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Giovedì 23 ottobre 2014, Teatro Nuovo di Napoli

Progetto Ritmos Vocales di Enzo Moscato

Al via la stagione teatrale del ‘palcoscenico partenopeo’ con una suite di

tre rendez-vous teatrali e un laboratorio di e sulla scrittura teatrale

Prenderà il via, giovedì 23 ottobre 2014 alle ore 21.00, la stagione teatrale 2014/2015 del Teatro Nuovo di Napoli, ospitando Ritmos Vocales, un progetto di Enzo Moscato che proporrà, all’interno della stagione teatrale, gli spettacoli Tà-Kài-Tà, Napoli ’43, un nuovo allestimento di Luparella ed un laboratorio di approfondimento generale sulla scrittura.

I tre allestimenti di Moscato, opere, per forma e contenuti, diversissime e autonome tra loro, sono accumunati in questo progetto scenico-laboratoriale, concepito apposta per lo spazio del Teatro Nuovo, dalla ben nota e straripante passione per le sonorità, le voci, le lingue, gli idiomi, dell’autore-attore-regista partenopeo.

Quei ritmos vocales, appunto, che, da circa un quarantennio, a teatro, nella musica, nel racconto, nella poesia, non smettono di affascinare-ferire l’orecchio, ma anche tutti gli altri sensi di chi ascolta o vede, per la prima volta o per l’ennesima, le scritte e recitate allucinazioni di Enzo Moscato.

Una realtà, ipernota e sconosciuta, sgarrupata e scintillante, familiare ed estraniata, che rappresenta l’anima imprendibile di Napoli e la cifra stilistica moscatiana.

A inaugurare il progetto e la stagione teatrale, giovedì 23 ottobre (in scena fino a domenica 26), sarà lo spettacolo Ta Kai Ta’ di Enzo Moscato, con Isa Danieli ed Enzo Moscato. La ragione principale della scrittura di questo testo è che, in tutta Europa, se non in tutto il mondo, è l’unico lavoro su Eduardo De Filippo scritto non da Eduardo di Filippo.

L’allestimento è un omaggio originale, creativo, non conformista che il drammaturgo partenopeo dedica alla figura di Luisa (‘Luisella’) De Filippo, secondogenita di Eduardo, morta bambina nell’ultimo scorcio degli anni ’50. Quasi simbolo e metafora di quel breve vento di rinnovamento che carezzò Napoli dopo la seconda guerra mondiale.

Dal 30 ottobre al 9 novembre, Enzo Moscato porta in scena Napoli ‘43 con Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Enzo Moscato Salvatore Cantalupo, Enza Di Blasio, Lalla Esposito, Gino Grossi, Carlo Guitto, Rita Montes, Salvatore Chiantone, Paco Correale, i giovani Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Amelia Longobardi, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, con la partecipazione di Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia, e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto.

Napoli ’43 è la suite aspra e armoniosa di affascinante Cunto Leggendario degli eventi, dei sentimenti e delle figure popolari della gloriosa epopea che i Napoletani condussero nelle novantasei ore tra il 28 settembre e il 1° ottobre 1943, per scacciare i Tedeschi dalla città. Un racconto a più voci di un evento memorabile che fece di Napoli la prima città in Europa per valore d’eroismo. Ancora una volta la scrittura di Enzo Moscato si fa esercizio prezioso intorno alla memoria della città, la sua storia, il suo immaginario.

Da venerdì 12 a domenica 21 dicembre sarà in scena un nuovo allestimento di Luparella scritto e diretto da Enzo Moscato, con Isa Danieli e lo stesso Moscato. A oltre quindici anni dal debutto, lo spettacolo torna in scena, affiancando alla straordinaria Isa Danieli, lo stesso autore, per una messa in scena ancora più ricca di fascino e magia.

Protagonista della vicenda è Nanà, l’anima candida e reietta, giovane-vecchissima creatura al servizio “minuto” delle donne di un bordello arroccato sui Quartieri Spagnoli, nella Napoli, desolata e avvilita, dell’occupazione nazista, sul finire dell’estate del 1943.

Nanà, simbolo di una Napoli-risentimento e non da folclorica cartolina, voce e volto d’azione di riscatto, a fronte delle infinite bugie e menzogne su un popolo, consegnatoci da chi lo tramanda come inerte e infingardo, pagnottista e voltagabbana, diventa, nella vicenda, l’artefice violenta d’un delitto. E’ una specie di catarsi, improvvisa e sanguinaria, attuata a difesa di una vittima, di qualcuno più soggetto e più debole di lei.

