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Venerdì 7 novembre 2014, Teatro Nuovo di Napoli

Napoli ‘43 di Enzo Moscato

Su testi di Enzo Moscato e immagini sceniche di Mimmo Paladino,

in scena un Cunto Leggendario delle storiche giornate del 1943

Ha per sottotitolo Scenario Evento per il 70esimo ‘D.Day’ Napoletano lo spettacolo scritto e diretto da Enzo Moscato con immagini sceniche di Mimmo Paladino, Napoli ’43, in scena, da venerdì 7 novembre 2014 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 9), al Teatro Nuovo di Napoli.

Lo spettacolo, che rientra nel progetto Ritmos Vocales di Enzo Moscato al Teatro Nuovo (una suite di tre rendez-vous teatrali e un laboratorio di e sulla scrittura teatrale), è una produzione della Compagnia Teatrale Enzo Moscato. Il disegno luci è di Cesare Accetta, i costumi sono di Tata Barbalato, le musiche originali di Claudio Romano.

Interpreti della pièce saranno lo stesso Moscato e Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Salvatore Cantalupo, Enza Di Blasio, Lalla Esposito, Gino Grossi, Carlo Guitto, Rita Montes, Salvatore Chiantone, Paco Correale, i giovani Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Amelia Longobardi, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, con la partecipazione di Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia, e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto.

Napoli ’43 è la suite aspra e armoniosa di affascinante Cunto Leggendario degli eventi, dei sentimenti e delle figure popolari della gloriosa epopea che i Napoletani condussero nelle novantasei ore tra il 28 settembre e il 1° ottobre 1943 per scacciare i Tedeschi dalla città. Il racconto a più voci di un evento memorabile che, come ha scritto lo storico Guido D’Agostino, resta, nella tragica parabola del Nazismo, ”l’unica sconfitta popolare subìta dall’esercito tedesco nel mondo, come lotta e scelta di pace…e con relativamente poche armi”, che fece di Napoli la prima città in Europa per valore d’eroismo.

Napoli ‘43 – dichiara l’autore e regista – è un lavoro su frammenti. Un lavoro fatto su scampoli, ritagli, lembi esigui di qualcosa che una volta è stato intero. Non un vero e proprio lavoro da sarti, no, questo sarebbe presuntuoso. Piuttosto un umile lavoro da aggiustatore, da rimediatore, da risanatore, se possibile, di ciò che ora è lacerato, rovinato, irrimediabile, nella sua interezza e integrità, che un tempo, certo, ha avuto. E’ questo il senso, l’unico senso, che può avere oggi, per noi, lavorare e riflettere sulle convulse e radiose giornate che i Napoletani vissero, per circa 100 ore, nel lontano settembre-ottobre 1943”.

Ancora una volta la scrittura di Enzo Moscato – autore, regista, attore, cantante, poeta tra i più considerati e autorevoli della scena contemporanea – diviene esercizio prezioso intorno alla memoria della città, la sua storia, il suo immaginario.

Napoli ‘43 rinnova la collaborazione dell’artista Mimmo Paladino con Enzo Moscato iniziata nel 1995 con lo spettacolo Co’Stell’Azioni, proseguita nel 2001 con la pièce sulla Rivoluzione Napoletana del 1799 Sull’ordine e il disordine dell’ex macello pubblico (L’estremo), e nel 2009 con Toledo Suite, quarto disco-concerto dell’autore.

Napoli ‘43 di Enzo Moscato

Napoli, Teatro Nuovo – dal 7 al 9 novembre 2014

Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)

Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it

Da venerdì 7 a domenica 9 novembre 2014

Napoli, Teatro Nuovo

Compagnia Teatrale Enzo Moscato

presenta

Napoli ‘43

Scenario Evento per il 70esimo ‘D-Day’ Napoletano

testi e regia Enzo Moscato

immagini sceniche Mimmo Paladino, luci Cesare Accetta,

costumi Tata Barbalato, musiche originali Claudio Romano

con

Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Enzo Moscato

Salvatore Cantalupo, Enza Di Blasio, Lalla Esposito, Gino Grossi

Carlo Guitto, Rita Montes, Salvatore Chiantone, Paco Correale

e con Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Amelia Longobardi,

Francesco Moscato, Giancarlo Moscato

e con la partecipazione di Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia

e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto

selezione musicale Donamos, sartoria Luciano Briante,

fonica Teresa Di Monaco, grafica e foto di scena Fiorenzo de Marinis

La forma ‘estetica’ in cui è racchiusa scenicamente la rappresentazione è quella, epica, della ‘cantata’.

