
Teatro Bellini presenta “ALL YOU CAN BE”: il palcoscenico diventa inclusivo
Il Teatro Bellini per la stagione 25/26 lancia ALL YOU CAN BE, un progetto pionieristico per l’accessibilità culturale delle persone con disabilità sensoriali e intellettive. Un’iniziativa unica nel Centro-Sud Italia che mira ad abbattere le barriere invisibili, rendendo lo spettacolo dal vivo finalmente fruibile da tutti.
I destinatari principali del progetto sono ipoacusici, ipovedenti e persone con disabilità intellettive. Per loro, il Bellini si doterà di tecnologie assistive all’avanguardia: impianti ad induzione magnetica per apparecchi acustici, cuffie a infrarossi e smart glass per la visione in tempo reale dei sopratitoli in 14 lingue.
Il pubblico ipovedente potrà accedere a un tour tattile pre-spettacolo, toccando scenografie, costumi e oggetti di scena, per una comprensione multisensoriale dell’opera. Per ipoacusici e ipovedenti saranno disponibili anche contenuti in app con descrizioni dettagliate dell’azione scenica, dei costumi e delle ambientazioni.
Chi ha disabilità intellettive sarà accompagnato da audioguide immersive, pensate per preparare e guidare alla visione, con anticipazioni, suggerimenti spaziali e contenuti culturali semplificati.
Previsti anche posti riservati in sala per garantire visibilità ottimale, maggiore libertà di movimento e sicurezza, in base alle diverse necessità.
Il progetto comporta la formazione del personale del teatro in base alle linee del DET (Disability Equality Training), coinvolgendo professionisti del settore. L’obiettivo è duplice:arricchire l’esperienza culturale del pubblico e formare una nuova generazione di operatori teatrali capaci di parlare il linguaggio dell’inclusione.
Con ALL YOU CAN BE, il Teatro Bellini conferma la sua vocazione: un luogo dove la cultura è un diritto per tutti.
Stagione 2025-2026 | Teatro Bellini
26 settembre > 12 ottobre
MORTE ACCIDENTALE DI UN ANARCHICO di Dario Fo e Franca Rame regia Antonio Latella
con in o/a: Caterina Carpio, Francesco Manetti, Daniele Russo, Edoardo
Sorgente, Emanuele Turetta
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Nel 1921 un emigrante italiano «volò» fuori da una finestra del palazzo della polizia di New York: è questo l’episodio che ispirò “Morte accidentale di un anarchico”, una delle commedie più celebri di Dario Fo. L’azione comincia in una questura, dove il commissario Bertozzo si trova a fronteggiare un matto, capace di spacciarsi per più persone, motore e filo conduttore dell’intera vicenda. “La morte accidentale” a cui allude il titolo dell’opera è quella dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra del quarto piano della questura di Milano nel 1969, in uno degli episodi più controversi della storia italiana del dopoguerra; dalla strage di Piazza Fontana, per cui Pinelli era indagato, ad alcuni dei terribili fatti che ne seguono, Dario Fo interroga con la sua opera non solo il caso giudiziario specifico, ma parte di un periodo storico ancora oggi difficile da decifrare e consegnare agli archivi. ___
14 ottobre > 19 ottobre
FINALE
di Familie Flöz
regia Hajo Schüler
con Fabian Baumgartner, Lei-Lei Bavoil, Vasko Damjanov, Almut Lustig,
Mats Suthof
una produzione di FAMILIE FLÖZ in coproduzione con Theaterhaus Stuttgart,
Theater Duisburg, Stadttheater Schafhausen
“Da molti anni la FAMILIE FLÖZ fa ridere, meravigliare, piangere e riflettere le persone di tutto il mondo, di solito senza che venga pronunciata una sola parola. I volti degli attori rimangono nascosti dietro maschere mute, rigide, ma che prendono vita in modo sorprendente. Ma da dove viene questa vita?
Gli studi dimostrano che il battito cardiaco del pubblico in teatro si sincronizza. E se fosse il pubblico stesso il cuore del teatro? Se fosse il narratore segreto delle storie che emergono sul palcoscenico? Allora la vera ricchezza del teatro starebbe nel creare qualcosa che trascende il punto di vista individuale di tutti coloro che vi partecipano, attori e spettatori.
Il 2025 segna il 30° anniversario della compagnia berlinese, ed è quindi giunto il momento di rendere omaggio al suo pubblico.
FINALE è un pezzo “tipico” di FAMILIE FLÖZ – con un narratore amorevole, tre storie intrecciate, numerosi personaggi e un profondo doppio fondo, che celebra il teatro
come luogo di incontro e di narrazione collettiva e si concentra sulla comunità in tempi di divisione, scontro e isolamento”.
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21 ottobre > 26 ottobre
DONALD
Storia molto più che leggendaria di un Golden Man di e con Stefano Massini
produzione Teatro Della Toscana Teatro Nazionale
Un uomo? O un dio? O un semidio? Nel 2015 Donald J. Trump annuncia la sua entrata nell’agone politico obbligando la stampa ad alzare gli occhi al cielo, per contemplarlo mentre scende su una scala mobile sulle note di un inno travolgente: l’apoteosi di un extra-umano chiamato a salvare moltitudini di terrestri plaudenti. Dopo i successi nei teatri di tutto il mondo con “Lehman Trilogy” e “Manhattan Project”, Stefano Massini torna a occuparsi di un’epica americana stavolta concentrandosi sull’irresistibile ascesa del miliardario newyorkese, fino appunto alla sua prima elezione alla Casa Bianca. Ecco allora prendere forma sul palco la genesi incredibile di un leader che si è proiettato laddove nessun altro, riscrivendosi addosso le regole dell’economia, della finanza, della politica e perfino della civiltà. A soli quarant’anni già vegliava sull’umano consesso, dall’alto di un attico di 3000 metri quadri con vista su Manhattan da dove pianificava il suo regno di monarca assoluto, simbolo e incarnazione del potere. In un succedersi incalzante di colpi di scena, di incontri decisivi e di vertiginose montagne russe fra trionfi e bancarotte, Massini ripercorre la rocambolesca gimkana esistenziale di un uomo che si è trasformato in marchio commerciale, in icona, in brand, in testimonial del suo stesso successo e sponsor della propria scalata, sempre spingendosi oltre il limite e oltre il lecito, in una sfida instancabile che non ammette l’ipotesi della resa ma sempre e solo l’ebbrezza del rilancio. Si scopre allora che Donald è in fondo la personificazione del nostro tempo, di cui esprime perfettamente il caos fra realtà e reality, fra fake e fiction, fra persona e personaggio. Ne nasce un racconto rivelatorio e per molti aspetti raggelante, che conferma il teatro nella sua missione antichissima di occhio critico sulla contemporaneità, di cui può cogliere ombre e abissi con la semplicità disarmante di una narrazione necessaria. ___
4 novembre > 9 novembre
L’EMPIREO
(The Welkin)
di Lucy Kirkwood
traduzione Monica Capuani e Francesco Bianchi regia Serena Sinigaglia
con (in o. a.) Giulia Agosta, Alvise Camozzi, Matilde Facheris, Viola Marietti, Francesca Muscatello, Marika Pensa, Valeria Perdonò, Maria Pilar Pérez
Aspa, Arianna Scommegna, Chiara Stoppa, Anahì Traversi, Arianna Verzeletti, Virginia Zini, Sandra Zoccolan
produzione Teatro Carcano, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano, LAC – Lugano Arte Cultura, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Amo l’epica, amo la coralità, amo la sfumatura tragicomica: L’Empireo è tutto questo insieme. E non basta: ti racconta una storia avvincente. È un testo contemporaneo che osa essere ambientato nel Settecento, precisamente nel marzo del 1759. Un testo contemporaneo, in costume? Non ci credo! Ebbene sì. Ma non basta ancora, anzi forse la caratteristica più importante: è il primo testo teatrale in cui mi imbatto che affronta le tematiche di genere e lo fa senza concedere nulla alla retorica e alla banalità. È secco, ruvido, vero, al pari della realtà. E poi dà spazio alle attrici, 19 personaggi di cui 17 femminili. Una bella inversione di tendenza rispetto alla media dei personaggi pensati e scritti per le donne.
La volontà mia e di Monica Capuani, che ha tradotto il testo e me l’ha fatto conoscere, è di mostrare opere come questa in Italia al fine di affermarne l’unicità e l’importanza assoluta. L’Empireo è uno spettacolo militante, avvincente, divertente, con un cast d’eccezione, che viaggia dentro la scrittura della Kirkwood, dentro ai corpi e agli umori delle 12 matrone, dell’imputata, del giudizio di un cielo tanto luminoso quanto impotente, nella vana speranza che una cometa passi e cambi la storia.