Luparella, appunto, è l’altro corpo-non-corpo in scena, puro fantasma, evocazione di memoria, ombra fedele di Nanà nell’osceno e sboccato rosario dei martirii.

Sempre nell’ambito del progetto Ritmos Vocales di Enzo Moscato, dal 3 novembre al 2 dicembre, il Teatro Pubblico Campano in collaborazione con la Compagnia Teatrale Enzo Moscato promuove un laboratorio sulla scrittura teatrale, destinato a quindici partecipanti e dedicato a chiunque voglia indagare la dimensione della scrittura pensata per la scena.

Una prima sezione affronterà la duplice dimensione del fenomeno della scrittura, sia in senso generale che in quello particolare di drammaturgia.

La seconda – esemplificativa e di lettura – prenderà in esame, sia a livello formale sia contenutistico, la vasta gamma di testi e di spettacoli costruiti per la scena dallo stesso ‘drammaturgo’ Enzo Moscato, con particolare riferimento ai legami che intercorrono tra il vissuto personale dell’ autore, la tradizione napoletana di teatro a lui precedente e la trasfigurazione degli stessi operata dalla pratica della scrittura.

La terza riguarderà il passaggio del laboratorio dalla teoria alla pratica, e sarà incentrata sull’analisi, la lettura e l’ eventuale ‘mise en espace’ di brevi scritti composti dagli stessi allievi, in modo da costituire un esito e un’ esercitazione concreti dei livelli teorico-culturali affrontati in precedenza.

Sono previsti, nell’ambito dell’attività laboratoriale, incontri con attori che hanno affrontato e messo in scena testi dello stesso Moscato.

Progetto Ritmos Vocales di Enzo Moscato

Napoli, Teatro Nuovo – dal 23 ottobre 2014

Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)

Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it

Da giovedì 23 a domenica 26 ottobre 2014

Napoli, Teatro Nuovo

Compagnia Teatrale Enzo Moscato

presenta

Tà-Kài-Tà

(Eduardo per Eduardo)

scritto e diretto da Enzo Moscato

con Isa Danieli e Enzo Moscato

scena Tata Barbalato, costumi Giuliana Colzi, luci Donamos

‘Tà-kài-Tà’ (‘Questo e Quello’, in greco antico ), non è un testo ‘da’ ma ‘su’ Eduardo De Filippo. Non è un racconto né una sorta di sinossi riepilogativa della sua vicenda artistica ed umana.

Così come non si basa – né vuole farlo – su alcun dato biografico ‘scientifico ‘ o storicamente fondato sulla vita , interiore ed esteriore, che a lui è toccato ‘veramente‘ di condurre.

E’ piuttosto un periplo immaginario, fantastico, (e quello della fantasia è l’unico dono ‘vero‘, forse, che un drammaturgo, un fingitore d’emozioni e vita, può fare a un altro drammaturgo, un altro fingitore d’emozioni e vita, io credo) intorno ai pensieri e ai sentimenti – ante e post mortem – che possono avergli sfiorato, per un attimo, l’anima ed il cuore.

E’ un vagare per ipotesi, illazioni, supposizioni, né malevoli né benigne, solo magari spontanee, istintive, che implicano, però, da parte mia, due grandi cose, due grandi fedi, due speranze.

La prima, che sia possibile – soprattutto per le intelligenze superiori, quelle più vicine agli angelie ai dèmoni – un aldilà da cui non è interdetto tornare e ancora ripercorrere queste terrestri lande desolate, per donarci almeno il riflesso – l’eco – di una voce, che abbiamo amato, che ci è stata cara e che, nella gioia e nella pena di un’inevitabile ferita, ci ha formati..

La seconda, che il gioco dell’inventare e fingere, riflettere e far splendere, la vita, che è il gioco del Teatro, non sia mai finito, mai sia stato smesso, da quelli che supponiamo ci abbiano per sempre abbandonati: i cosiddetti Morti, i Trapassati.

I quali, per l’appunto, e solo per la forza/urgenza inarrestabile e invincibile di continuare a produrre e a ‘significare’ vita, nell’eterno gioco a rimpiattino colla verità/finzione della scena, possono davvero ritornare (sia pur nell’apparente assenza totale di materia) nei sogni, nelle fantasie, nelle mancanze, le ‘defaillances’ e i làpsus, a visitare gli animi – riempendone le pagine – di chi non li ha scordati.

