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In scena al Teatro di San Carlo una nuova produzione di

Maometto secondo rara opera “napoletana” di Gioachino Rossini

Con la direzione di Michele Mariotti e la regia di Calixto Bieito

Domenica 29 ottobre ore 17

Maometto secondo di Gioachino Rossini, titolo conclusivo della Stagione d’opera 2022-2023 del Teatro di San Carlo, debutta al Lirico di Napoli domenica 29 ottobre alle ore 17 con la direzione di Michele Mariotti e la regia di Calixto Bieito, regista spagnolo per la prima volta al Massimo napoletano.

In scena fino al 5 novembre, questa nuova produzione del Teatro di San Carlo avrà le scene di Anna Kirsch, i costumi di Ingo Krügler e le luci di Michael Bauer.

Nel cast vocale Dmitry Korchak (Paolo Erisso), Vasilisa Berzhanskaya (Anna), Varduhi Abrahamyan (Calbo), Li Danyang (Condulmiero), Roberto Tagliavini (Maometto II) e Andrea Calce (Selimo).

Michele Mariotti sarà alla guida di Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo (quest’ultimo preparato dal Maestro aggiunto del Coro Vincenzo Caruso).

Calixto Bieito nato a Miranda de Ebro (Spagna), vive a Basilea. Il Pierrot lunaire di Schönberg è stata la sua prima opera per il teatro musicale, seguito dalla Carmen al Festival di Peralada. Il Macbeth a Salisburgo nel 2001, l’Amleto a Edimburgo nel 2002 e diversi allestimenti ad Hannover sono stati seguiti da una produzione molto controversa di Die Entführung aus dem Serail alla Komische Oper di Berlino nel 2004. Queste produzioni hanno rapidamente consolidato la sua fama e notorietà come uno dei più importanti registi europei, acclamato e odiato con zelo e ardore. Nel dramma così come nell’opera è uno spirito di contemporaneità senza compromessi che segna l’approccio teatrale di Calixto Bieito. Visioni di alta tensione ed energia portano direttamente al centro del dramma e dei conflitti.

La partitura di Maometto secondo fu scritta per il Teatro di San Carlo nel 1820 quando Rossini ne era il direttore artistico e dopo un’unica ripresa nella stagione 1825-26 non è mai più stata rappresentata a Napoli. Si tratta dunque di un’occasione importante anche perché sarà utilizzata per la prima volta l’edizione critica preparata dalla Fondazione Rossini di Pesaro.

Sabato 28 ottobre alle ore 18 nel Foyer – Salone degli Specchi, l’opera sarà presentata a cura di Ilaria Narici (direttrice scientifica della Fondazione Rossini di Pesaro e curatrice dell’edizione critica) con la partecipazione dell’esperto rossiniano Sergio Ragni, nella serie “Lezioni d’opera” curata da Dinko Fabris, responsabile scientifico del dipartimento comunicazione del Teatro di San Carlo. (ingresso libero)

Guida all’ascolto

A cura di Ilaria Narici

Maometto secondo di Rossini a Napoli: dalla creazione all’edizione critica

Napoli 1820

La sua unica occupazione durante i disordini, la sua grande preoccupazione, era quella di evitare di essere reclutato nella Guardia Nazionale; per raggiungere questo obiettivo utilizzò tutte le risorse della sua intelligenza e tutti i poteri della sua immaginazione. Tuttavia, su richiesta del generale Pepe, accettò alla fine di non dare il cattivo esempio. Si lasciò crescere i baffi e indossò l’uniforme due o tre volte; ma l’inutilità dei suoi sforzi per darsi un’aria marziale e la sua totale mancanza di vocazione fecero sì che dopo nove giorni fosse riformato dai suoi capi.

Il soggetto del racconto è Gioachino Rossini, il contesto Napoli 1820 durante i moti carbonari scoppiati il 1° luglio. Un esercito di rivoltosi guidati da Guglielmo Pepe, inizialmente posto dai Borboni alla testa dell’esercito regio, entrò trionfante in città. Nel racconto tardivo del biografo di Rossini, Alexis Azevedo, redatto quando questi era ancora in vita, il particolare dei baffi non è trascurabile. Si trattava infatti di una concessione del compositore – tutt’altro che rivoluzionario – alle esigenze del momento, essendo i baffi un segno distintivo dei patrioti risorgimentali. Ma i codici nel tempo mutano e nel 1851, per non esporsi politicamente, Rossini taglierà i baffi con cui lo ritrae il pittore Vito d’Ancona[1] per non apparire reazionario (“il n’y a que le Codini qui portent Moustaches”).

