Di: Emiliano Bedini

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Fenomeno editoriale nei paesi di lingua tedesca, dove ha venduto quasi un milione di copie in meno di un anno, “La misura del mondo” di Daniel Kehlmann è un raffinato romanzo biografico, anzi doppiamente biografico, in quanto narra le vite parallele di due illustri scienziati dell’Illuminismo tedesco: Carl Friedrich Gauss, matematico, e Alexander von Humboldt, naturalista, geografo ed esploratore. Le due vite non sarebbero potute essere più dissimili. Gauss impegnato sin da giovanissimo a risolvere problemi matematici di difficoltà inaudita per quei tempi, tenacemente chiuso nella misura del perfetto universo matematico, deciso a rifuggire la banalità del mondo. Von Humboldt invece attirato, quasi fino al parossismo, dalla voglia di viaggiare, di conoscere il mondo e soprattutto di misurarlo: l’altezza dei vulcani, la lunghezza dei fiumi, finanche il numero dei pidocchi in testa agli indigeni dell’Orinoco. Tuttavia, pur conducendo vite lontanissime, i due scienziati ormai anziani finiscono per incontrarsi, così come le rette parallele di Gauss, ed a diventare amici nel nome della scienza.

Quale può essere il segreto dello straordinario successo che ha avuto in Germania, Austria e Svizzera il libro di uno scrittore poco più che trentenne, che non parla di segreti templari, maghetti o avvocati investigatori bensì della vita di due scienziati di due secoli fa? Probabilmente il bilancio pressoché perfetto fra una narrazione scorrevole piena di dialoghi piacevolissimi e gustose trovate romanzesche, un’accuratezza storica rigorosa ma mai cattedratica e riferimenti scientifici e filosofici tutt’altro che banali. Il tutto condito con una robusta dose di irridente ma appassionato humour ed una spruzzata, qui e lì, anche di divertente autoironia. Insomma un colpo di genio di un autore che, seppur ancora molto giovane, già si candida ad un ruolo di primo piano nella letteratura europea dei prossimi decenni.

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