Di: Maresa Galli

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Dal 26 al 28 maggio, alle ore 20, al TIN, Teatro Instabile Napoli, va in scena “LadyEM”, liberamente tratto da “Macbeth” di Shakespeare, produzione a cura di Baba Yaga Teatro. Firmano l’adattamento Rosalba Di Girolamo e Vincenzo Pirozzi che ne cura anche la regia; interpreti Rosalba Di Girolamo e Mauro Racanati. Speaker Francesco Mastandrea. I costumi sono di Rosa Ferrara, le scene di Peppe Zarbo. La tragedia di Macbeth è più che mai attuale: la sete di potere, la guerra, l’avidità che divora gli uomini, la lotta per il potere, l’abisso della follia… Rosalba Di Girolamo e Vincenzo Pirozzi raccontano ai lettori di CulturaSpettacolo questa nuova messa in scena.

“Un Pop Rock fatto di eccessi, tradimenti e follie…”: come avete immaginato questa lettura di Macbeth?

“Volevamo mettere in scena una rilettura di Macbeth incentrata su due soli personaggi, la Lady e Macbeth, suo specchio “agente”, per raccontare l’ossessione per il potere.  Quando è scoppiata la guerra in Ucraina, e abbiamo ascoltato le voci provenienti dai territori occupati, non abbiamo potuto che calare il nostro progetto nella contemporaneità. È proprio la voce di un cronista, infatti, che scandisce il ritmo della nostra messa in scena. Questa, tuttavia, finisce col diventare uno spaccato della mente umana quando un sogno, che sia esso il potere, l’amore o l’affermazione di sé, comincia a diventare ossessione. E queste dinamiche sono rappresentate attraverso una complessa relazione di coppia. La nostra messa in scena, quindi, non segue sempre un andamento lineare, ma si evolve spesso per “traumi”, come spesso accade nelle nostre menti e nelle nostre relazioni più difficili”.

Come è immaginata la figura di Lady Macbeth, manipolatrice, crudele, ambiziosa e infine folle…E le Streghe?

Lady Macbeth è l’emblema del male, del nero assoluto. Abbiamo cercato le sfumature all’interno di questo nero e per farlo siamo andati a costruire un suo background, e abbiamo cercato di portare fuori sue le motivazioni senza giudizio. In questo percorso mi è stato da ausilio lavorare sull’ identificazione della Lady Macbeth con le streghe, che il regista ha suggerito. Emma durante lo sviluppo della pièce prende progressiva coscienza dell’esistenza del male dentro di sé, le streghe appunto, e intraprende una lotta per accogliere e cacciare via questo male da sé stessa, una lotta che le farà attraversare l’estasi e il dolore, il buio della follia ma anche la luce del riscatto. Una sorta di rappresentazione estrema e metaforica di ciò che avviene dentro di noi quando siamo chiamati a liberarci nel nostro buio”.

Come sono le scene di Peppe Zarbo?

“La splendida scenografia naturale del Teatro Instabile ha suggerito una scenografia essenziale, realizzata attraverso pochi elementi dal forte potere simbolico. Un trono al centro della scena, simbolo del potere, che subirà un rovesciamento durante lo spettacolo. E ai suoi lati, simmetrici, due velatini, dietro ai quali una vasca da bagno da un lato e un letto dall’ altra, simbolo di vanità ma anche di catarsi il primo, e della complessa intimità tra i due il secondo. Ed è filtrati da questi diaframmi che si evocheranno, come in allucinazioni, le azioni chiave della pièce”.

Quali versioni teatrali o cinematografiche di Macbeth hanno colpito il vostro immaginario?

“C’è una differenza tra il fare il regista a teatro, per il cinema o per la televisione, sono modi e tecniche diverse per raccontare, a teatro lo si fa avendo degli attori ed un palco e bisogna rendere la messinscena lavorando su ogni minimo dettaglio: dalla voce fino a come muoverebbe quel personaggio un dito mignolo di una mano. Mentre per il cinema e per la televisione hai gli attori e la macchina da presa, il procedimento psicologico del personaggio è quasi simile al lavoro che si fa a teatro ma poi, nel momento che usi la macchina da presa, è quella che si muove nella scena con o senza l’attore e “legge” tutto ciò che il regista vuole raccontare da un uomo perso in un luogo ad un dito mignolo di una mano che sta per compiere un’azione”.