Di: Sergio Palumbo

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“Per chi suona la banana” raccoglie gli articoli pubblicati da Marco Travaglio su “L’Unità”, con cadenza quasi giornaliera, dal 23 marzo 2007 al 12 settembre 2008: l’ultimo periodo, cioè, del fragile governo Prodi e il primo semestre del governo Berlusconi III, di cui Travaglio evidenzia l’assurda riesumazione dovuta soprattutto agli errori, alle debolezze, alle discordie interne dell’Unione di sinistra, l'”Armata Brancaleone”.

Ne risulta un panorama desolante della politica italiana, animata – si fa per dire – da una classe dirigente che gode di privilegi esagerati mentre non è in grado di rispondere alle vere esigenze di un paese in grave crisi, economica e soprattutto etica. Della maggior parte degli aderenti ai numerosi partitini o correnti e sottocorrenti, come dei molti giornalisti e pseudointellettuali al seguito, Travaglio sottolinea il pressappochismo, l’inefficienza, la litigiosità, la mancanza di idee e di spinte ideali, quando non addirittura la corruzione e la collusione con la malavita organizzata. L’autore ha purtroppo fatto collezione di insulti, o addirittura di denunce, da parte di chi è stato posto sotto il faro della critica, ma è impressionante la precisione estrema dei dati, l’inoppugnabilità delle fonti, la chiarezza senza sottintesi delle accuse che il giornalista muove, senza lasciarsi intimorire, forte delle sue consapevolezze e sostenuto dai suoi convincimenti più profondi. E’ stato accusato di faziosità, ma se Travaglio è certo un uomo di sinistra egli non lesina critiche a tanti esponenti della sinistra attuale, incapace di vera opposizione quando non collusa anch’essa con il malaffare e pronta a saltare sul carro del vincitore, quando lo imponga il proprio tornaconto.

Ma ciò che sicuramente piace del nostro autore è la mancanza di ogni pedanteria moralistica o didascalica. Al contrario, la sua denuncia assume costantemente la veste divertente della satira, dell’ironia sferzante, dell’umorismo corrosivo. Lo stile brillante ed incisivo fa dei suoi scritti una lettura piacevolissima, che muove spesso il sorriso, anche se si ride con l’amaro in bocca. Si ripassano mentalmente le fasi più turbolente dell’immediato passato della storia politica nazionale, rivedendole con occhio più lucido e smaliziato, in una dimensione che magari ci era sfuggita e questo ci consente di collocarle in un quadro critico ampio e profondo. Ed è certo che, se il nostro paese ha ancora qualche speranza di un futuro meno oscuro, è solo muovendo da una migliore comprensione del passato e del presente che potrà intravvederlo e, forse, realizzarlo.

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