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Dan Ettinger e Alexander Malofeev

protagonisti il 14 febbraio al Politeama per la Stagione di Concerti

Il direttore Dan Ettinger e il pianista Alexander Malofeev sono i protagonisti del prossimo appuntamento della Stagione di Concerti del Teatro di San Carlo, in calendario martedì 14 febbraio alle ore 19 al Politeama e già completamente sold out.

Dopo il successo della Sinfonia n. 9 di Ludwig van Bethoveen, il direttore musicale Ettinger torna sul podio dell’Orchestra del San Carlo per dirigere il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in do minore, Op. 18 di Sergej Rachmaninov e Sheherazade Op. 35 di Nikolaj Rimskij-Korsakov (con la partecipazione come violino solista di Gabriele Pieranunzi).

Alexander Malofeev, classe 2001 è considerato nuovo prodigio del panorama pianistico, è salito alla ribalta internazionale nel 2014, ottenendo a soli tredici anni il Primo Premio al Concorso Caikovskij per Giovani Musicisti. Pianista di rango è ha vinto numerosi premi internazionali per la sua eccezionale abilità e il suo virtuosismo al pianoforte. I progetti più importanti di Malofeev includono una tournée in Asia con la Lucerne Festival Orchestra diretta da Riccardo Chailly ed esibizioni con l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari e Mikhail Pletnev, nel Regno Unito con la Bournemouth Symphony Orchestra e Kirill Karabits, in Italia con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e Fabio Luisi. Il 2022 lo ha visto debuttare in manifestazioni fra cui il Festival di Verbier, il Ravinia Festival, l’Aspen Music Festival con Vasily Petrenko e il Tanglewood Music Festival con Michael Tilson Thomas. Future apparizioni includono il ritorno alla Bournemouth Symphony per una ‘residenza’ di più concerti, esibizioni al Concertgebouw di Amsterdam, alla Davies Symphony Hall di San Francisco e alla Isarphilharmonie di Monaco.

Il programma si apre con il Concerto n. 2 in do minore per pianoforte e orchestra, op.18di Sergej Rachmaninov, il più celebre tra i cinque composti dall’autore. Dedicato al terapeuta Nicolai Dahl, fu presentato a Mosca il 9 novembre 1901 con l’autore al pianoforte e Alexander Ziloti alla direzione. È la prima opera matura di Rachmaninov, ricca di pathos post romantico e capace di coniugare virtuosismo ed espressività.

A seguire Sheherazade, Suite sinfonica op. 35 di Nikolaj Rimskij-Korsakov, tra le pagine più significative e brillanti del compositore russo. Composta nell’estate del 1888 ed eseguita per la prima nello stesso anno al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, è strutturata in quattro movimenti: Il mare e la nave di Sinbad; Il racconto del principe Kalender; Il principe e la principessa; Festa a Baghdad. Gli episodi, tutti tratti da Le mille e una notte, appaiono senza alcun legame tra loro. Più che raccontare infatti le vicende narrate nella sterminata raccolta di fiabe arabe, Korsakov mira ad evocare nella mente dell’ascoltatore le atmosfere fantastiche del mondo orientale.