Serena Sinigaglia
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13 novembre > 30 novembre
FINALE DI PARTITA
di Samuel Beckett
traduzione Carlo Fruttero
regia Gabriele Russo
con Michele Di Mauro, Alessio Piazza, Giuseppe Sartori, Anna Rita Vitolo produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Biondo
Palermo
La “zona d’interesse” teatrale più a rischio – e ancora oggi centrale – è sempre la stessa: la famiglia. Da Sofocle al teatro contemporaneo, attraverso i secoli, resta il luogo della frattura, della lotta, del non detto e del soffocamento. Un teorico (mio alter ego: Elvis Flanella) scrisse un breve saggio intitolato “LA FAMIGLIA: distruzioni per l’uso”.
Ecco, per affrontare un testo sacro come Finale di partita nel 2025, ripartirei proprio da lì. Cercherei di allontanarmi dai confini teorici più consueti del testo – quelli legati alla filosofia dell’Assurdo e all’immaginario distopico o post-atomico, tipici delle letture del secolo scorso – per calarlo in una dimensione più concreta, più prossima a noi.
Il cuore del dramma beckettiano resta lo stesso: una famiglia chiusa in un eterno gioco al massacro. Ma oggi, dopo il trauma collettivo della Pandemia, il senso di questa segregazione assume nuove sfumature. In quel periodo ci siamo trovati tutti, in un modo o nell’altro, di fronte alla precarietà dell’esistenza, all’incertezza del vivere e del convivere, alla fragilità dei legami interpersonali – e in modo ancora più devastante, di quelli familiari.
La paura del futuro ha finito per erodere il presente, rendendolo uniforme, anestetizzato. La comunicazione mediatica ha scandito e regolato le nostre giornate, riducendo la casa a un bunker esistenziale. E quella che qualcuno ha chiamato “la peste del 2000” ha lasciato dietro di sé piccole e grandi distruzioni – fratture su cui, oggi, possiamo iniziare a riflettere. A distanza di qualche anno, forse possiamo provare a farne buon uso.
La partita è sempre la stessa. Ma il finale non andrà cercato solo in processi filosofici o metafisici. Sarà il Dolore a parlare. E, con lui, le fratture e i cataclismi sociali e politici che il post- 2020 ci ha lasciato in eredità.
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Gabriele Russo
2 dicembre > 7 dicembre
AMLETO²
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Lucia Mascino, Marina Rocco, Elena Lietti e Gabriele Brunelli produzione Teatro Franco Parenti / Fondazione Teatro della Toscana
Una nuova edizione lo spettacolo cult di Filippo Timi. Una rilettura dove ogni gesto o parola diventano gioco e voce personale, provocazione intelligente.
L’artista stravolge il testo shakesperiano, rovescia passioni e personaggi nella stessa gabbia da circo all’interno della quale si consuma un elogio della follia.
Un Amleto spiazzante, comico, furibondo, colorato, dove la tragedia si trasforma in commedia, tra potere e oblio, tra frivolezza e pazzia.
Quello di Timi è un Amleto annoiato, che non ha più voglia di interpretare la monotona storia familiare, non ha più voglia di amare Ofelia, non ha più voglia di niente. Voci fuori campo lo richiamano, invano, al suo destino. Intorno a lui si muovono i personaggi scaturiti dalla sua instabile mente interpretati da Mascino, Rocco e Lietti, sue storiche sodali artistiche. ___
dance&performance
10 dicembre > 14 dicembre
MAY B
coreografia Maguy Marin
musiche originali Franz Schubert, Gilles de Binche, Gavin Bryars
coproduzione Compagnia Maguy Marin, Maison des Arts et de la Culture de
Créteil
May B traduce in movimento la condizione umana alla deriva e lo fa attraverso un linguaggio teatrale crudo, che trasforma il ridicolo, il violento e l’angoscioso in situazioni. La forza della danza deriva dalla sua capacità di rappresentare il mistero della nostra presenza nel mondo. A proposito dello spettacolo Questo pezzo, basato sugli scritti di Samuel Beckett – il cui lavoro contraddice, nel movimento teatrale e nell’atmosfera, la performance fisica ed estetica di un danzatore – ha gettato le basi per la decifrazione dei nostri gesti più intimi, nascosti e ignorati. Riuscire a svelare i gesti minuscoli o spettacolari delle tante vite impercettibili e invisibili, in cui l’attesa e la quiete “non proprio immobile” creano un vuoto, un enorme nulla, uno spazio silenzioso colmo di esitazioni. Quando i personaggi di Beckett anelano alla quiete, non possono fare a meno di muoversi; poco o tanto, si muovono. In questo lavoro essenzialmente teatrale, il nostro intento non era tanto sviluppare parole e discorso, quanto una forma esagerata di movimento, cercando così il punto d’incontro tra il movimento applicato al teatro, da una parte, e la danza e il linguaggio coreografico, dall’altra. ___
26 dicembre > 11 gennaio
DIGNITÀ AUTONOME DI PROSTITUZIONE uno spettacolo di Luciano Melchionna
dal format di Betta Cianchini e Luciano Melchionna regia Luciano Melchionna
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Ente Teatro Cronaca
A grande richiesta torna a Napoli Dignità Autonome di Prostituzione, lo spettacolo
che ha decisamente scardinato le convenzioni classiche del Teatro, con la sua
natura di ‘esperienza’ teatrale, e non solo. DAdP ha una formula consolidata, sulla
quale il regista costruisce per ogni nuova edizione uno spettacolo che si rinnova
ogni sera. Gli attori, rigorosamente in vestaglia o giacca da camera, come
prostitute, adescano e si lasciano abbordare dagli spettatori/clienti che, muniti di
“dollarini”, dovranno contrattare il prezzo delle singole prestazioni, le cosiddette
“pillole di piacere”, monologhi classici e contemporanei scritti perlopiù dall’autore
stesso. Un’esperienza inusuale che vuole emozionare e far riflettere divertendo.
Come dice lo stesso ideatore, autore e regista Luciano Melchionna: «DAdP è uno
stupore nuovamente sollecitato, un teatro che non è auto-celebrativo, ermetico o
fine a se stesso, ma prima di tutto magia e sogno». Un sogno che prende vita negli
spazi più imprevedibili, durante una serata che catapulta lo spettatore in una
dimensione surreale e lo accompagna in un percorso itinerante all’interno della
“casa chiusa dell’arte” più famosa d’Italia. I teatri più importanti delle maggiori città
italiane hanno scelto di trasformarsi nel bordello più famoso d’Italia, vincitore di
numerosi premi e riconoscimenti.
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MIGLIORE
scritto e diretto da Mattia Torre
con Valerio Mastandrea
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
Migliore è la storia comica e terribile di Alfredo Beaumont, un uomo normale che in seguito a un incidente (di cui è causa, di cui sente la responsabilità e per cui sarà assolto) entra in una crisi profonda e diventa un uomo cattivo. Improvvisamente, la società gli apre tutte le porte: Alfredo cresce professionalmente, le donne lo desiderano, guarisce dai suoi mali e dalle sue paure. Migliore è una storia sui nostri tempi, sulle persone che costruiscono il loro successo sulla spregiudicatezza, il cinismo, il disprezzo per gli altri. E sul paradosso dei disprezzati, che di fronte a queste persone chinano la testa e – affascinati – li lasciano passare. ___
22 gennaio > 25 gennaio
THE WALL LIVE
Pink Floyd Legend
Fabio Castaldi voce e basso
Alessandro Errichetti voce e chitarre
Simone Temporali voce e tastiere
Paolo Angioi voce, chitarre e basso
Emanuele Esposito batteria
con
Manfredi Roberti basso
Daphne Nisi Mete e Giorgia Zaccagni voci Anonima Armonisti cori produzione Menti Associate
Dopo il grande successo della Pink Floyd Legend Week dello scorso anno, i Pink Floyd Legend tornano al Teatro Bellini di Napoli con un evento unico: la messa in scena integrale di The Wall, il celebre concept album dei Pink Floyd.
Lo spettacolo sarà una vera e propria Opera Rock dal vivo, che unirà musica, teatro e immagini. Sul palco prenderà vita la costruzione in tempo reale del leggendario muro, elemento centrale della narrazione, che sarà eretto e abbattuto nel corso della performance, riproducendo fedelmente lo storico spettacolo dei Pink Floyd. A rendere ancora più immersivo l’evento contribuiranno performer, proiezioni video mapping e straordinari effetti visivi, creando un’esperienza multisensoriale di grande impatto. Inoltre, saranno presenti scenografie e oggetti di scena fedelmente riprodotti, ispirati a quelli utilizzati dai Pink Floyd nel tour originale di The Wall e in quello più recente di Roger Waters.