È evidente che in un contesto politico caratterizzato da frequenti e repentini rivolgimenti, Rossini, come tutti gli artisti, non poteva rischiare passi falsi operando in un sistema culturale fortemente influenzato dai governi in carica. A Napoli, grazie all’arrendevolezza di re Ferdinando, costretto a promettere e poi a concedere la costituzione, i tumulti si erano spenti rapidamente e Rossini ne scrisse alla madre l’11 luglio: «Qui tutto è tranquillo il nostro buon Sovrano ha firmata la costituzione, e vi assicuro che i Napoletani hanno fatto un’azione Inarivabile».

Il 1820 segna un cambio di passo nel ritmo produttivo di Rossini che, dal debutto veneziano del 1810, in dieci anni aveva composto ben trenta titoli. Dopo la concertazione a gennaio di Ferdinando Cortez di Spontini, l’unico impegno portato a termine nella prima pare dell’anno era stata la Messa di gloria, eseguita il 24 marzo nella chiesa di San Ferdinando. Quanto alla promessa di un’opera da comporre per Maria Luisa di Borbone, reggente del ducato di Lucca, fu continuamente dilazionata e, tra scuse e menzogne, mai realizzata. Intanto a primavera Rossini si era impegnato per una nuova opera (sarà Maometto secondo) nella stagione d’autunno del San Carlo, ma anche questo progetto avanzava a passi lenti, complici i timori suscitati dalle circostanze politiche che «gli avevano bucato interamente l’estro» e, unitamente alla stagione caldissima, tolto «ogni facoltà».

In un clima pacificato dall’emanazione della costituzione, Rossini riprese ad occuparsi dell’opera per il San Carlo. La scelta del soggetto, secondo quanto attesta il «Giornale delle Due Sicilie» del 25 maggio 1820, era già da mesi caduta sulla tragedia Anna Erizo del letterato napoletano Cesare Della Valle duca di Ventignano che narra dell’assedio della colonia veneziana di Negroponte (attuale Calcide), sull’isola greca di Eubea, da parte del sultano Mehmet II. Rossini ne venne a conoscenza dallo stesso autore che sedeva nella Deputazione dei Reali Teatri e che era dunque direttamente al corrente dei suoi progetti artistici. Stando alla testimonianza del Della Valle, fu lo stesso compositore a interessarsi al soggetto e a richiedergli di trarne un libretto per la sua opera.

Che sia stato Rossini a scegliere il soggetto è un dato utile a sfatare una volta di più l’erroneo preconcetto secondo il quale egli non avrebbe rivolto particolare interesse ai testi che metteva in musica. Inoltre, nel caso di Maometto secondo, ci troviamo di fronte ad una situazione rovesciata nel rapporto fonte letteraria/libretto, dato che la stesura del libretto precede quella della tragedia, che circolò manoscritta prima di essere data alle stampe nel 1824. Procedura del tutto insolita tanto che Della Valle, qualche decennio dopo, commentando il rapporto tra poesia e musica scriverà: «S’incominciò scrivendo Drammi per musica, si è finito scrivendo musiche per Drammi. S’incominciò con poesia da mettersi in musica, si è finito con musiche da applicarvi la poesia».

Nel caso di Maometto, tra libretto e tragedia anche il baricentro drammaturgico è rovesciato: il libretto è intitolato al sultano conquistatore laddove nella tragedia Anna, figlia di Paolo Erizzo, bailo di Negroponte all’epoca dell’assedio della città dalla flotta ottomana, ne è la protagonista. Nonostante all’inizio dell’Ottocento Anna fosse presentata come un’autentica eroina veneziana, oggi sappiamo che si tratta di un personaggio leggendario. Tratti dalla storia sono invece gli altri personaggi principali del dramma: il provveditore veneziano Paolo Erizzo (1411-1470), – il cui cognome nella tragedia è mutato in Erisso per servire alla dolcezza del verso – accanto al quale combatterono i capitani Alvise Calbo (ca 1404-1470) e Giovanni di Antonio Bondumier (1417-1470).