Guida all’ascolto

A cura di Umberto Nicoletti Altimari

IL “CALEIDOSCOPIO” DI KORSAKOV E LA “RINASCITA” DI RACHMANINOV: DUE CAPOLAVORI RUSSI A CONFRONTO

Rachmaninov nel 1901

Il Secondo Concerto per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov nasce da una crisi. Gli insuccessi critici e di pubblico dei due grandi lavori scritti precedentemente, il Primo Concerto per pianoforte (1891) e soprattutto la Prima Sinfonia (1897) avevano causato una grande delusione nell’animo del compositore portandolo a vivere una profonda depressione nutrita dal senso di impotenza creativa e quindi del fallimento artistico. Rachmaninov si era impegnato in una sua particolare direzione creativa fortemente attratta da modelli ed espressività occidentali e aliena dal contatto con l’humus musicale russo di quegli anni particolarmente rivolto al recupero, come accadeva un po’ ovunque in Europa, della ricchissima tradizione musicale popolare e di tematiche fortemente ispirate alla cultura autoctona. In tal senso la figura di Rachmaninov, non solamente per la sua attività di virtuoso di pianoforte ma anche di direttore d’orchestra, trova le sue origini storiche e stilistiche nella figura di Franz Liszt anch’esso grande virtuoso (il massimo sullo scorcio della metà dell’Ottocento) del pianoforte, direttore d’orchestra e compositore prolifico. Sul versante russo il suo modello era invece Cajkovskij la cui musica, è noto, appare, per assunti formali e scelte espressive, come la più “internazionale” tra quelle dei musicisti russi a lui coevi. Rachmaninov quindi si affida, a Londra, alle cure del dottor Nikolaij Dahl che adotta i metodi ispirati da Freud, sottoponendo il compositore a sedute nelle quali fa uso dell’ipnosi. La dedica del Secondo Concerto per pianoforte (1901) al medico curante ci dice dell’importanza di questo incontro. E’ una vera rinascita. Il Concerto vede la luce con rapidità e si afferma da subito come una pagina amatissima sia dagli interpreti che dal pubblico. Alla prima esecuzione, con il compositore al pianoforte e Alexandr Ziloti alla direzione d’orchestra avvenuta a Mosca il 9 novembre 1901 ne seguono altre, tutte prestigiose: a Londra ed in uno dei templi della musica europea, la Gewandhaus di Lipsia, esecuzioni a seguito delle quali il Concerto si afferma senza remore e divenendo di lì in poi, e ancora oggi, uno dei cavalli di battaglia dei grandi pianisti e una delle opere più apprezzate dal pubblico in ogni latitudine. Ci sono tutti gli ingredienti per rendere questo lavoro una pagina di enorme effetto. La scrittura virtuosistica riservata al solista rappresenta una sfida per la quale sono necessarie doti straordinarie. L’orchestra si inserisce in questo quadro come un alleato al quale è affidata la missione di colorare e inturgidire il già abbondante materiale esposto dal pianoforte. Ne risulta una composizione spinta da uno slancio senza pause, estremamente cangiante nella tavolozza timbrica e nell’alternarsi di temi di intenso lirismo, di appassionata espressione. Anche per questo il Concerto è stato letteralmente saccheggiato negli anni per dar vita a canzoni e colonne sonore alimentando l’idea di una musica senza problematiche e tutta risolta in esteriore espressività. E’, al contrario, l’opera di un compositore di grande consapevolezza e di sicura genialità inventiva. Il Concerto si distende nei classici tre tempi secondo il modello tradizionale. Il primo movimento Moderato si annuncia sin dall’inizio con originalità: con una serie di accordi a piene mani seguiti da precipitose volute di arpeggi sostenuti dal pianoforte ai quali segue di scatto l’orchestra che riprende il tema e lo proclama con energia distribuito com’è alle varie sezioni strumentali in dialogo. Si ha la sensazione di una inesauribile vena sorgiva dove allo strumento solista è affidato il ruolo di conduttore e all’orchestra quello di un deuteragonista pronto ad intervenire per rimarcare, ingrandire e dare uno sfondo ricco, colorato e brillante alle idee esposte. Rachmaninov sosteneva – lo sappiamo da una sua intervista ad una pubblicazione americana del 1923 – che la scrittura per il pianoforte doveva secondo lui presentare una scorrevolezza (sia pure virtuosistica) delle mani sulla tastiera ed apparire quanto più naturale possibile. Dopo questo folgorante inizio segue un episodio di passaggio che conduce al secondo tema nel quale il dettato musicale si ispessisce anche grazie ad un gioco di dinamiche estremamente mobile sia nel pianoforte sia nell’orchestra. Il senso cangiante eppure trascinato da una energia senza soste non deve far pensare che il movimento non risponda ai dettami delle regole della Forma-Sonata ai quali il movimento è intimamente legato, ma l’urgenza espressiva e l’enfasi nella presentazione e nello svolgimento dei diversi episodi ne dilata e ne ingigantisce i confini dando l’idea di un procedere rapsodico e senza ripensamenti proprio rispondente a quella ricerca di una naturale espressione postulata dal compositore. L’Adagio sostenuto, secondo movimento, rappresenta una pausa contemplativa tutta risolta in un’ammaliante ricchezza melodica nel quale si incastona una straordinaria cadenza del pianoforte. L’ultimo tempo – Allegro scherzando – alterna diversi stati d’animo. Il “giocoso” fa riferimento al senso di spigliato virtuosismo appena condito da un senso di ironica leggerezza, dimostrativo del pieno dominio della scrittura e della pura felicità del fluire delle idee, ma in questo ultimo tempo non mancano momenti di introspezione, di malinconica meditazione. Con il secondo tema che conduce trionfalmente al do maggiore del finale il brano si conclude con solare magniloquenza ed effetto trascinante.