I Pink Floyd Legend – Fabio Castaldi (voce e basso), Alessandro Errichetti (voce e chitarre), Simone Temporali (voce e tastiere), Paolo Angioi (voce, chitarre e basso) ed Emanuele Esposito (batteria) – con gli oltre 150.000 spettatori negli ultimi cinque
anni, sono considerati da pubblico e critica la formazione più rappresentativa del panorama floydiano per la qualità, l’intensità e la fedeltà delle loro interpretazioni. Sul palco del Teatro Bellini, al loro fianco, anche Manfredi Roberti al basso, Daphne Nisi Mete e Giorgia Zaccagni alle voci e l’Anonima Armonisti ai cori.
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27 gennaio > 1 febbraio
LA CITTÀ DEI VIVI
liberamente tratto dal romanzo di Nicola Lagioia regia, video e drammaturgia Ivonne Capece
con Sergio Leone, Daniele Di Pietro, Pietro De Tommasi, Cristian Zandonella
costumi e concept visivo Micol Vighi
scene Rosita Vallefuoco
prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, TPE Teatro Piemonte Europa, Teatri di Bari, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro di Sardegna
Un delitto assurdo e brutale scuote Roma nel cuore della notte: due giovani insospettabili torturano e uccidono un coetaneo senza un motivo apparente. Da questo fatto di cronaca realmente accaduto, Nicola Lagioia costruisce un’inchiesta narrativa che scava nel buio delle coscienze, mettendo in discussione il confine tra colpa e normalità, tra mostruosità e quotidiano. Lo spettacolo La città dei vivi porta in scena la discesa in un inferno morale che appartiene non solo ai protagonisti, ma a un’intera società. Roma diventa un personaggio: viva, tentacolare, oscura, capace di attirare e inghiottire. Una città che pulsa di desideri, illusioni, fallimenti. I personaggi si muovono dentro una spirale di fascinazione e repulsione, in un’indagine che è insieme giornalistica, filosofica e teatrale. Attraverso una drammaturgia tagliente e un linguaggio che mescola racconto e confessione, il pubblico è chiamato a guardare dove normalmente si distoglie lo sguardo. La città dei vivi non offre risposte, ma una possibilità: attraversare le tenebre per capirequalcosa in più di noi stessi.
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4 febbraio > 8 febbraio
TRE MODI PER NON MORIRE
Baudelaire, Dante, i Greci
di Giuseppe Montesano
con Toni Servillo
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Tre modi per non morire è il viaggio teatrale à rebours di Toni Servillo, attraverso tre momenti in cui alcuni poeti ci hanno insegnato a cercare la vita. Scritto da Giuseppe Montesano, il testo individua in Charles Baudelaire, in Dante e nei classici greci gli
autori che hanno messo in pratica, e tuttora ci insegnano, l’arte di non morire.
La serata si apre con i versi di Baudelaire che, in Monsieur Baudelaire, quando finirà la notte? racconta come la bellezza combatta la depressione e l’ingiustizia;prosegue con Le voci di Dante, dove i celebri personaggi della Commedia ci appaiono legati tra loro da un racconto che li illumina a partire dal presente; approda infine a Il Fuoco sapiente dei Greci, in cui poesia e filosofia accendono una visione capace di immaginare il futuro.
Il teatro di Tre modi per non morire è una via per ritrovare quelle parole che un attore dice con tutto il suo corpo e la sua mente per nutrire la sua e la nostra interiorità. Siamo inquieti, impoveriti, spaventati, e tutti sentiamo che ci manca qualcosa di cui avremmo un disperato bisogno: ci manca l’amore, ci manca la vita. E allora? E allora non ci resta altro da fare che cercare di diventare vivi. ___
10 febbraio > 15 febbraio
COME GLI UCCELLI
di Wajdi Mouawad
traduzione di Monica Capuani
del testo originale Tous des oiseaux
adattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi regia di Marco Lorenzi
un progetto de Il Mulino di Amleto
spettacolo prodotto con il sostegno di A.M.A. Factory, Elsinor Centro di
Produzione Teatrale, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, TPE – Teatro Piemonte Europa in collaborazione
con Festival delle Colline Torinesi
Come gli uccelli è un incontro che ti sconvolge. Non una semplice tappa nel percorso teatrale, ma un evento che esplode nel mezzo della vita d’artista, lasciando un segno incancellabile. È uno di quegli spettacoli che non si possono mettere da parte, che obbligano a uscire dal proprio guscio, come la tartaruga di Harlem che avanza solo tirando fuori la testa. È grande teatro, quello che osa unire la grande Storia alle piccole storie intime, che ci travolge emotivamente e, allo stesso tempo, ci pone domande politiche e umane urgenti. Il teatro che ci emoziona mentre ci parla dell’Altro e ci sfida ad abbandonare la nostra tribù, a metterci in discussione. È teatro che sa giocare con le forme e i linguaggi, portandoli fino al virtuosismo, ma senza mai smettere di toccare l’anima. Portarlo in scena significa raccogliere una sfida potente. Il Mulino di Amleto ha fatto della ricerca di nuovi confini il cuore del proprio lavoro, e Mouawad ha donato una materia incandescente per spingerli ancora più avanti. Come gli uccelli è anche la possibilità di costruire un cast unico, che mescola attori italiani e internazionali, in un vero e proprio incontro di lingue, biografie e culture. Questo percorso ha richiesto agli attori (e al regista stesso) di abbandonare certezze teatrali, per mettersi in ascolto sottile delle parole, delle relazioni, della presenza. Hanno imparato a recitare in altre lingue – ebraico, tedesco, arabo – affiancati da esperti linguistici e culturali, per rendere la scena un luogo autenticamente multilingue e complesso. Al centro resta la parola: come strumento di guarigione, come rito, come mezzo per dissotterrare la verità, accompagnare i morti, curare i vivi, riconoscerci vulnerabili. Perché Mouawad
costruisce storie in cui perdersi e poi ritrovarsi, dopo un viaggio lungo e commovente. Come gli uccelli è anche una dichiarazione politica. In un’epoca in cui è impossibile restare “fuori” dal mondo, questo spettacolo si pone in dialogo con la realtà globale: multilingue, conflittuale, interconnessa. Racconta che i muri, concreti o immaginari, non hanno più senso. E che solo i ponti ci offrono una possibilità di futuro.
Marco Lorenzi
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17 febbraio > 22 febbraio
LA RIGENERAZIONE
di Italo Svevo
regia Valerio Santoro
con Nello Mascia, Roberta Caronia e cast in via di definizione
produzione Teatro Biondo di Palermo, Teatro Rossetti Stabile del Friuli
Venezia Giulia
La rigenerazione è l’ultimo dei lavori drammaturgici di Italo Svevo, composto tra il 1926 e il 1927. Ed è, come tutti i grandi classici della letteratura e del teatro, un testo che tratta temi universali e sempre urgenti. Svevo si esprime sulla grande questione di tutti i tempi: come affrontare la vecchiaia e la decadenza fisica? È legittimo desiderare di ringiovanire? Scendere a patti di faustiana memoria con il diavolo, consegnarsi alle mani dei medici e dei loro esperimenti? O non è forse più saggio accettare che la vita faccia il proprio corso, accogliendo con naturalezza i mutamenti del nostro fisico e della nostra mente?
Protagonista della commedia è Giovanni Chierici, un uomo segnato da profonde fragilità ma capace di destreggiarsi nel magma della vita, che nel suo caso è un intreccio di feroce comicità e drammatica ironia. La collaborazione tra i Teatri Stabili di Palermo e del Friuli Venezia Giulia, patria di Svevo, vuole rendere omaggio a uno scrittore che ha lasciato il segno non solo in Italia, ma in tutta Europa, influenzando da oltre un secolo la letteratura contemporanea.