Essa tenta di restituire (mescolando teatro e citazione sonora cinematografica, nella voluta semi-Immobilità degli attori, nella discrezione presenziale del loro darsi in scena) il senso dell’INIMITABILITA’ E IRRIPETIBILITA’ dell’agire storico degli eroi straccioni di quei lontani giorni del settembre 1943. Ne aumenta, anzi, la dimensione astratta, onirica, fantasmatica; i segni inermi della sconfitta umana, sia pur nella vittoria bellica trionfante contro i Nazisti.

Le figure, infatti, che popolano lo spettacolo sono tutte come già morte, per ben 2 volte: per il passato, certo, ma anche e soprattutto per l‘immemore e superficiale presente che viviamo.

In quanto tali, in quanto mere larve, ‘torva cenere fujente’, escono e rientrano, a intermittenza, dal buio del fondo scena, come se si trattasse di un ALTROVE, magari del mitico oltre-Stige dell’Eneide e dell’Odissea, o, più ordinariamente, come se quel buio permanente fosse l’Ombra – perturbante e rimproverante, un contrappasso metafisico – dell’oblio sociale, collettivo, cui sono odiernamente destinate.

In questo senso, non hanno e non devono avere alcun ‘glamour’ rutilante e ‘fictional’; sono esseri comuni, umili, disadorni, prosaici, e, nello stesso tempo – per il pensiero di riscatto, che, tra gioco e melodramma, ‘all’intrasàtto’, all’improvviso, all’unisono, concepiscono contro i brutalissimi Tedeschi che terrorizzano la città – sono anche eccezionali. Simbolicamente eccezionali. Vere e proprie troncature delle catene costrittive della Storia.

E, affinché di quanto detto sopra fosse evidente il puro valore espressivo-antiretorico e anticelebratorio, ho senza alcuna esitazione spazzato via dalla scena ogni folclore stereotipato di rovine o realistici orpelli bellici, per lasciare il posto invece a uno spazio, stazionale e azionale, completamente irreale, visionario, trasfigurante, giacché solo affidandolo a un’allucinazione, a un incubo, a un delirio, talvolta orgiastico, talvolta malinconico, fatto quasi esclusivamente di voci, antiche filastrocche, grappoli di suoni, di parole, riusciamo forse a misurare, oggi, lo strappo enorme che produce la rimozione o la cancellazione della rivolta napoletana (che fu sociale e fu morale!) sulle fragili e ignare menti dei più giovani.

E non solo.

In linea con tutto ciò è anche, a mio avviso, il trattenimento, in mera traccia sonora registrata, della guerra, delle bombe, della feroce occupazione dei Nazisti, non solo perché ho messo fuori gioco ogni facile e risaputo ‘realismo’ azionale, ma soprattutto perché volevo che questa scia di suoni ‘ibernati’ in qualche modo agglutinasse, formalizzasse, categorizzasse e addirittura, crudelmente, ‘gelasse’, in valore giudiziale negativo (così potenziandole e aggravandole, per distanza epocale e indifferenza), le lacune e le ‘dimenticanze’, mnemoniche ed emotive, di noi contemporanei, rispetto agli eventi delle Quattro Giornate.

Come a dire: i Tedeschi a Napoli ci sono certamente stati e hanno fatto il Male che hanno fatto, lo sappiamo.

Ed è tanto vero questo che ne conserviamo traccia negli Archivi Sonori della Memoria di Stato. E noi ne risentiamo i minacciosi passi, le grida, gli insensati ordini omicidi, ad libitum, tutte le volte che ce ne viene l’ùzzolo.

Ma, oggi, i Nuovi Tedeschi, chi sono?

Dove stanno? Dove si nascondono (se pure si nascondono)?

E, soprattutto: cosa si propongono – nel prossimo futuro – a nostro danno, fare?

Enzo Moscato