Di: Sergio Palumbo

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L’ultimo appuntamento del San Carlo Opera Festival, iniziato la scorsa estate con la Madama Butterfly, la Cavalleria Rusticana e Zorba il Greco, è all’insegna dell’opera comica, con il capolavoro di Gaetano Donizetti, l’Elisir d’amore, dopo nove anni dall’ultima rappresentazione al Lirico napoletano.

Nonostante il contesto particolarmente turbolento, con Nicola Luisotti che ha da poco lasciato la direzione musicale del Teatro San Carlo, il direttore del coro, Salvatore Caputo, dato ormai in uscita dal Massimo napoletano, ed un’orchestra che assiste non senza preoccupazione a ciò che accade ai colleghi del Teatro dell’Opera di Roma, la rappresentazione riesce egregiamente senza sbavature, né dal punto di vista musicale, né dal punto di vista registico e scenografico.

La più piacevole sorpresa di questo Elisir è la splendida scelta del regista Riccardo Canessa di ambientare la vicenda in un meraviglioso presepe, con una scena che sembra un San Gregorio Armeno vivente (un’unica, amabile, scena fissa firmata da Poppi Ranchetti ) e complici i costumi di Artemio Cabassi, che veste i protagonisti ed il coro come se fossero i pastori che si vedono nella celebre via napoletana, senza una precisa collocazione temporale, anzi in un immaginifico miscuglio di epoche, che tanto ricorda i presepi dei maestri artigiani napoletani.

Sebbene molto criticata dopo le prime rappresentazioni, la direzione musicale di Giuseppe Finzi è diligente ed abile a rendere le sfumature della partitura donizettiana, anche grazie ad un’orchestra che, seppur orfana del direttore musicale, resta uno dei più grandi tesori della città partenopea. Salvatore Caputo dirige un coro impeccabile, che rende perfettamente la vivacità e la gioiosità dell’opera.

Nella serata dell’11 ottobre, il ruolo di Nemorino è stato affidato a Leonardo Cortellazzi, tenore dal timbro caldo e dotato di grande espressività non solo vocale ma anche scenica, che emoziona durante la celebre romanza “Una furtiva lagrima” e che rende frizzanti ed accattivanti i duetti con Adina, con Dulcamara e con Belcore. Grazia Doronzio, cui sono stati tributati gli applausi più calorosi della serata, è un’Adina dolce e radiosa, che esprime il meglio di sé nell’aria “Prendi, per me sei libero”. Se qualche melomane può aver storto il naso per le licenze napoletaneggianti di Nicola Alaimo nel ruolo di Dulcamara (“Gennarì, ‘a tromba!”), la sua cavatina di sortita (“Udite, udite, o rustici!”) è irresistibile e cantata con maestria e sapida fantasia, mentre il Belcore di Mario Cassi è probabilmente eccessivo nel suo intento caricaturale. Bene Marilena Laurenza nel ruolo di Giannetta.