Di: Sergio Palumbo

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In questo interessante volume David Quantick ripercorre la storia del White Album dei Beatles, uno dei più controversi della loro storia. Anzi, se si esclude Let it be è senz’altro il più controverso. Non è un album da mezze misure: o lo si ama o lo si odia. Personalmente, lo trovo un grande disco, secondo solo a Sgt. Peppers.

E’ il 1968 e i Beatles sono all’apice della creatività. L’anno prima hanno pubblicato Sgt. Peppers e hanno cambiato per sempre la storia della musica pop e rock. I Beatles tornano in studio dopo il ritiro spirituale a Rishikesh, India, dal Maharishi Mahesh Yogi. E ne tornano delusi, tranne forse George Harrison, per via di dicerie sul Maharishi, che non sapremo mai se erano vere o false. E tornano in studio con una certa Yoko Ono sempre appiccicata a John Lennon durante le registrazioni. A rendere ancor più critica e a destabilizzare la situazione c’è anche la volontà di tutti i Beatles, escluso Ringo Starr, di avere più spazio, di sperimentare cose nuove, di portare avanti progetti indipendentemente dal resto del gruppo. Non potevano mancare, pertanto, le tensioni tra i componenti della band, che portarono anche all’abbandono, per qualche giorno, di Ringo. Ed in quel caos i Beatles furono capaci di tirar fuori un doppio album pieno di piccole grandi perle.

David Quantick è molto bravo a ricostruire il clima di quei giorni, contestualizzando molto bene il lavoro dei Beatles per il doppio album: prima offre una breve ma precisa analisi sugli eventi più imoportanti del 1968, poi si pone dalla prospettiva dei singoli componenti della band e dei produttori raccontandone stati d’animo e conflitti, sia interiori che non.

Ma, ovviamente, il grosso del libro è dedicato alle canzoni del White Album: David Quantick sembra volerci guidare all’ascolto del White Album, commentandone i brani in ordine di apparizione. A parte alcune soggettive interpretazioni (ad esempio, Quantick descrive Revolution 9 come un brano innovativo e sperimentale, mentre si esprime decisamente a sfavore di un buon album come Let it be), l’analisi di Quantick è assolutamente condivisibile e molto acuta e sensibile.

Per completare la storia del White Album, viene proposto un capitolo sull’altra musica del 1968 e su cosa c’è stato dopo il White Album, sia tra i Beatles sia nel mondo della musica pop. Un capitolo è dedicato, poi, a Charles Manson e a come egli interpretò le canzoni del White Album, Helter Skelter su tutte, per compiere folli e sanguinari omicidi, tra cui quello di Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski.

Il libro di David Quantick è una intrigante e puntuale ricostruzione della storia del White Album, sia da un punto di vista prettamente musicale, sia da un punto di vista della storia dei Beatles e della musica pop. Una lettura fondamentale per ogni amante della buona musica.

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