Di: Sergio Palumbo

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Il romanzo di Edoardo Montolli è un thriller tanto complesso quanto ben orchestrato, in un crescendo di suspense fino al colpo di scena conclusivo. La scomparsa di un bambino, forse vittima di un rapimento e la sparizione contemporanea di una donna, moglie separata dell’ispettore De Nigris che su quel rapimento indaga, sono i due filoni di un’indagine difficile che, a un tratto, sembrano convergere. De Nigris ha chiesto aiuto al detective Montero che, indagando sulla vita della donna scomparsa, scopre un verminaio in cui si muovono diaboliche figure la cui sete di potere di denaro non rifugge dal più turpe mercato di sesso e di morte: la pedofilia.

Ogni scoperta del detective rimanda ad altre verità, che talora sembrano contraddirsi per comporsi alla fine in un disegno sempre più cipo e intricato, tracciando un percorso tortuoso disseminato di cadaveri.

Oltre che un thriller, che avvince il lettore con le sue atmosfere sature di mistero e di angosciosi presentimenti di un compimento terribile, quello di Montolli è anche un romanzo di azione investigativa che rimanda ai classici del genere e il cui prototipo è rappresentato dalle vicende del Marlowe e di Chandler. Ma ciò che conferisce spessore umano ai personaggi e dà alla vicenda una valenza quasi paradigmatica è il momento riflessivo, che senza rallentare l’azione le conferisce una risonanza emozionale più intensa. Il motivo di fondo, che dà il titolo al romanzo, prende spunto da un saggio di etologia e si riferisce al comportamento di alcune specie animali che sembra poter fare luce su certe aberrazioni dell’agire umano: la disperata ferocia dei conigli quando, per sopravvivere, non risparmiano neppure la loro stessa prole. Ma l’anima umana ha insondabili profondità che spesso sovvertono ogni schema e sconvolgono i piani, in un sussulto di amore che nessun etologo può catalogare.

Come si vede, un’opera ricca di spunti disparati e di molteplici filoni, che però si annodano e si compongono in una tela ampia e convincente.

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