Di: Alessandra Staiano

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Il viaggio umanissimo di Dante verso l’amore, quello per la donna perduta e quello per l’Altissimo, apre la stagione 2010-2011 del Teatro Bellini di Napoli. Che si affida a “La Divina Commedia”, l’opera basata sul poema dantesco, con le musiche del Maestro Marco Frisina e il libretto di Gianmario Pagano, per la regia di Maurizio Colombi, per avviare il suo nuovo corso. Il musical ha debuttato nel 2007 a Roma, in versione kolossal in un’imponente tensostruttura costruita ad hoc, e da allora non ha smesso di riscuotere ampio successo nel pubblico. E si capisce presto perché: in due ore e 15 minuti, attraverso i tre atti che ripercorrono i libri danteschi di Inferno, Purgatorio e Paradiso, gli spettatori sono messi di fronte a un sapiente e indovinato mix di musica, canto, teatro e danza, che ricostruisce i momenti più salienti dell’opera fondamentale della letteratura italiana. Estremamente coinvolgente il viaggio attraverso l’Inferno – non sarà un caso se è il più ampio in termini di scene – dove Dante, interpretato dal bravo Vittorio Bari, è accompagnato da Virgilio, che ha il volto ieratico e la voce possente di Lalo Cibelli. Prima impaurito del viaggio che lo aspetta, spaventato dalle fiamme, dalla minacciosa scritta che campeggia sulla Porta dell’Inferno (la celeberrima ‘Perdete ogni speranza o voi che entrate’) e dalla profezia di Caronte, Dante si convince ad affrontare il viaggio dopo aver intravisto, in uno spiraglio di luce, l’amata Beatrice e ascoltato la sua voce angelica che canta “Amore che muove il sole e le stelle”. Scendendo attraverso i diversi gironi, Dante incontra le figure che più di tutte sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo e, soprattutto, con l’amore – frainteso o rinnegato – dai diversi dannati: quello carnale di Francesca per Paolo, quello leale e sconfinato per il suo padrone di Pier delle Vigne che arriverà al suicidio quando sarà da questi rinnegato, quello per la “virtute e conoscenza” di Ulisse, quello paterno del conte Ugolino reso con toni drammatici e gesti quasi splatter. Il Poeta ascolta le loro storie, e duettando con ciascuno di essi partecipa della loro eterna sofferenza, riconoscendosi nelle debolezze che li hanno condotti in quel terribile luogo, fino a raggiungere la visione terribile di Lucifero. Solo dopo aver attraversato il mare di dolore che è l’Inferno, inizia l’ascesa verso il Monte Sacro. Un’ascesa che necessita di una discesa nell’umiltà, quella che serve per arrivare al Purgatorio e avviare il processo di purificazione e libertà. Che passa attraverso la preghiera, alla quale lo invitano le anime del Purgatorio e, su tutte, quelle di Pia de’ Tolomei e degli amici Poeti. Le loro voci non sono più dolenti come quelle dei dannati, ma ispirano serenità e anelano alla felicità. Stato di pura grazia che potrà arrivare solo con il viaggio verso il Paradiso, dove Dante ritroverà il volto dell’amata Beatrice, ma dovrà rinunciare a quello del Maestro Virgilio. Particolarmente intenso il suo addio al pellegrino Dante. Foresta di luci e non più selva oscura si presenta il Paradiso dove l’inno all’amore passa attraverso le voci di Beatrice, Piccarda, Tommaso e Bernardo, ma dove soprattutto si conclude con l’omaggio alla “Vergine Madre” nei cui occhi Dante trova l’Amore assoluto. La gioia di Dante esplode nel concertato finale, dove ogni personaggio incontrato nel Paradiso canta l’ “Amor che move il sole e l’altre stelle”. Particolarmente indovinate le musiche in ogni atto, così come il gioco di luci e immagini proiettate sullo schermo che dettano perfettamente con i movimenti dei 18 ballerini che, sulle coreografie di Manolo Casalino, accompagnano gli attori sopra e fuori dal palco. Ultima nota che aggiunge qualità a uno spettacolo che ne conta già molte è il contributo dato da Carlo Rambaldi, il premio Oscar mago degli effetti speciali nel cinema, che ha disegnato le Tre Furie, il Volto di Lucifero e il Grifone, realizzati da Sergio Stivaletti.     

Link: il sito del Teatro Bellini di Napoli – www.teatrobellini.it