Di: Maresa Galli

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C’è sempre tanto di autobiografico nel racconto di una coppia, e nel caso di “Oh scusa dormivi” è ancor più vero. Il testo di Jane Birkin, del 1992, nella traduzione di Giulia Serafini, in scena al Ridotto del Mercadante fino a domenica 9 febbraio, regia di Marcello Cotugno (produzione del Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale). La celebre attrice, con all’attivo settanta film, è ora dedita alla musica e al teatro. Icona della Swinging London, legata da grande amore, l’ “amour fou”, a Serge Gainsbourg, simbolo della nouvelle vague francese, incise con lui la celebre, scandalosa canzone “Je t’aime, moi non plus”. Una coppia destinata a riempire le pagine dei rotocalchi, a rimanere nella storia del costume. La Birkin racconta la crisi di una coppia, paradigmatica, dalla loro stanza da letto. I due innamorati, stanchi del ménage, si pongono domande, si scagliano accuse, manifestano dubbi reciproci, mostrano insofferenze: la piccola camera con al centro il letto è osservatorio privilegiato di una crisi collettiva, rivelatrice di un’epoca che ha mutato stili di vita, comportamenti di coppia, soprattutto ha minato false certezze. Cosa significa assumersi responsabilità? Come rimanere giovani, belle, desiderabili in un’epoca che chiede donne perfette esteticamente, costi quel che costi? A mettere in scena questa “autopsia di un matrimonio” due attori bravi e affiatati, Anna Ammirati e Paolo Giovannucci, capaci di giocare con le parole, le emozioni forti, le paure, le sovrastrutture che, troppo spesso, rovinano il rapporto di coppia. Brillante la regia di Cotugno che sa far partecipare il pubblico al dramma di una coppia in disfacimento, cattiva fino allo spasimo ma crudelmente sincera. “Volevo solo che mi dicessi che sono bella, anche con le rughe”, dirà la donna che rimpiange l’ex fidanzato, idealizzato, come tutto il passato. Lui, non realizzato completamente nel lavoro, che forse morirà di ulcera, come suo padre, lamenta l’assenza da parte della moglie. Dove sono finite quella luce, la magia, la felicità dei primi anni? Ottimo il lavoro di luci di Carmine Pierri, belle le scene di Dionisio Paccione, i costumi di Giuseppe Avallone, soprattutto le musiche, a cura dello stesso Cotugno, tratte da “Histoire de Melody Nelson”, splendido concept album di Gainsboug e l’iconica “Je t’aime, moi non plus”, nella versione remixata da Dzihan & Kamien. Il pubblico non è voyeur ma partecipe di interrogativi e situazioni nelle quali rispecchiarsi.

Uno spettacolo da non perdere, in scena fino a domenica 9 febbraio.