Enzo Moscato

Da giovedì 30 ottobre a domenica 9 novembre 2014

Napoli, Teatro Nuovo

Compagnia Teatrale Enzo Moscato

presenta

Napoli ‘43

Scenario Evento per il 70esimo ‘D-Day’ Napoletano

testi e regia Enzo Moscato

immagini sceniche Mimmo Paladino, luci Cesare Accetta,

costumi Tata Barbalato, musiche originali Claudio Romano

con

Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Enzo Moscato

Salvatore Cantalupo, Enza Di Blasio, Lalla Esposito, Gino Grossi

Carlo Guitto, Rita Montes, Salvatore Chiantone, Paco Correale

e con Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Amelia Longobardi,

Francesco Moscato, Giancarlo Moscato

e con la partecipazione di Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia

e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto

selezione musicale Donamos, sartoria Luciano Briante,

fonica Teresa Di Monaco, grafica e foto di scena Fiorenzo de Marinis

La forma ‘estetica’ in cui è racchiusa scenicamente la rappresentazione è quella, epica, della ‘cantata’.

Essa tenta di restituire (mescolando teatro e citazione sonora cinematografica, nella voluta semi-Immobilità degli attori, nella discrezione presenziale del loro darsi in scena) il senso dell’INIMITABILITA’ E IRRIPETIBILITA’ dell’agire storico degli eroi straccioni di quei lontani giorni del settembre 1943. Ne aumenta, anzi, la dimensione astratta, onirica, fantasmatica; i segni inermi della sconfitta umana, sia pur nella vittoria bellica trionfante contro i Nazisti.

Le figure, infatti, che popolano lo spettacolo sono tutte come già morte, per ben 2 volte: per il passato, certo, ma anche e soprattutto per l‘immemore e superficiale presente che viviamo.

In quanto tali, in quanto mere larve, ‘torva cenere fujente’, escono e rientrano, a intermittenza, dal buio del fondo scena, come se si trattasse di un ALTROVE, magari del mitico oltre-Stige dell’Eneide e dell’Odissea, o, più ordinariamente, come se quel buio permanente fosse l’Ombra – perturbante e rimproverante, un contrappasso metafisico – dell’oblio sociale, collettivo, cui sono odiernamente destinate.

In questo senso, non hanno e non devono avere alcun ‘glamour’ rutilante e ‘fictional’; sono esseri comuni, umili, disadorni, prosaici, e, nello stesso tempo – per il pensiero di riscatto, che, tra gioco e melodramma, ‘all’intrasàtto’, all’improvviso, all’unisono, concepiscono contro i brutalissimi Tedeschi che terrorizzano la città – sono anche eccezionali. Simbolicamente eccezionali. Vere e proprie troncature delle catene costrittive della Storia.

E, affinché di quanto detto sopra fosse evidente il puro valore espressivo-antiretorico e anticelebratorio, ho senza alcuna esitazione spazzato via dalla scena ogni folclore stereotipato di rovine o realistici orpelli bellici, per lasciare il posto invece a uno spazio, stazionale e azionale, completamente irreale, visionario, trasfigurante, giacché solo affidandolo a un’allucinazione, a un incubo, a un delirio, talvolta orgiastico, talvolta malinconico, fatto quasi esclusivamente di voci, antiche filastrocche, grappoli di suoni, di parole, riusciamo forse a misurare, oggi, lo strappo enorme che produce la rimozione o la cancellazione della rivolta napoletana (che fu sociale e fu morale!) sulle fragili e ignare menti dei più giovani.

E non solo.

In linea con tutto ciò è anche, a mio avviso, il trattenimento, in mera traccia sonora registrata, della guerra, delle bombe, della feroce occupazione dei Nazisti, non solo perché ho messo fuori gioco ogni facile e risaputo ‘realismo’ azionale, ma soprattutto perché volevo che questa scia di suoni ‘ibernati’ in qualche modo agglutinasse, formalizzasse, categorizzasse e addirittura, crudelmente, ‘gelasse’, in valore giudiziale negativo (così potenziandole e aggravandole, per distanza epocale e indifferenza), le lacune e le ‘dimenticanze’, mnemoniche ed emotive, di noi contemporanei, rispetto agli eventi delle Quattro Giornate.