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24 febbraio > 8 marzo
SABATO, DOMENICA E LUNEDÌ commedia in tre atti di Eduardo De Filippo regia Luca De Fusco
con Teresa Saponangelo, Claudio Di Palma
e con Alessandro Balletta, Anita Bartolucci, Francesco Biscione, Paolo
Cresta, Renato De Simone, Maria Cristina Gionta, Alessandra Pacifico Griffini, Paolo Serra, Gianluca Merolli, Mersila Sokoli e cast da definire prodotto da Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino –
Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Biondo di Palermo
Dei massimi capolavori del Teatro di Eduardo Sabato, domenica e lunedì è il testo più borghese, quasi cechoviano; la sua conclusione lieta sembra la meno agrodolce, la più sinceramente solare. L’autore dice che anticipa il tema del divorzio, ma a me
non sembra. Talvolta l’opera acquista un valore autonomo dalle intenzioni del creatore. Io penso invece che la lieta riconciliazione di Rosa e Peppino ci commuova oggi forse più di ieri perché evidenzia la capacità di questa grande famiglia di comporre i conflitti. Appena esplode un temporale zia Memé si trasforma da anticonformista in angelo del focolare e i figli, invece di mostrare traumi che si trascineranno per il resto dei loro giorni (come saremmo portati a pensare oggi), sdrammatizzano la plateale litigata dei genitori. Tutti poi sono molto attenti a proteggere il nonno dalle amarezze di una domenica sbagliata. Insomma la famiglia De Piscopo è una vera famiglia, compatta e affezionata ai propri rituali. Ci commuove anche perché sa curare le proprie ferite e tiene alla salute del gruppo come ad un valore. Le donne, com’è giusto che sia, non preparano più la camicia e i calzini ai mariti e non dedicano più ore ed ore alla preparazione del mitico ragù. Quella famiglia si reggeva però su un equilibrio, che non abbiamo ancora ritrovato. Che dire poi della tenerezza che ci fanno Rosa e Peppino? Una che va in crisi per la competizione culinaria con la nuora, l’altro che si inventa una gelosia tolstoiana sul nulla.
Rileggendo questo capolavoro ci viene da rimpiangere più l’equilibrio perduto che l’anticipazione dei futuri conflitti. Ed emerge forse il rimpianto di Eduardo per una famiglia “normale”, da lui mai avuta.
Dal punto di vista della scrittura scenica, mai come stavolta, cercherò di essere un regista-interprete, che non si azzarda a spostare una nota della partitura, come un buon direttore d’orchestra, piuttosto che un regista-demiurgo che tende a diventare il vero autore dello spettacolo.
Nel 2018 misi in scena Sabato, domenica e lunedì nel celebre Teatro Vachtangov di Mosca. In quel caso decisi di usare una mano registica molto lieve, partendo dal presupposto che il pubblico russo non conoscesse la commedia, mai messa in scena, fino ad allora, nella loro lingua. Più vado avanti nel lavoro e più mi convinco che questo atteggiamento sia giusto anche in Italia.
Sia perché sono quasi venticinque anni che non viene rappresentata nel nostro paese, sia perché penso che Eduardo sia come Goldoni: si può interpretare, ma non stravolgere.
Siamo ormai abituati a far coincidere la parola “inquietante” con una definizione elogiativa di uno spettacolo. Ma non è così. Non è detto che far sorridere significhi far uscire dal sentiero dell’arte teatrale: Goldoni, Mozart, Cimarosa lo sapevano bene. E anche noi dobbiamo talvolta ricordarlo.
Luca De Fusco
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6 marzo > 7 marzo
MASSIMO RECALCATI
Torna a grande richiesta al Teatro Bellini il Professor Massimo Recalcati, con due lectio magistralis sulla psicoanalisi.
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10 marzo > 15 marzo
ODISSEA
con Stefano Accorsi
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
Dopo il successo di “Giocando con Orlando” e “Decamerone. Vizi, virtù e passioni” di Marco Baliani, e di “Azul” scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca, Stefano Accorsi si immerge in un nuovo e ambizioso progetto: una rilettura teatrale del mito di Ulisse. Lo spettacolo non sarà un semplice adattamento scenico ma un vero e proprio viaggio nella psiche, nell’animo e nelle avventure del più umano tra gli eroi omerici. Nuovo Teatro prosegue dunque il proprio impegno nel promuovere e creare progetti di qualità capaci di affascinare e coinvolgere il grande pubblico.
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17 marzo > 22 marzo
LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE
di Eugene O’Neill
traduzione di Bruno Fonzi
regia di Gabriele Lavia
adattamento di Chiara De Marchi
con Gabriele Lavia, Federica Di Martino, Jacopo Venturiero, Ian Gualdani,
Beatrice Ceccherini
produzione Effimera, Teatro della Toscana Teatro Nazionale
Lungo viaggio verso la notte è il capolavoro del drammaturgo statunitense Eugene O’Neill. Scritto tra il 1941 e il 1942, fu rappresentato per la prima volta a Stoccolma nel 1956 e vinse il Premio Pulitzer l’anno successivo, dopo la morte dell’autore. Sidney Lumet ne diresse il primo adattamento cinematografico nel 1962, con Katharine Hepburn e Ralph Richardson.
Ambientato nel 1912, il dramma, potente e struggente, racconta una giornata della famiglia Tyrone, tra conflitti, dipendenze e segreti dolorosi. Gabriele Lavia e Federica Di Martino portano in scena questa opera-confessione, “un viaggio all’indietro” nella vita di O’Neill, precipizio impietoso nell’amarezza di un fallimento senza riscatto.
«Le vite degli uomini – scrive Lavia nelle note di regia – sono fatte di tenerezza e
violenza. Di amore e disprezzo. Comprensione e rigetto. Di famiglia e della sua
rovina.»
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dance&performance
26 marzo > 29 marzo
PITE/PRELJOCAJ/TORTELLI
trittico SOLO ECHO | RECONCILIATIO | GLORY HALL
SOLO ECHO
coreografia Crystal Pite
musica Johannes Brahms
produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
RECONCILIATIO
coreografia Angelin Preljocaj
musica Ludwig Van Beethoven, Sonata al chiaro di luna produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
GLORY HALL
coreografia Diego Tortelli
musica Godspeed You! Black Emperor; Oneohtrix Point Never produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
SOLO ECHO
Solo Echo si ispira a due sonate per violoncello e pianoforte di Johannes Brahms e alla poesia “Lines for Winter” di Mark Strand. Come nella poesia di Strand, Solo Echo invoca l’inverno, la musica e il corpo in movimento per esprimere qualcosa di essenziale sull’accettazione e la perdita.
RECONCILIATIO
La danza, arte dell’indicibile per eccellenza, è in grado di svolgere la delicata funzione di svelare le nostre paure, le angosce e le speranze, evocandole. Il duetto prescelto per raccontare il tema della riconciliazione è tratto da Suivront mille ans de calme (Seguiranno mille anni di calma), un lavoro caratterizzato da una venapoetica e impressionista, ispirato a una lettura assidua, ma non letterale, dell’Apocalisse. Per il coreografo, nello spettacolo originale, e tanto meno nel duetto femminile che è stato adattato per “Memorare 2024”, non vanno ricercati quindi riferimenti puntuali al testo di San Giovanni. Si tratta invece di rivelare, svelare e mettere in evidenza (come indica l’etimologia della parola apocalisse: sollevare il velo) elementi presenti nel nostro mondo, ma sottratti ai nostri sguardi. E nella delicata relazione tra le protagoniste del duetto emergono – visibili e invisibili – i temi ai quali facciamo riferimento.
GLORY HALL
Glory Hall è la nuova creazione di Diego Tortelli per i 16 danzatori di Aterballetto, un viaggio sensoriale e ribelle in un luogo di mezzo, sospeso tra luce e oscurità.
In uno spazio nero ma mai realmente oscuro, la coreografia si sviluppa come un rito estatico dove sensualità e spiritualità profana si intrecciano, creando un gioco continuo tra piacere, virtuosismo e la ricerca di una personale versione di gloria.
La danza, ribelle alla narrazione, si rigenera costantemente, lasciando esplodere emozioni effimere, destinate a svanire e rinascere. In Glory Hall tutto è possibile: la musica guida in un crescendo di armonia e trasgressione, per un’estasi che non conosce confini, tra sonorità rock e melodie sinfoniche.
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11 aprile > 26 aprile
GIU-RO
Libera Gioventù Bannata dal Tempo
Versi, canti e testi, drammaturgia di Mimmo Borrelli Liberamente “shak-ispirati” al dramma del Bardo regia Mimmo Borrelli
con la Compagnia Bellini Teatro Factory
e la partecipazione straordinaria di Gennaro Di Colandrea produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
In un Sud post-apocalittico, Romeo e Giulietta diventano simboli di una generazione braccata, senza tempo né futuro. Tra rovine e sogni infranti, Borrelli costruisce un rito scenico visionario e poetico, dove amore e rabbia accendono una ribellione struggente.
