell’Italia di oggi: il parroco che trasforma la fede in impresa, il sindaco che usa la religione come strumento di propaganda, i figli divisi tra amore e risentimento, i soccorritori avidi e opportunisti, il fratello invidioso e rancoroso. Tutti vogliono una parte di quel denaro, tutti rivendicano una porzione del miracolo, mentre Benedetto, smarrito e confuso, tenta di dimostrare la propria innocenza di sonnambulo, prigioniero di una promessa che non sa se ha davvero fatto.

Il testo, brillante e ricco di livelli narrativi, alterna registri comici e surreali con una naturalezza che è ormai il marchio di fabbrica di Salemme. La sua scrittura mescola l’immediatezza della commedia all’italiana con il rigore della costruzione morale eduardiana: la parola, il ritmo e il gesto diventano strumenti per indagare la verità nascosta dietro le maschere quotidiane. Il voto di Benedetto, fatto in sogno, è una metafora limpida dell’ossessione contemporanea per il denaro, ma anche della perdita del confine tra reale e virtuale, tra l’azione e la sua rappresentazione.

La commedia, pur tra risate e situazioni farsesche, affronta il dilemma della coscienza e dell’impegno etico. Il voto, fatto in uno stato di dormiveglia e non in piena e lucida coscienza, viene immediatamente trasformato in verità assoluta e in obbligo irrinunciabile poiché “virale su tutti i network”. La promessa, da espressione di fede o volontà cosciente, viene svalutata e amplificata nel circuito dell’etica popolare e dei network virali e, così, perde la sua origine privata e spirituale, per andare in pasto al pubblico, dove la sua validità è decretata non dalla volontà, ma dalla diffusione mediatica. Attraverso il paradosso del voto involontario, Salemme svela la disperazione e l’avidità della società moderna: se in passato la promessa non doveva per forza essere mantenuta, oggi essa è divenuta l’unica cosa in cui siamo disposti a credere. Per il protagonista, le promesse sono la rovina dell’umanità e la società, più è disperata, più vi si attacca. L’eco eduardiana è evidente non solo nella struttura — l’uomo comune travolto da un fatto straordinario che diventa pretesto per svelare le miserie e le virtù della comunità — ma anche nella tonalità poetica che accompagna l’intera vicenda. Benedetto Croce, come i personaggi di “Le voci di dentro” o “Non ti pago”, vive l’esperienza del sogno come rivelazione morale. Il confine tra veglia e incubo, tra fede e superstizione, tra fortuna e colpa, diventa il vero palcoscenico interiore. Salemme, come Eduardo, non deride la credulità del suo popolo, ma la guarda con affetto e disincanto, restituendole la dignità della sua innocenza. In più, Salemme introduce una componente moderna e mediatica: la promessa non è più soltanto un impegno individuale, ma un evento pubblico, condiviso e manipolato, dove il giudizio divino è sostituito da quello dei social.

La regia di Salemme è precisa ma mai rigida, lasciando il giusto spazio alla vita che pulsa in ogni battuta. Il ritmo è serrato, ma mai frenetico, la coralità è gestita con equilibrio e l’azione in scena è sempre leggibile e fluida. Ogni personaggio entra ed esce dal mondo di Benedetto come un pensiero, una tentazione o un senso di colpa. L’azione si alterna tra dialoghi serrati e pause intime, in cui il protagonista riflette sulla propria coscienza. Si avverte una regia che sa dosare i volumi emotivi: la risata non è mai fine a sé stessa, ma preludio alla riflessione. Nella costruzione scenica si intravede la maturità di un autore che ha imparato da Eduardo che la commedia è cosa seria e che dietro ogni battuta deve vibrare una verità. L’impianto scenografico, essenziale ma evocativo, alterna il realismo della pizzeria e della casa di Benedetto alla stilizzazione del mare e della barca, luogo del sogno.

Sul piano interpretativo, Salemme offre una prova d’attore di grande finezza. Il suo Benedetto Croce è al tempo stesso buffo e tragico, spaesato e lucido, capace di passare dalla comicità più immediata alla malinconia più autentica. La sua voce, modulata con maestria, restituisce il senso di un uomo che cerca di tenersi a galla in un mare di ipocrisie. Accanto a lui, il resto del cast, composto da Nicola Acunzo, Domenico Aria, Vincenzo Borrino, Sergio D’Auria, Oscar Di Maio, Pina Giarmanà, Gennaro Guazzo, Antonio Guerriero, Geremia Longobardo, Rosa Miranda, Agostino Pannone e Fernanda Pinto, si muove con affiatamento e precisione.

“Ogni promessa è debito”, di Vincenzo Salemme, sarà in scena al Teatro Diana fino al 2 novembre 2025.

Link: il sito del Teatro Diana di Napoli – www.teatrodiana.it