Sebbene l’azione sia ispirata dalla storia, l’apporto dei Greci è taciuto nel libretto di Della Valle per dare maggior risalto all’eroismo italiano presentato come l’ultimo bastione in Oriente contro la minaccia ottomana nei termini di uno scontro di civiltà secondo la percezione del pubblico cristiano di primo Ottocento. Eliminato qualsiasi riferimento alla realtà greca di Negroponte per farne una storia tutta italiana – l’isola di Eubea era parte della repubblica di Venezia sin dal 1209 – il libretto di Maometto presenta i veneziani come le uniche vittime e gli unici difensori della propria terra, al punto da rovesciare la realtà storica che vide la sconfitta dei Veneziani e l’assassinio di Paolo Erizzo. Qui il sacrificio finale di Anna e le parole da lei rivolte a Maometto dopo essersi pugnalata sulla tomba della madre, segnano l’eroico epilogo dell’italica virtù, parole nelle quali è difficile non leggere un riferimento all’attualità, un omaggio di Della Valle al patriottico clima politico instauratosi a Napoli in quei mesi:

Anna (appoggiandosi al sepolcro della madre)

E tu che Italia,,, conquistar… presumi

Impara or tu… da un’Itala donzella

Che ancor degli eroi la patria è quella. (cade morta appiè del sepolcro)

Rossini non musicò questi versi, che sostituì con una quartina, scritta verosimilmente di suo pugno e intonata da Anna,

Sul cenere materno

Io porsi a lui la mano,

il cenere materno

abbia il mio sangue ancor!

seguita dall’intervento finale di Maometto e Coro:

T’arresta, che istante orribile!

Oh giorno di dolor!

Già muore, oh Dio, la misera;

oh giorno di dolor!

Un «novello sentiero»

Approntato il libretto, il 17 ottobre Rossini aggiornò la madre: «Io stò perfettamente e ho già finita la mia opera il Maometto che spero non sarà inferiore alle altre» e di nuovo il 7 novembre «Io ho Finita l’Opera il Maometto, che va in scena Fra Sei Giorni.» La prima rappresentazione avvenne in realtà solo il 3 dicembre con un cast stellare che annoverava per le prime parti il tenore Andrea Nozzari (Paolo Erisso), Isabella Colbran (Anna), il contralto en travesti Adelaide Comelli (Calbo) e il basso Filippo Galli, ritornato al San Carlo per vestire i panni di Maometto. L’esito fu buono pur se sorprendente sotto l’aspetto di una svolta stilistica che il recensore del «Giornale del Regno delle Due Sicilie» non mancò di sottolineare:

Si direbbe che questa poesia abbia animato Rossini ad allontanarsi dalle tracce finora da esso calcate, e lo abbia animato alla semplicità ed alla purità dello stile de’ nostri grandi compositori, in modo che se continua egli a seguire questo novello sentiero, il Maometto segnerà nella storia delle sue opere un secondo periodo d’assai più glorioso del primo, in cui potrà superare non che emulare quei Magni, i quali o ebber culla tra noi, o tra noi si formarono all’arte divina che insegna a riunire tutti i prestigi della melodia, dell’armonia e del ritmo musicale, ed a molcere le orecchie con accenti che perfino i cuori men sensitivi soavemente commovino. La musica del primo atto del Maometto è dal principio alla fine ricca di bellezze originali. I cori, le arie, i due terzetti, il finale, uniscono la melodia alla forza, la semplicità alla magnificenza, e quel patetico senza grida, quell’armonia senza fragore e senza confusione, che era con tanta sapienza usata dagli antichi, e che difficilmente si incontra nelle composizioni dei moderni.[2]

Si ritrovano qui alcuni dei topoi della recezione rossiniana di primo Ottocento, in particolare i riferimenti alla melodia (Rossini in una tarda testimonianza avrebbe scritto di stesso«je ne suis rien qu’un pauvre mélodiste»), e all’orchestrazione, lodata in quanto lontana da quel fragore che la critica ostile spesso gli imputava. Non sfuggì il portato innovativo di Maometto secondo, opera dalla spiccata libertà formale, nella quale Rossini travalica i limiti del pezzo chiuso e la rigida alternanza Recitativo – Numero musicale per inglobare in grandi forme arie, duetti, terzetti, alternati a recitativi accompagnati dagli Archi, spesso con interventi di tutta l’orchestra. Nei recitativi riecheggiano spunti tematici dei numeri musicali che creano un continuum drammaturgico, dove la misura diventa l’intero atto e non più il singolo brano. Si veda ad esempio il grande Terzetto «Ohimè! Qual fulmine» (definito da Rossini «Terzettone», N. 3) al centro del primo atto, la più complessa struttura musicale elaborata dal compositore, che al termine risolve direttamente nel successivo Coro e Cavatina di sortita di Maometto senza cesura tra i due pezzi, o nel finale il rondò di Anna, mutilato della tradizionale cabaletta in quanto interrotto dal gesto suicida della donna.