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7 maggio > 24 maggio
STATO CONTRO NOLAN
(un posto tranquillo)
di Stefano Massini
regia Alessandro Gassmann
con Daniele Russo e 9 attori in via di definizione
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Biondo
Palermo
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Stagione 2025-2026 | Piccolo Bellini
23 settembre > 28 settembre
INCONTRO
uno spettacolo di Collettivo lunAzione
progetto e regia Eduardo Di Pietro
con Federica Carruba Toscano e Lorenzo Izzo produzione Collettivo lunAzione
Un incontro scolastico. Quella donna che si presenta alla platea degli studenti è sopravvissuta a un disastro, la morte violenta ed accidentale di un fratello innocente. Guardatela. Anche quello studente che si solleva rabbioso, in cerca di attenzione e di senso, è sopravvissuto a un disastro familiare. Nonostante forse il fratello defunto non fosse innocente, guardatelo. Due individui, questi sopravvissuti, che costituiscono la più elementare forma di società, modelli d’umanità estratti dal quotidiano e calati in una situazione estrema. Le loro posizioni sono simmetriche: divorati da un vuoto, entrambi cercano di muoversi tra le macerie del Sud e le rovine delle rispettive esistenze. Il loro incontro incide la nostra vita comunitaria, creando una ferita che ne lascia intravedere le interiora. Guardatele.
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30 settembre > 5 ottobre
LA VACCA
di Elvira Buonocore
regia Gennaro Maresca
con Vito Amato, Anna De Stefano, Gennaro Maresca Produzione B.E.A.T. teatro
Estate torrida in un’imprecisata periferia napoletana. Una terra apatica e schifa, annientata da una volontà di potenza e sviluppo industriale che non conosce legami né bisogni. Qui due fratelli giovanissimi, Donata e Mimmo, vivono un’esistenza piccola e quasi incosciente, ignota agli adulti. Schiacciati dall’indifferenza su un eterno grigiore, i corpi sembrano spenti. Non arde una passione. Eppure qualcosa accade. Donata rompe il quadro grigio della propria adolescenza semplicemente guardandosi. L’inadeguatezza delle sue forme piccole, di quel seno mai sbocciato e tanto voluto, pongono al centro della scena qualcosa che prima era assente: il desiderio. Fonte inestimabile di eventi è il desiderio, che esplode con l’arrivo di Elia, un uomo misterioso, per il quale Donata cova una passione crescente. Luminosa.
Così innescata, la meccanica del desiderio non si può più fermare. Le aspettative dei personaggi, adesso visibili, viaggeranno da sole, mescolandosi tra loro e intimandosi le une con le altre di fare ciò che vogliono. Con delicatezza, con prepotenza.
Una favola neorealista. Una storia in cui, per eccesso di realtà, la fiaba esplode
inevitabile. Costruita su una serie di tentativi, La vacca racconta il desiderio e la sua fragile, radicale esistenza fuori dalle logiche del benessere e del potere. Una storia d’amore e di animali i cui corpi, stando al mondo, sono pronti al saccheggio.
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dance&performance
11 ottobre > 12 ottobre
STELLA
coreografie e regia Luciano Padovani
in scena Luciano Padovani, Roberta Piazza e Andrea Rizzo una produzione Compagnia Naturalis Labor
Il “comunicato numero uno” delle BR viene fatto trovare a Roma ad un giornalista del “Messaggero” avvertito telefonicamente. È all’incirca mezzogiorno di sabato 18 marzo, due giorni dopo il sequestro di Moro. In una busta arancione di formato commerciale, abbandonata sulla parte superiore di un apparecchio per fotografie formato tessera che si trova in un sottopassaggio di largo Argentina, ci sono cinque copie del comunicato e una foto Polaroid che ritrae Moro, in maniche di camicia, seduto sotto una bandiera con la stella a cinque punte e la scritta “Brigate Rosse”.
‘Questo è quanto ci racconta il coreografo Padovani nel suo nuovo Stella. Uno spettacolo che segna un importante momento nella ricerca artistica di Padovani, uno spettacolo dove la maturità del creatore, le approfondite ricerche sull’argomento, il vissuto del coreografo (allora studente universitario in pieno periodo di lotte e di terrorismo) sono presenti, forti, diventano materia plasmata attraverso i corpi e la voce dei due magistrali interpreti, Roberta Piazza e Andrea Rizzo. Con loro entriamo in un covo di brigatisti, quel covo…una scena di interno abitata e mossa da emozioni intense e momenti di grande umanità e poesia, un’atmosfera calda fatta di illusioni e proiezioni, suggerite con grande maestria dalla costumista Lucia Lapolla’.
Elisabetta Calvi
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14 ottobre > 19 ottobre
SPIRITILLI E ALTRI MOVIMENTI
di Enzo Moscato
regia Costantino Raimondi
con Annalisa Arbolino, Liliana Castiello, Carlo Geltrude, Michele Ferrantino e Fiorenza Raimondi
produzione Teenspark di Antonio Nardelli
Spiritilli di Enzo Moscato con Little Peach e Cartesiana formano il trittico Ritornanti,titolo mutuato da Anna Maria Ortese.
Con la messa in scena di Spiritilli, testo del 1982, di Guerra di religione del 1989 e di Trompe l’oeil del 2004, accorpati sotto il titolo di “Spiritilli e altri movimenti”, torno
alla drammaturgia di Enzo Moscato dopo aver messo in scena nel 2004- 06 Aquarium Ardent, realizzato in versione francese a La Imprimerie a Parigi e a La Guillotine a Montreuil.
Il racconto è un momento di affabulazione, è ritornare bambini rimanendo incantati in una storia magica: la fascinazione della favola classica, trasmessa attraverso l’eco di credenze popolari, la casa come luogo metafisico abitato da presenze buone,bonarie o malefiche. La favola narra di vicende tragiche,a tratti comiche,di Nannina,Totore e Tittinella,giovane famiglia alla ricerca di una casa. Gli altri “movimenti”sono due racconti: Trompe l’oeil e Guerra di religione, anch’essi ricchi di atmosfere oniriche tra sacro e profano.
Enzo Moscato è un visionario e viaggiatore instancabile dell’animo- mito,dell’animo-tempesta.Incarna da solo la definizione del poeta in movimento continuo senza mezze misure,la cui opera trasmette il senso fisico del piacere attraverso la potenza figurativa delle immagini e la straordinaria musicalità della lingua. Per le regie dei testi di Enzo, ho utilizzato il mio linguaggio che dal corpo,attraverso il gesto, esprime il pensiero e le emozioni un immaginario collettivo con movimenti obliqui,soffi e sudori. Gli spettacoli si intrecciano e agiscono in azioni del volere o non, partire o restare, entre rêve et réalité.
Costantino Raimondi
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21 ottobre > 26 ottobre
5 novembre > 16 novembre
I POETI SELVAGGI DI ROBERTO BOLAÑO Indagine su cittadini poco raccomandabili
UNA CONFERENZA SPETTACOLO IN TRE CAPITOLI
testo, drammaturgia, traduzioni e voce narrante Igor Esposito regia Daniele Russo e Igor Esposito
voce dei poeti Daniele Russo
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
“Un poeta può sopportare di tutto. Il che equivale a dire che un uomo può sopportare di tutto. Ma non è vero: sono poche le cose che un uomo può sopportare. Sopportare davvero. Un poeta, invece, può sopportare proprio di tutto. In questa convinzione siamo cresciuti. Il primo enunciato è vero, ma conduce alla rovina, alla follia, alla morte”. Basterebbe questo incipit, tratto da uno dei racconti di “Chiamate telefoniche”, a dimostrare la passione che nutriva Roberto Bolaño per i poeti e la poesia. Una passione, un’attenzione e una cura che lo scrittore cileno, ogni volta che ha potuto, ha sempre ribadito esplicitamente. Difatti l’incipit del racconto dal titolo “Enrique Martín” è solo uno dei numerosi indizi che lo scrittore ha disseminato nella sua opera in prosa, dove c’è quasi sempre una porta o una finestra dalla quale si affaccia un poeta o arriva l’eco di alcuni memorabili versi. Questo aspetto emerge anche dalle numerose interviste o dai saggi e discorsi raccolti nel volume “Tra parentesi”. Fino a giungere ad uno dei suoi capolavori: “I detective selvaggi”, dove i due protagonisti, Arturo Belano e Ulises Lima, non sono altro che l’alter ego dello scrittore cileno e del poeta messicano Mario Santiago, fondatori insieme a Bruno Montané, negli anni ’70, a Città del Messico, del movimento poetico denominato l’Infrarealismo. Ma quasi tutti i poeti amati da Bolaño sono ancora inediti in Italia. Ecco allora che la conferenza-spettacolo dal
titolo: “I poeti selvaggi di Roberto Bolaño” prova a costruire un viaggio nella foresta dove svettano, come alberi o fiori imprescindibili, i poeti amati dallo scrittore cileno. Poeti e poesie sulle quali si è plasmata l’estetica e il gusto del grande scrittore cileno. La conferenza-spettacolo si dipanerà in tre capitoli che prenderanno corpo in tre serate, formando un unico flusso narrativo, ma ogni capitolo potrà anche essere ascoltato separatamente. La messa in scena avrà due voci: quella narrante incarnata da Igor Esposito, quella dei poeti incarnata da Daniele Russo e le musiche di Massimo Cordovani.”
