Di: Sergio Palumbo

Tempo di lettura stimato: 2 minuti

La volontà di rilanciare in Italia e nel mondo l’immagine di Napoli, deturpata dalle recenti vicissitudini, ha prodotto quest’anno una serie di eventi culturali e artistici di eccezionale rilievo, dal grande concerto al balletto eseguiti da sommi interpreti dei rispettivi settori, da Zubin Mehta a Roberto Bolle. Tra tali iniziative si colloca lo spettacolo organizzato dal Teatro San Carlo all’Arena Flegrea, dove ieri sera è stata rappresentato “Il Barbiere di Siviglia”. Una scelta felice quella del capolavoro di Rossini, che, inserendosi nel filone dell’opera buffa, la rinnova profondamente, collocando i personaggi su un piano umano e familiare di felice concretezza, che rispecchia la nuova realtà sociale dell’uomo scaturito dalla Rivoluzione francese, con lo spirito della borghesia che si sostituisce al vecchio mondo aristocratico. Basti pensare al personaggio centrale di Figaro (ieri interpretato da un egregio Roberto De Candia), già tutto presente nella famosa cavatina “Largo al factotum della città”: contento di sé, felice di vivere, generoso e disinvolto, a disposizione di tutti ma al tempo stesso incorreggibile chiacchierone e pronto a tutto alla vista di “quel metallo portentoso, onnipossente”, davanti al quale la sua mente diventa un vulcano di fantasie e di trovate atte a gabbare il tirannico tutore della bella Rosina.

C’è tanta “napoletanità” nei personaggi rossiniani, che coniugano lo spirito serio e appassionato presente, ad esempio, in certe arie del conte di Almaviva, con la verve comica e l’ironia maliziosa così tipica del compositore pesarese.

Siviglia dunque come Napoli: Figaro potrebbe avere bottega in un qualsiasi quartiere partenopeo e Rosina potrebbe essere una bella “guagliona” di casa nostra, appassionata e scaltra, che sa quello che vuole ed è capace di ordire “mille trappole” con femminile furbizia pur di ottenerlo. Questa profonda affinità è stata felicemente sottolineata ieri sera da uno strepitoso Bruno Praticò nelle vesti di Don Bartolo, che inserendo battute in dialetto napoletano nel testo classico ha più volte strappato le risate e gli applausi del pubblico, dando una nuova dimensione di irresistibile simpatia alla figura del vecchio tiranno.

L’amabile bonomia dei personaggi rossiniani è il risultato di quella felice alchimia che trasforma le miserie umane in motivo di smaliziato sorriso e ne stempera ogni drammaticità nella briosa leggerezza della musica. E non è forse la musica che, diffondendosi per ogni più sudicio vicolo, ha sempre steso il suo incanto sugli aspetti più squallidi e dolenti della realtà napoletana?

Limpida e sicura la voce del tenore Siragusa, appassionato e al tempo stesso vivacissimo conte d’Almaviva, brillante e padrona della scena con la grazia e il garbo che il ruolo richiede, Laura Polverelli nelle vesti di Rosina. Ottima la regia, che senza snaturare la impostazione tradizionale ha sottolineato la modernità e il realismo della vicenda, che nell’opera comica spesso cozza con le esigenze del “bel canto”. Ma l’ironia di Rossini sta proprio nel prendere le distanze dalle convenzioni del genere ed è la verve maliziosa degli attori che deve interpretarla nel modo più idoneo: impresa perfettamente riuscita a regista e interpreti dello spettacolo.

Ringraziamo l’ufficio stampa del Teatro San Carlo (www.teatrosancarlo.it) per averci dato l’opportunità di raccontare questo evento.