Di: Sergio Palumbo

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Martin B. è un vecchio professore universitario in pensione che ha lasciato da anni la città per andare a vivere ai margini del bosco. Fatta eccezione per l’amico Virgilio (detto Vudstok), “figlio dei fiori un po’ appassiti”, suo coetaneo che si è fermato all’epoca, appunto, di Woodstock, la sua vita è scandita dalla solitudine. Le sue uniche compagnie sono il fido cane Ombra e tutti gli animali del bosco, con i quali si trova ad instaurare dei dialoghi immaginari, fatti di consigli e scambi di opinioni. A spezzare la solitudine del professore è una coppia di giovani che si stabilisce nella casa di fronte. Lui, Aldo, pittore e mercante d’arte; lei, Michelle, attrice e ballerina, bella da togliere il fiato. In Aldo, Martin rivede se stesso da giovane, con la sua ambizione ed i suoi dubbi sul proprio talento. In Michelle, il professore rivede un suo vecchio amore, il suo più grande amore. Questo incontro fa di nuovo brillare, di una luce nuova ed inaspettata, la fioca luce dei giorni solitari del vecchio professore e la partenza di Aldo catapulterà il cuore del professore nella San Pietroburgo delle “Notti bianche”, culminando in un travolgente valzer con la bella Michelle- Nasten’ka.

Intorno a loro, sul fitto bosco aleggiano altrettanto fitti misteri, talvolta mascherati da leggende popolari. In quei luoghi visse il Catena, poeta studiato dal professore già dai primi tempi universitari, la cui morte è un altro dei misteri avviluppati nel bosco.

Chi sa se, togliendo la copertina al libro, un affezionato lettore sarebbe in grado di riconoscere subito la paternità di questo romanzo. Alcuni indizi ci sono: i dialoghi surreali con gli animali, alcuni personaggi strampalati (lo stesso Vudstok, il professor Remorus), così come certe chicche gustose (su tutte, il Dodecalogo del buon cane e le ricette dei piatti cucinati da Martin) sono tutti elementi che farebbero ben presto pensare a Stefano Benni. Ma in questo libro c’è molto di più. La descrizione dei sentimenti che Michelle suscita nel vecchio professore che non si credeva più in grado di amare è di una delicatezza poetica che tocca nel profondo il lettore, che vive con trasporto l’evoluzione delle emozioni del professore, da una chiusura cinica nei confronti del mondo allo stupore di ritrovare vividi degli istinti di desiderio e d’amore che credeva sopiti e sepolti per sempre. Ma, come dice a Martin una capra, dall’aria saggia per via della barbetta: Crediamo di sapere cosa scriveremo sulle pagine giorni futuri, oppure crediamo addirittura di essere già alla fine del libro… ma c’è sempre una pagina che ci sorprende”.

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