Igor Esposito
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dance&performance
1 novembre > 2 novembre
IL CANTO DELLE MANI
liberamente ispirato a La Gatta Cenerentola coreografia Gabriella Stazio
musiche originali Luigi Stazio
musiche E’ Zezi Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco e della tradizione campana
produzione Movimento Danza, Ministero della Cultura, Regione Campania
I gesti, i suoni, i simboli rimbalzano e riecheggiano trasportati dal mare. Nasce così Il canto delle mani su musiche della tradizione popolare campana alternate amusiche originali: uno spettacolo in cui contaminazioni e sovrapposizioni convivono nel medesimo spazio/tempo. Il ritmo della danza si gioca in un susseguirsi di immagini che si compongono e si scompongono dando vita a uno spettacolo in cui la forza evocativa della simbologia arcaica e rituale è “tradotta” in un linguaggio coreografico contemporaneo.
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18 novembre > 30 novembre
TOTALE
drammaturgia e regia Pier Lorenzo Pisano con Gioia Salvatori, Andrea Cosentino
produzione Cranpi, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini con il contributo di MiC – Ministero della Cultura
Totale è la storia di un amore finito. Una lunga lettera d’addio srotolata da lei e da lui, fatta di oggetti, ricordi, strappi e macchie di caffè. Una coppia ridiscute tutto quello che è stato, nella loro storia, nelle loro identità e nel mondo intorno, passando per il mesozoico, per i primi denti da latte, fino al momento della rottura. Due voci ironiche e malinconiche decostruiscono le loro vite e la loro relazione attraverso le cianfrusaglie che le hanno circondate, nel tentativo impossibile di scomporre e dare un valore ad ogni momento insieme, e dare un senso alla fine.
«Le parole che si dicono su un palco creano la realtà, il passato e il futuro. Due voci
impastano le loro parole per creare un mucchio di ricordi, nel tentativo di farli impigliare e sommare in un unico, nuovo, totale. Due linguaggi si uniranno per creare una storia d’amore che nasce e finisce, tra risate, dolori, cianfrusaglie».
Pier Lorenzo Pisano
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4 dicembre > 21 dicembre
NEANCHE PARENTI
creazione e drammaturgia Gabriele Russo e Arianna D’Angiò con la Compagnia Bellini Teatro Factory
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Uno spettacolo collettivo nato in prova, che indaga la famiglia come luogo di legami, conflitti e identità. Un processo aperto, senza copione, che attraversa memorie e ruoli. Non una destinazione, ma un inizio.
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13 gennaio > 18 gennaio
U PARRINU
La mia storia con Padre Pino Puglisi ucciso dalla mafia di e con Christian Di Domenico regia Christian Di Domenico
Mi capita spesso di rimanere stupito quando mi dicono che i grandi, e intendo i grandi uomini, andavano in un posto da mortali come il mare, da corpi di peccatori buttati al sole. D’estate magari, in Sicilia,dentro quel caldo d’inferno. È che uno non se l’immagina proprio. Ma il futuro parrinu di Brancaccio, a Palermo, assassinato dalla mafia nel settembre novantatré davanti casa con un colpo di pistola alla nuca, al mare ci andava eccome. Perché era nu parrinu strano. Anticonformista. Che metteva i calzoni. E ci andava con i ragazzini delle periferie perché, almeno una volta, giocassero lontano dalle strade.
Ecco, la storia di Christian inizia proprio al mare, su una scogliera, precisamente. La mia storia con Padre Pino Puglisi ucciso dalla mafia ; una storia semplice, narrazionedi un attore solo con na pocu di musica. Nu ricordu sfumato, che si snoda tra fatti di cronaca, politica e lotta sin da quella prima giornata di mare coi bambini du parrinu strano coi calzoni.
Lì Christian fa esperienza dell’onore dei mafiosi, obbligati sin da bambini a non chiedere mai scusa a nessuno. Ma il ragazzo impara anche l’onore del perdono, che Pino porterà a san Gaetano di Brancaccio, quartiere con la più alta concentrazione mafiosa dell’intera Sicilia, e che manterrà sempre fino a quel giorno di metà settembre novantatré.
Qualche anno dopo Christian ritorna su quella scogliera. E inizia da lì, dal suo ricordo, a raccontarci di Pino, dell’amico di famiglia, dell’uomo di chiesa, del maestro di scuola. Che aveva imparato a perdonare, in punto di morte, la violenza di chi ne era incapace e già gli puntava la pistola alla nuca. Ed era sicuro che il perdono, con l’esempio e il racconto, potesse essere insegnato.
“Ho incontrato molta gente di Chiesa… e tutti mi hanno detto: non ti preoccupare
che Dio ti perdona… Io, su questo, ho spesso dubitato che possa perdonare uno come me, di quello che ho fatto io… soprattutto adesso che forse ho ammazzato un santo… figuriamoci… quante possibilità di perdono posso avere io?” (Salvatore Grigoli, assassino di Padre Pino Puglisi)
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dance&performance
24 gennaio > 25 gennaio
TO MY SKIN
coreografia Antonio Ruz e Mauro de Candia
danzatori Manuela Facelgi, Nicolas Grimaldi Capitello, Leopoldo Guadagno,
Marta Ledeman, Francesco Russo, Antonio Tello
produzione Cornelia
In ogni parte del mondo le popolazioni stanno provando sulla propria pelle i vari modi in cui il cambiamento climatico può provocare disastri sul nostro pianeta. Attraverso il corpo la compagnia Cornelia vuole interpretare gli effetti estremi del calore e del gelo pensando alle grandi estinzioni di massa. L’obiettivo è di riflettere scuotendo l’animo delle persone che non danno il giusto valore alla tematica, attraverso immaginari apocalittici che fanno parte di periodi storici dilatati e lontani, ma che potrebbero ripetersi. Dipende tutto da noi.
To my skin è un dittico di danza contemporanea che propone due interpretazioni distinte ma complementari dello stesso tema centrale, attraverso le coreografie originali di Antonio Ruz e Mauro de Candia.
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29 gennaio > 15 febbraio
ASFALTO
Poema fisico e musicale per 7 attori
regia e coreografia di Michela Lucenti / Balletto Civile con la Compagnia Bellini Teatro Factory
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
“A partire dalle biografie dei ragazzi coinvolti, Balletto Civile vuole creare uno spettacolo di drammaturgia fisica proponendo un processo artistico in cui la parola è profondamente connessa al corpo.
Si può fare poesia del proprio vissuto, di quello che ci abita? Le vite, raccontate, vengono riscritte in una forma di spoken- word mescolando ritmo e metrica per dare vita a veri e propri monologhi fisici e vocali che attraverso un filo rosso si collegano dando voce a uno spaccato generazionale. In un contemporaneo apparentemente privo di senso proponiamo un viaggio emotivo e
potente nei temi dell’appartenenza, dell’identità, del dubbio. In uno spazio vuoto alla luce di alcune lampadine appese prende vita un poema
fisico che parte dal singolo per diventare comunitario. Un flusso di pensiero in cui gli interpreti si passano il testimone fino ad accordarsi in
una falange vitale che crea, nel vuoto, con i corpi il proprio rito. Un lavoro di gruppo sulla potenza dell’agire e del reagire, per dare voce in modo irruento costruendo insieme un pensiero sull’urgenza di condividere, creare, rispondere.”
Michela Lucenti
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dance&performance
19 febbraio > 22 febbraio
AU REVOIR MIROIR
L’eterno viaggio alla ricerca della felicità
un’opera di danza per sette danzatori, cinque attori e cinque specchi coreografie Paolo Mohovich
drammaturgia e testo Cosimo Morleo
musiche originali eseguite anche dal vivo Max Fuschetto
danzatori / EkoDance Project Francesca Raballo, Gaia Triacca, Andrea Carozzi,
Miu Sasaki, Leonardo Urgese, Chiara Colombo, Jennifer Mauri
attori / Teatro dell’Altro Andrea Car, Davide Bombardelli, Marco Greco, Sara
Mozzi Zangari, Davide Sardella
produzione Teatro dell’Altro
Au revoir miroir è il solitario percorso di ricerca di sé, del proprio posto nel mondo e
della felicità. Il titolo richiama l’atto simbolico del congedarsi dal proprio riflesso:
uno specchio che diventa metafora di confronto con il proprio passato, le
aspettative e le paure che accompagnano ogni esistenza. Tre diverse declinazioni
dell’amore accompagnano il cammino della protagonista: il primo amore, l’amore da
attraversare e l’amore incondizionato. Paolo Mohovich ha sapientemente intrecciato
il linguaggio della prosa con quello della danza, creando una straordinaria fusione
artistica.