Rimsky-Korsakov nel 1888

E’ lo stesso Rimsky-Korsakov ad avere redatto, nella sua autobiografia, una nota per spiegare le ragioni e i contenuti della sua Suite sinfonica Shéhérazade: “Il programma che mi guidò nellacomposizione di Shéhérazade consisteva in episodi separati e senza legami tra loro ed in quadri de Le mille e una notte….Il legame era costituito da brevi introduzioni alla prima, seconda e quarta parte, e da un intermezzo alla seconda, scritto per violino solista e raffigurante Shéhérazade nell’atto di narrare al terribile sultano i suoi racconti meravigliosi…..invano si possono cercare nella mia Suite dei leitmotiv sempre legati a tali idee poetiche o a tali immagini. Al contrario, nella maggior parte dei casi tutta questa specie di leitmotiv non sono che materiali puramente musicali, motivi dello sviluppo sinfonico…così, sviluppando in modo assolutamente libero degli spunti musicali presi per base del mio lavoro, avevo intenzione di comporre una Suite in quattro parti, intimamente legate da dei temi e dei motivi comuni, ma presentati come un caleidoscopio d’immagini favolose di un carattere orientale….componendo Shéhérazade non intendevo….orientare la fantasia dell’ascoltatore dalla parte dove era diretta la mia fantasia. Volevo semplicemente che l’ascoltatore, se la mia musica sinfonica gli piaceva, avesse l’intuizione netta che si trattava di un racconto orientale.”

