Di: Sergio Palumbo

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Napoli non è soltanto lo scenario delle vicende poliziesche che hanno come protagonista il commissario Abruzzese. E’ la città la vera protagonista, con la sua attualità di degrado ambientale e sociale e, per contrasto, il fascino perenne delle sue memorie: storia e arte che si materializzano nei mille luoghi-simbolo partenopei. Ed ecco la vicenda portarci per le vie cariche di ricordi storici, davanti e dentro monumenti noti in tutto il mondo – Maschio Angioino, Castel dell’Ovo, le chiese ed i palazzi di un’antica nobiltà – ma anche lungo le grotte di tufo del golfo, che specchiano nel mare il loro misterioso fascino caro alla profetica Sibilla. Ogni pietra delle vecchie case, ogni anfratto del dedalico sottosuolo può conservare preziose reliquie. C’è chi svenderebbe per meschini interessi questo patrimonio e ne farebbe merce di scambio in transazioni criminali. Ma ecco, per contrasto, chi affronta il carcere pur di additare all’indifferenza della gente il valore di appartenere a quella città dove vennero a concludere la loro esistenza Virgilio, Leopardi, Marino e dove visse e operò il Vico. La paradossale scoperta che qualcuno, violando le supposte tombe di quegli illustri personaggi, avrebbe tentato di trafugarne i preziosi resti è contemporanea all’uccisione apparentemente inspiegabile del soprintendente ai beni culturali. Sono gli stessi gli artefici del duplice reato? E quale ne è il movente? Le indagini del commissario fanno sfilare davanti ai nostri occhi una ricchissima galleria di personaggi: barboni, attricette, ambigui legulei e pescecani d’alto bordo, gente che vive alla giornata e ricchi lestofanti dell’alta borghesia. Su tutto incombe il destino paradossale di questa splendida città, che si fa amare disperatamente e disperatamente odiare, con i suoi contrasti insanabili tra lo splendore del suo cielo e la sporcizia dei suoi vicoli, tra le glorie del passato e il degrado morale che scatena la violenza e insanguina ogni giorno i suoi quartieri, tra la dignità del suo popolo e l’arroganza di una delinquenza che ha gettato l’antico senso dell’onore tra i rifiuti delle sue strade.

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