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24 febbraio > 1 marzo
IL SEN(N)O
di Monica Dolan
titolo originale The B*easts
dramaturg e traduzione Monica Capuani
adattamento e regia Serena Sinigaglia
con Lucia Mascino
produzione Teatro Carcano
Alla fine tutto si riduce a una sola domanda: pensiamo che il seno sia una cosa oscena oppure che sia quello che è e basta?
Una psicoterapeuta si trova a dover valutare un gesto mai compiuto prima. Una madre ha preso una decisione sul corpo di sua figlia e questa decisione scatena intorno a lei una serie di conseguenze e di reazioni sempre più fuori controllo.
Un monologo volutamente sfidante, Il Sen(n)o ci conduce nell’esplorazione di un
tema terribilmente attuale: come l’esposizione precoce alla sessualizzazione e alla
pornografia nell’era di internet abbiano inciso profondamente sulla nostra cultura.
Scritto da Monica Dolan e tradotto da Monica Capuani, dopo un enorme successo in
Inghilterra Il Sen(n)o debutta per la prima volta in Italia interpretato da Lucia
Mascino con la regia di Serena Sinigaglia.
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3 marzo > 15 marzo
L’ULTIMA CORSA DI FRED
tre febbraio millenovecentosessanta
di Mario Gelardi e Giuseppe Miale di Mauro regia Peppe Miale
con Massimo De Matteo
e con Floriano Bocchino (pianoforte), Ciro Riccardi (tromba), Claudio Marino (batteria)
produzione Ente Teatro Cronaca
3 febbraio 1960, una Ford Thunderbird sfreccia per le strade di Roma alle sei e venti del mattino.
La folle corsa di quell’auto verrà fermata da un camion con cui si scontrerà.
Non occorre molto perché gli inconsapevoli spettatori di quella scena si rendano conto che, alla guida di quell’auto, c’è Fred Buscaglione.
Una vita ed un successo lampo, finita con altrettanta immediatezza, una vita tra il fumo dei locali italiani ed europei a interpretare il ruolo del taciturno e imprevedibile cantante da night, un ruolo che forse non gli apparteneva tanto.
Una storia raccontata da un testimone casuale, di quella vita breve, appena quarant’anni, un fan qualunque come ce ne sono ancora oggi.
- il sogno del fan. Che non immagina ad occhi aperti ma agisce, fa, ripete fisicamente replica il mito. E nel mito specchia il proprio vissuto, rendendolo per quanto possibile parallelo alle vicissitudini dell’Altro. Altro che il Fan scruta, spia, insegue, ma non raggiunge mai. Anche perché l’Altro, infine, schizza via e la scelta da fare, stavolta, è diversa.
Peppe Miale
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17 marzo > 22 marzo
VAUTOURS (AVVOLTOI)
di Roberto Serpi
interpretato e diretto da Sergio Romano, Roberto Serpi, Ivan Zerbinati produzione Fondazione Teatro Due
In un indefinito ambiente sotterraneo vivono tre uomini che hanno perso l’unica
cosa che conta davvero: il loro lavoro. Avere un’occupazione stabile è il solo modo di esistere e di non essere soli al mondo, ma ora è tutto perduto. I tentativi per rientrare in Azienda si succedono in un crescendo goffo ma inarrestabile che mette a nudo la loro vera anima fino a quel momento assopita dalla routine. Uno spaccato cinico di un’umanità anestetizzata moralmente ed eticamente che non si ferma davanti a nulla per raggiungere lo scopo, e che non piange e non ride più, da un bel po’ di tempo. Un avvoltoio appollaiato che aspetta la sua carogna.
Per gli attori Vautours (Avvoltoi) è un vero gioco dai ritmi serrati, che segue le orme della struttura del giallo e oscilla fra la tensione di un continuo sentimento di sospensione e le paradossali conseguenze a catena innescate da una irresistibile dinamica testuale.
Un lavoro di messa in scena corale che, in un ambiente nudo e privo di appigli scenografici o sonori, fa risuonare con maggiore potenza la delicata intensità del lavoro degli attori, impegnati in un’indagine sulla ricerca del proprio posto nel mondo, forse addirittura sul senso della vita.
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24 marzo > 29 marzo
CHI RESTA
uno spettacolo di Matilde Vigna e Anna Zanetti
testo Matilde Vigna
regia Anna Zanetti
con Daniela Piperno, Matilde Vigna
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, La Corte Ospitale
Una figlia perde l’ultimo genitore, la madre, e rimane sola a doversi occupare di ricostruire una vita propria a partire dai cocci della vita di prima. I ricordi arrivano all’improvviso, inattesi, dolorosi, e si fanno concreti, perché la madre compare, come per magia, ad aiutare la figlia ad uscire da queste tenebre apparentemente senza fine. Perché i nostri morti sono sempre con noi, appena al di là del nostro sguardo. Il progetto registico di Matilde Vigna e Anna Zanetti sviluppa le immagini racchiuse nel testo attraverso un lavoro sulla relazione tra due attrici, nella cornice di un paesaggio interstellare fatto di video, luci e sonorizzazioni. Questo spettacolo parla delle responsabilità che sommergono, della grottesca burocrazia post-mortem, di un dolore che divora tutto e che riporta all’infanzia. La madre però è ancora lì e ci accompagna in un fantastico viaggio oltre la gravità terrestre fino ai buchi neri: un viaggio cosmico, scientifico, narrativo e visivo. ___
dance&performance
11 aprile > 12 aprile
NOĒSIS
coreografia Vincenzo Capasso
regia e drammaturgia Vincenzo Capasso e Martina Fuccillo produzione Corporea-mente
La siepe del divieto, e dietro, le infinite possibilità della libertà. La libertà di fare, la libertà di scegliere e di rompere in fine i lacci del potere. Cinque danzatori esplorano il dubbio, si interrogano sul significato della parola equilibrio, ricercano il fondamento della condizione umana. E portano in scena il divenire verso l’ignoto. ___
14 aprile > 19 aprile
WEEK-END
di Annibale Ruccello
regia Martino D’Amico
con Sabrina Scuccimarra, e cast in via di definizione produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi
Il fine settimana di una professoressa di lingue, di origini meridionali, trapiantata a Roma: Ida. Una zitella acida e zoppa, sola, nella cui giornata, fatta di piccoli e grotteschi riti quotidiani, s’insinua qualcosa di torvo….
La donna seduce Narciso, un idraulico più giovane di lei, e sembra avere macabri istinti sessuali anche su Marco, un adolescente a cui è solita dare ripetizioni pomeridiane. La casa, unico ambiente della pièce, sembra rispecchiare i suoi frammenti identitari, assumendo così un aspetto triste, sinistro, macabro ed inquietante; in realtà, l’autore si diverte con lo spettatore, e sembra volerne sfidare l’indole voyeuristica e la tendenza a giudicare.
Ruccello, infatti, definisce questo testo un esperimento sullo spettatore.
Le scene, una dopo l’altra, svelano un diverso aspetto dei personaggi, offrendo loro un’altra possibilità, un’umanità toccante e profonda, che disorienta via via qualunque affrettata valutazione. La solitudine di Ida acquista man mano una struggente vitalità. Il finale, del tutto inaspettato, è uno spiazzamento totale.
Le musiche vanno da Mozart ai Ricchi e Poveri ; il parlato, dal dialetto stretto all’italiano … come a voler attestare e difendere, attraverso forme tanto differenti fra loro, la libertà e la possibilità di vivere in modo diverso, al di là di ogni consuetudine e tradizione.
