Di: Sergio Palumbo

Tempo di lettura stimato: 3 minuti

E’ un giorno di lutto per il teatro italiano. Luca De Filippo è scomparso poche ore prima. Gabriele Russo, direttore artistico del Teatro Bellini, sale sul palco visibilmente commosso per salutare un altro pezzo di Napoli che va via, chiedendo al pubblico un minuto di silenzio, che culmina in un lungo, sentito applauso per un grande artista che ha dedicato, così come suo padre, l’intera vita al teatro.

Ma lo spettacolo non deve fermarsi e lo stesso Luca non avrebbe voluto che si fermasse: quando morì Eduardo, nel 1984, Luca era in scena al Teatro Diana e ricevette la notizia della morte del padre tra il primo ed il secondo atto di “Chi è cchiù felice ‘e me”. Luca non disse nulla. Tornò in scena e, solo dopo la conclusione dello spettacolo, avvisò la compagnia e partì per Roma.

Poco dopo, sul palco sale, direttamente dalla platea, SabnaQf2, che vive in un futuro remoto ed è stata sorteggiata per tenere il “Discorso delle Celebrazioni”. E’ un discorso che, in quel futuro remoto, si tiene ogni anno per ricordare come l’umanità uscì da quello che è storicamente definito “il secolo di merda”, ossia il periodo che va dal 1990-2041. In quel periodo buio della storia dell’umanità, gli abitanti del mondo, definiti comunemente “merdolani”, vivevano anestetizzati da televisione e social network, storditi da certi siti come un certo “FB”, dove trascorrevano la maggior parte della propria esistenza a condividere video di gatti, quando non erano impegnati a cancellare spam dalle proprie caselle di posta elettronica o a scriversi su un certo “Uozzapp” su improbabili gruppi, dove alle 5 del mattino qualcuno si sentiva in dovere di scrivere una frase di Osho. Qualcuno potrebbe pensare che i merdolani fossero semplicemente degli imbecilli, dice SabnaQf2, ma sarebbe una spiegazione troppo semplicistica: occorre indagare sui motivi per cui i merdolani si erano ridotti in quel modo, per comprenderne le ragioni e non commettere più gli stessi errori.

Sabina Guzzanti, partendo dalla satira tagliente dell’attualità sociale e politica, riconduce le ragioni del regredire della società odierna a quella che definisce un’ideologia terribile e invasiva: il neoliberismo, che vede il suo trionfo dopo la caduta del muro di Berlino. Parte, quindi, in quella che è un’attenta, spietata, disamina del pensiero liberista prima e neoliberista poi e di come l’ideologia neoliberista non si limiti a permeare il pensiero economico e politico, ma arrivi ad annidarsi nelle coscienze, negli affetti e nei desideri di ciascuno, fino a far diventare ognuno il carceriere di se stesso. La ricostruzione della Guzzanti, lucida e precisa, è il frutto di una lunga ricerca, ispirata, tra l’altro, dalla lettura di “La nuova ragione del mondo” di Pierre Dardot e Christian Laval e di “Shock economy” di Naomi Klein, dove si spiega come il neoliberismo, spacciato come dogma, sia in realtà un’ideologia elaborata al fine di concentrare la ricchezza ed il potere nelle mani di pochissimi, a scapito di una spropositata maggioranza di poveri sempre più poveri, sfruttando calamità naturali e guerre per prendere sempre più piede e distruggere sempre di più la democrazia e le conquiste sociali, a partire dalla scuola, passando per la sanità ed il lavoro.

Bravissima a mantenere sempre viva l’attenzione del pubblico per tutte le due ore di spettacolo, complici la sapiente regia di Giorgio Gallione e un ottimo disegno luci, alternando ritmi incalzanti e concitati con momenti più riflessivi, Sabina Guzzanti firma uno spettacolo che ha la volontà non solo di divertire il pubblico, ma anche di condividere e diffondere quella che è una spietata e feroce critica dell’ideologia neoliberista, meticolosamente analizzata e smitizzata, accusandola delle principali brutture ed ingiustizie del mondo contemporaneo, con il taglio satirico pungente a cui la Guzzanti ci ha abituati, non rinunciando a cavalli di battaglia come le imitazioni (l’immancabile Berlusconi, ma anche Emma Marcegaglia e Maria De Filippi) e alle sue battute sardoniche, alla sferzante ironia e, soprattutto, alla sua libertà. Libertà che la Guzzanti ha pagato a caro prezzo, con la censura dei suoi programmi televisivi, le denunce, i processi, ma che ha sempre fortemente voluto, cercato e mantenuto, a costo di autoprodursi, con l’aiuto del crowdfunding e del sostegno dei suoi numerosissimi ammiratori.

Al termine dello spettacolo, dopo i lunghi applausi del pubblico del Teatro Bellini, Sabina Guzzanti rivolge un pensiero a Luca De Filippo, esprimendo con timidezza il suo sincero cordoglio.

“Come ne venimmo fuori” sarà in scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 28 novembre 2015.

Link: il sito del Teatro Bellini di Napoli – www.teatrobellini.it