Composta nel 1888 la Suite op.35 venne eseguita nell’ottobre dello stesso anno a San Pietroburgo con il compositore sul podio. Di tutte le sue composizioni è divenuta presto la più popolare ed eseguita. Vi sono tutti gli ingredienti per renderla tale. La magistrale capacità di orchestratore (suoi allievi Igor Stravinskij e Ottorino Respighi) di Rimsky-Korsakov trova nella atmosfera orientale modo di dispiegarsi con infinita gamma di effetti e colori che modellano, cambiano e trasformano le felicissime idee melodiche della composizione. L’Oriente era per i compositori russi della sua epoca una regione estetica alla quale attingere pienamente e lo stesso Rimsky-Korsakov, soprattutto nelle sue opere, più volte si rivolge a quel mondo lontano ed affascinante conosciuto attraverso il filtro letterario costituito da quel gioiello che sono Le Mille e una notte. E’ un Oriente immaginario, filtrato attraverso storie e leggende di forte suggestione nelle quali sia l’elemento umano che naturale sono sottoposti al giogo di figure fantastiche appartenenti alla mitologia arabo-persiana. Un immaginario che ancora resiste nella più comune percezione dell’Oriente alla quale, per chi ascolta la musica di Rimsky-Korsakov, si aggiunge una sorta di colonna sonora che lo ammanta di una cifra musicale inequivocabile. E’ un mondo di sogni, di oggetti e vicende lontane e misteriose, di una natura che si trasforma d’ incanto, è in definitiva il mondo della favola al quale i russi, forse più di tutti, hanno sempre riposto una profonda attenzione.                                                           Rimsky-Korsakov nella sua nota alla composizione usa, non a caso, una parola chiave: “caleidoscopio”. L’ascolto di Shéhérazade ci mette nella stessa condizione di osservatori all’interno di quell’affascinante gioco. La musica si sviluppa e ritorna come le tessere ingrandite dalle lenti del caleidoscopio nel quale possiamo osservare il modificarsi di forme e colori creati da quelle scaglie di vetro contenute nel cilindro. Questa “magia” della trasformazione e dei ritorni tematici assieme alla lussureggiante orchestra che esprime ogni gamma di colori sono gli stessi del caleidoscopio, camera magica che lascia all’immaginazione ogni possibile fantasia.                                         Abbandonata l’idea di indicare i quattro movimenti con termini puramente musicali (Preludio, Ballata, Adagio e Finale) Rimsky- Korsakov si convinse presto (ma fu il compositore Anatolj Liadov a spingerlo nella direzione finale) ad indicare alcuni spunti tematici con riferimento a precisi episodi delle storie de Le Mille e una notte per cui il primo movimento si intitola Il mare e la nave di Sinbad ed è introdotto da un Largo e maestoso che descrive la minacciosa figura del sultano Schahriar al quale si contrappone il violino solo, su un motivo spiccatamente orientale, che personifica la sventurata Shéhérazade costretta alla narrazione di storie all’incontentabile sultano pena la morte. Con l’Allegro non troppo siamo sul vascello di Sinbad e davanti a noi si palese con straordinario mimetismo musicale la distesa del mare.                                                                                               Il secondo movimento La storia del principe Kalender è nuovamente aperto dalla voce di Shéhérazade, il violino solo, la cui sinuosa melodia si interseca con le volute dell’arpa in una perfetta ricreazione di un melodiare orientale. Protagonista di questo movimento è però il fagotto che dà voce al principe Kalender. Lo seguiamo nelle sue vicende raccontate in una scrittura musicale dai mille colori, dagli impasti timbrici cangianti, da una atmosfera mobile, che alterna impetuose frasi degli archi al dialogare dei legni. C’è in questo movimento una precisa ripartizione narrativa tra le sezioni dell’orchestra: agli archi spetta il fluire della storia, ai legni le voci dei personaggi, agli ottoni i momenti di cambio drammaturgico.                                                                   La fiaba de Il giovane principe e la giovane principessa è alla base del terzo movimento Andantino quasi allegretto, Pochissimo più mosso. Anche qui le sezioni dell’orchestra in dialogo: agli archi con la loro calda e appassionata energia spetta dare voce al giovane Principe al quale risponde, con il suono del clarinetto quella della principessa non senza che improvvisamente riappaia il tema severo e minaccioso del Sultano ascoltato all’inizio della Suite. Shéhérazade riprende il suo narrare ed ecco che ad introduzione della quarta e ultima parte Festa a Bagdad – Il naufragio riascoltiamo il violino solo. E’ il movimento più ampio e variegato con cambiamenti di fronte repentini nei quali gli scenari narrativi mutano improvvisamente. Siamo veramente nel caleidoscopio creato da Rimsky-Korsakov. La Festa a Bagdad è caratterizzata da grandi crescendo dell’orchestra che traducono l’animazione della gente che vi accorre, poi improvvisamente ritorna il tema del mare del primo movimento, questa volta la navigazione di Sinbad è messa in pericolo da un mare agitato. Movimento ondoso e flutti che si infrangono, caratterizzati dai colpi dei piatti, restituiscono l’idea di un vascello in periglio. La fiaba infatti ci dice che la barca di Sinbad divenuta ingovernabile viene sospinta misteriosamente verso un’isola dove va a naufragare. L’orchestra sprigiona tutta la sua energia ancora una volta in una spettacolare tavolozza di timbri e colori. Il brano e tutta la Suite si concludono con il ritorno della melodia del violino solo e dell’arpa sui quali il tema del sultano si inserisce questa volta con toni placati e densi di sentimento. Shéhérazade ha vinto la sfida e il sultano conquistato.

Teatro Politeama
martedì 14 febbraio 2023, ore 19:00

DAN ETTINGER

Direttore | Dan Ettinger
Pianoforte | Alexander Malofeev

Programma

Sergej Rachmaninov
Concerto n. 2 in do minore per pianoforte e orchestra, op. 18

Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov
Sheherazade suite sinfonica Op. 35

Orchestra del Teatro di San Carlo