Martino D’Amico
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21 aprile > 26 aprile
FAVOLA
testo di Fabrizio Sinisi
regia, scena, costumi Giorgia Cerruti
in scena e in video Giorgia Cerruti e Davide Giglio
con la partecipazione video di Elvis Flanella e di Ulla Alasjarvi
Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia, realizzato in coproduzione con TPE/Teatro Piemonte Europa, CTB/Centro Teatrale Bresciano, Teatro della Città/Catania, Gli Scarti/La Spezia
Una donna e un uomo, due genitori, sono chiusi in una stanza. Per una ragione oscura che viene nominata solo alla fine, non possono uscirne. In questo spazio
claustrofobico, dominato da un grande muro-schermo, la donna inscena tre visioni. In ogni episodio lei “G.” e il marito “D.” sono protagonisti di una violenza, una sopraffazione dell’uomo sulla donna, del potente sull’inerme. Sul palco – luogo del reale – i protagonisti G. e D. ripercorrono le favole del proprio dolore, ogni giorno, nell’arco temporale che sta tra il sonno e il risveglio. Il ponte di accesso a questa via oscura è un grande schermo che genera visioni: è il cranio di G., il luogo del rimosso, della trasformazione, o il setaccio della memoria di sequenze perdute. FAVOLA attraversa i territori della realtà e del sogno, creando un’osmosi tra i linguaggi specifici del palcoscenico e della video-art. Ogni episodio è un punto di snodo della modernità occidentale, un momento chiave per capire la contraddittoria identità del presente. La “piccola” storia personale dei protagonisti è una cornice scatenante che allaccia un’opera in cinque atti (un prologo, tre sogni, un epilogo) dove il braccio maestro è un teatro politico poeticamente incastonato nella tragedia dei perdenti, di coloro che – nella grande Storia – scompaiono affinché sorga una nuova civiltà, in una parata inarrestabile di diseguaglianze. Fabrizio Sinisi, enfant prodige della drammaturgia nazionale, premiato col Premio Nazionale dei Critici diTeatro, scrive appositamente per Davide Giglio e Giorgia Cerruti – anime fondatrici della Piccola Compagnia della Magnolia – un testo abissale e visionario, poetico e politico, un gran teatro del mondo severamente affacciato su un barocco postmoderno e fiammeggiante. La creazione di Piccola Compagnia della Magnolia, ispirata al Calderón di Pasolini, è idealmente dedicata al poeta friulano.
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5 maggio > 10 maggio
LA SEMPLICITÀ INGANNATA
di e con Marta Cuscunà
co-produzione Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto
La Semplicità ingannata riporta alla luce la voce di un gruppo di giovani donne che, nel Cinquecento, lottarono contro le convenzioni sociali, rivendicando libertà di pensiero e di critica nei confronti della cultura maschile.
La Semplicità ingannata parla del destino collettivo di generazioni di donne e della possibilità di farsi “coro” per cambiarlo.
Nel Cinquecento avere una figlia femmina equivaleva ad una perdita economica: agli occhi dei padri era una parte del patrimonio economico della famiglia che andava in fumo al momento del matrimonio. Una figlia bella e sana era economicamente vantaggiosa perché poteva essere sposata con una dote modesta. Una figlia brutta o con qualche difetto fisico necessitava invece di una dote più salata. Per questo i padri di famiglia escogitarono una soluzione alternativa per sistemare le figlie in sovrannumero: la monacazione forzata.
Arcangela Tarabotti e le Clarisse del Santa Chiara di Udine attuarono una forma di resistenza all’utilizzo delle vocazioni religiose a fini economici davvero unica nel suo genere. Queste donne trasformarono il convento in uno spazio di contestazione, di libertà di pensiero, di dissacrazione dei dogmi religiosi e della cultura maschile con un fervore culturale impensabile per l’universo femminile
dell’epoca. L’Inquisizione cercò con forza di ristabilire un ferreo controllo sulle Clarisse di Udine, ma le monache riuscirono a resistere per anni facendosi beffe del potere maschile e creando una sorprendente micro-società tutta al femminile, in un tempo in cui le donne erano escluse da ogni aspetto politico ed economico della vita. La semplicità ingannata non è un documentario ma un progetto artistico dove il teatro è anche la possibilità di considerare il dato storico come un punto di partenza per un racconto che abbia come soggetto la società contemporanea. Questo approccio implica l’elaborazione di una storia non da una prospettiva documentaristica ma attraverso una visione artistica e posizionata, disposta anche a varcare i confini del conosciuto, del filologico e del politicamente corretto.
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dance&performance
16 maggio > 17 maggio
THE FRIDAS
coreografia Sofia Nappi
in collaborazione con i danzatori Paolo Piancastelli, Adriano Popolo Rubbio produzione Komoco
The Fridas è un duetto ispirato al dipinto Le due Frida di Frida Kahlo, ed esplora il complesso tema dell’identità umana attraverso un rapporto di complicità e contrasto tra due danzatori. Movimenti speculari e divergenti incarnano conflitti e armonie interiori, così come l’espressività fisica e l’uso dello spazio (nel linguaggio Komoco considerato elemento vivo capace di unire e dividere), rappresentano due elementi complementari ed essenziali nella ricerca. Il rapporto tra i due personaggi in scena va però oltre il semplice dualismo. Attraverso gesti che rivelano intimità e vulnerabilità, sfidando le convenzioni sulla mascolinità, i danzatori attraversano stati emotivi e diventano veicolo espressivo delle migliaia di sfaccettature contenute in ogni singolo individuo. Il dipinto “esplode”, e il duetto riflette così l’ambiguità e le molteplici personalità che contraddistinguono anche Kahlo nella sua stessa persona: “Dentro di me si nascondono più identità, sono un mélange. Un mix tra una messicana e un’indigena, ma anche una messicana e un’europea. Sono una pittrice e una moglie. Amo le donne e gli uomini […]. Nel mio quadro voglio rappresentare proprio questo: tutta la mia ambiguità, no, non l’ambiguità, le mie tante personalità, la mia complessità”. (Da “L’amante segreto di Frida Kahlo” di Caroline Bernard). Pensato sia per spazi teatrali che non convenzionali e museali, The Fridas si presta a essere osservato da diverse prospettive, aggiungendo così sfumature alla ricerca sull’essenza umana e celebrandone la complessità. Il finale invita però a un’accettazione ironica del caos della vita: attraverso movimenti parodistici i danzatori trovano nell’umorismo il balsamo per continuare ad affrontare le sfide dell’esistenza.
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19 maggio > 24 maggio
METAFORICAMENTE SCHIROS
di Beatrice Schiros e Gabriele Scotti
coproduzione ATIR – Teatro Carcano
con il sostegno di NEXT ed. 2024/2025 Progetto di Regione Lombardia e
Fondazione Cariplo
Un rito psicomagico di ritorno al teatro che diventa un racconto di vita appassionante, esilarante, commovente.
Non vorrebbe, Beatrice, essere lì sul palco. Eppure qualcosa accade. Un primo ricordo, un aneddoto, una risata, e il racconto di un’intera esistenza prende forma, passo dopo passo, senza soluzione di continuità, attraverso un ventaglio di episodi, personaggi, pensieri che toccano tutti i temi dell’umano.
Un monologo fuori dai denti e sfacciato, delicato e amaro, nel mezzo del cammin di nostra vita, in cui Beatrice fa il punto su di sé e sulla propria esistenza.
Un racconto personalissimo eppure universale, dove ciascuno può trovare pezzi di sé, tra risate e lacrime, perché tutti ci siamo imbarcati in relazioni improbabili, abbiamo perso qualcuno di importante, siamo caduti più e più volte per poi doverci rialzare, siamo figli e viviamo il grande mistero: i genitori, cui tanto dobbiamo, nel bene come nel male.
Uno spettacolo dalla forma essenziale e denso di vita, in grado di portarci al cuore del teatro creando un fortissimo legame empatico tra attore e pubblico grazie alla sua grande interprete, Beatrice Schiros, qui per la prima volta anche autrice insieme al compagno di viaggio Gabriele Scotti.
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28 maggio > 31 maggio
TUTTO SHAKESPEARE MINUTO PER MINUTO di Andrea Ciof
liberamente ispirato a “The complete works of William Shakespeare” di Adam
Long, Daniel Singer e Jess Winfield
regia Andrea Ciof
con Mario Cangiano, Andrea Ciof, Sara Guardascione, Davide Mazzella,
Simone Mazzella
produzione ARCHÈ, Cercamond
Cinque attori sono in scena con un’unica, bislacca missione: rappresentare tutto il repertorio di William Shakespeare in meno di un’ora e mezza.
Unico ostacolo a questa impresa, loro stessi: i loro egocentrismi, l’approccio diverso al teatro per ciascuno di loro, l’ignoranza e la presunzione mineranno, minuto dopo minuto, la riuscita di questo esperimento.
O no?
Tra citazioni semi-colte, gag improbabili e dialoghi surreali, la compagnia di scalmanati attori darà vita ad un vero e proprio gioco con il pubblico in quello che è, a tutti gli effetti, un atto di amore verso William Shakespeare.
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