Di: Sergio Palumbo

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Quale cultore del giallo classico prenderebbe sul serio un detective in erba dal buffo nome di Rosalino Catalfamo, palermitano doc, che gira con una pistola in un sacchetto di plastica, arma che lui crede finta e invece spara e uccide davvero? Lui, l’eroe senza macchia e senza faccia, nel senso che passa dovunque inosservato, pensa di essere il protettore di bionde in pericolo e invece ne è lo zimbello; pensa di avere scoperto degli omicidi, ma le presunte vittime sono vive e vegete. Solo dai giornali infine apprenderà di avere ucciso lui, con la pistola che credeva una scacciapensieri, il presunto assassino che tale non era, pur essendo un costruttore di pochi scrupoli e un marito infedele con un debole per le bionde. Insomma il nostro eroe, che malgrado due lauree era disoccupato e si fa ingaggiare come improvvisato detective dal ricco cugino, in questa professione lascia molto a desiderare. Tuttavia, aver eliminato il losco dongiovanni che gli era profondamente antipatico è così gratificante che Rosalino penserà di avere finalmente scoperto la sua vocazione: diventerà una specie di giustiziere della notte.

Il romanzo di Gianfrancesco Turano non è però soltanto una divertente parodia del giallo, con i suoi luoghi comuni. E’ soprattutto una ironica quanto affettuosa rappresentazione della “sicilianità” nei suoi aspetti più solari ma anche in quelli cupi, nelle attraenti peculiarità climatiche e gastronomiche dell’isola quanto nei torbidi maneggi della malavita che ne sono l’oscuro sfondo. Il protagonista però non è il Montalbano della situazione e la sua disarmante ingenuità è tanto più comica quanto più lui crede davvero di poter affrontare da solo il mondo dei furbi e dei violenti.

Divertenti campioni di questa “sicilianità” sono anche altre figure del romanzo che restano impresse nella memoria del lettore, come quella del vecchio pensionato-filosofo Don Fernando con le sue curiose idee sulla genesi del crimine – esposte sorseggiando del buon rosso di Pachino – o l’autista con i suoi numerosi figli dai nomi in ordine alfabetico. Insomma, l’opera di Turano diverte e fa pensare, in un linguaggio che sposa un italiano forbito a spassose incursioni nel pittoresco vernacolo siciliano.

Link: il sito di Dario Flaccovio Editore – www.darioflaccovio.it