Come a dire: i Tedeschi a Napoli ci sono certamente stati e hanno fatto il Male che hanno fatto, lo sappiamo.

Ed è tanto vero questo che ne conserviamo traccia negli Archivi Sonori della Memoria di Stato. E noi ne risentiamo i minacciosi passi, le grida, gli insensati ordini omicidi, ad libitum, tutte le volte che ce ne viene l’ùzzolo.

Ma, oggi, i Nuovi Tedeschi, chi sono?

Dove stanno? Dove si nascondono (se pure si nascondono)?

E, soprattutto: cosa si propongono – nel prossimo futuro – a nostro danno, fare?

Enzo Moscato

Da venerdì 12 a domenica 21 dicembre 2014

Napoli, Teatro Nuovo

Compagnia Teatrale Enzo Moscato

presenta

Luparella

ovvero Foto di Bordello con Nanà

scritto e diretto da Enzo Moscato

con Isa Danieli e Enzo Moscato

Lo spettacolo Luparella, ovvero Foto di Bordello con Nanà di Enzo Moscato nella sua prima stesura, sottoforma di breve monologo, è interpretato dallo stesso Moscato a metà degli anni Ottanta. Il 4 luglio del 1997 debutta a Ercolano, nell’ambito del Festival delle Ville Vesuviane, nell’interpretazione di Isa Danieli e con la regia di Moscato, poi, viene rimesso in scena nel 2002 al Teatro India di Roma e ri-allestito nel 2005 al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli. Nel settembre del 2002, in occasione della LIX Mostra del Cinema di Venezia, viene presentata la trasposizione cinematografica di Luparella, diretta da Giuseppe Bertolucci con le musiche di Pasquale Scialò. Di recente (febbraio 2010), al Teatro María Guerriero di Madrid, è stato realizzato un allestimento in versione spagnola; è di pochi giorni fa, il 23 maggio, invece, la messa in scena in lingua francese nell’ ambito della rassegna Tradurre/Trasmettere dedicata al teatro italiano, avvenuta presso il Theatre de l’ Atalante di Parigi.

Oggi, a oltre quindici anni da quel debutto, si ripropone lo spettacolo, affiancando alla straordinaria Isa Danieli, lo stesso autore, per una messa in scena ancora più ricca di fascino e magia.

«Protagonista della vicenda (o della Storia, o della Natura, che, come Leopardi avvertiva, sono spesso, a Napoli, la stessa, crudelissima cosa) è Nanà, l’anima candida e reietta, giovane-vecchissima creatura al servizio “minuto” delle donne di un bordello arroccato sui “Quartieri Spagnoli”, nella Napoli, desolata e avvilita, dell’occupazione nazista, sul finire dell’estate del 1943.

È Nanà, simbolo di una Napoli-risentimento e non da folclorica cartolina, voce e volto d’azione di riscatto, a fronte delle infinite bugie e menzogne su un popolo, consegnatoci da chi ce lo tramanda come inerte e infingardo, pagnottista e voltagabbana, a farsi, nella vicenda, l’artefice violenta d’un delitto, una specie di catarsi, improvvisa e sanguinaria, attuata a difesa di una vittima, di qualcuno più soggetto e più debole di lei: di Luparella, appunto: l’altro corpo-non corpo in scena, puro fantasma, evocazione di memoria, ombra fedele di Nanà nell’osceno e sboccato rosario dei martirii.

Luparella, vecchia puttana dei casini, consumata dalle malattie e le paure.

Soglia, pietosa e disumana, in bilico continuo tra essere e non essere, speranza e perdizione, che muore nel dare alla luce, nel bordello spopolato perfino dalle sue “signorine”, un’anonima creatura, fatta venire al mondo dalla stessa incompetenza e passione di Nanà, mentre che, sul letto, “in articulo mortis”, la vecchia prostituta viene ancora oltraggiata dalla foga sessuale di un giovane nazista, salito alle stanze del casino, perché in cerca occasionale d’amore, o forse, d’ulteriore, occasionale sopraffazione a danno d’indifesi. La messa in scena […] tende a marcare fortemente le valenze squisitamente linguistico-fantastiche del testo, che sulla scena, diventa quasi un canto continuo, una sorta d’appassionato “lied” tedesco-partenopeo, veicolante l’essenza d’universo, cosmo, della realtà di Napoli, qualcosa di non provincialistico o locale, pur usando fino in fondo l’arcinoto e teatralissimo suo idioma.»

Enzo Moscato