I richiami tematici scorrono inoltre all’interno delle grandi campate dei due atti dell’opera, con funzione drammaturgica analoga a quella del leitmotiv, come il recitativo drammatico sul tremolo degli archi con cui Anna rievoca la madre, analogo al passo in cui Erisso consegna alla figlia Anna il pugnale [N. 3], o il tema turchesco che anticipa l’apparizione di Maometto in scena e che riappare nel recitativo seguente.

All’interno di strutture monolitiche per compattezza, le situazioni drammaturgiche sono delineate dagli strumenti dell’orchestra in momenti fàtici: l’Arpa nelle preghiere (preghiera di Anna «Giusto ciel» nel Terzettone, la preghiera interna intonata dal Coro di Donne nel Finale Secondo [N. 11] «Nume, cui_il Sole_è trono»), o scandite da segnali come il colpo di cannone eseguito dalla Gran Cassa che anticipa l’avvento improvviso delle truppe di Maometto, il tamburo sul palco che accompagna l’arrivo della guarnigione veneziana, o nel recitativo dopo il Duetto Maometto- Anna nell’Atto II, dove un crescente battere di tamburi richiama i soldati musulmani a schierarsi. La dimensione spaziale è inoltre amplificata dalla presenza della Banda sul palco che in un gioco dentro/fuori segnala l’avanzare degli eserciti come musica militare, o rinforza la compagine orchestrale nei grandi pezzi d’insieme.

L’edizione critica

L’autografo di Maometto secondo, conservato alla Fondazione Rossini di Pesaro unitamente a molti altri manoscritti lasciati in eredità dal Maestro alla sua città natale, è composto da due volumi di fascicoli non rilegati, contenenti parzialmente la musica (incompleta) di almeno tre opere: Maometto versione Napoli 1820, parte della musica del rifacimento dell’opera attuato per il Teatro La Fenice di Venezia nel 1822, alcune sezioni rielaborate per Le siège de Corinthe, opera che Rossini ricompose a partire da Maometto per le scene del Théâtre de l’Académie Royale de Musique (l’Opéra) nel 1826.

Per quanto concerne la versione originale di Maometto secondo (Napoli 1820), il manoscritto pesarese presenta ampie lacune, colmate dall’edizione critica curata da Claudio Scimone nel 1985 ricorrendo a copie manoscritte coeve. Da allora la ricerca musicologica intorno a Rossini è andata molto avanti, e sono stati identificati brani dell’opera o frammenti di essa in biblioteche e archivi pubblici e privati. Per questa ragione la Fondazione Rossini ha ritenuto necessario riaprire il cantiere di lavoro su questo importante titolo del catalogo rossiniano rivedendo il testo musicale alla luce delle nuove acquisizioni, quali la Cavatina di Maometto del primo atto, il cui autografo fu acquistato ad un’asta dal grande studioso rossiniano Bruno Cagli e poi donato alla Fondazione Rossini, o il Coro «È follia sul fior degli anni» che apre il secondo atto, conservato alla New York Public Morgan di New York. Ulteriore oggetto di studio per la presente edizione critica è costituito dagli abbozzi autografi di differenti passaggi dell’opera. Si tratta di documenti utili a ricostruire il percorso compositivo seguito da Rossini nella creazione delle sue opere e soprattutto rari, considerato che, diversamente da Verdi che ha lasciato un corpus di abbozzi e schizzi ragguardevole, di Rossini pochissimi sono gli schizzi preparatori pervenutici.

Il ritorno di Maometto secondo dopo più di duecento anni sulle scene dello stesso teatro che la tenne a battesimo è opportunità di verifica del testo di questa nuova edizione. Alla luce della tragica attualità di questi nostri giorni, dove assistiamo a stragi e moderni assedi, la vicenda dello scontro tra oriente e occidente rappresenta uno di quei «momenti fatali della storia in cui maturano decisioni che trascendono la contingenza e che «fulgide e immutabili come le stelle, risplendono sopra la notte dell’umana caducità» (S. Zweig).

Teatro di San Carlo
domenica 29 ottobre 2023, ore 17:00

martedì 31 ottobre 2023, ore 20:00

giovedì 2 novembre 2023, ore 18:00

domenica 5 novembre 2023, ore 17:00

Gioachino Rossini

MAOMETTO SECONDO

Dramma in due atti su libretto di Cesare Della Valle, dal suo Anna Erizo

Direttore | Michele Mariotti

Regia | Calixto Bieito

Scene | Anna Kirsch

Costumi | Ingo Krügler

Luci | Michael Bauer

Interpreti

Paolo Erisso | Dmitry Korchak

Anna | Vasilisa Berzhanskaya

Calbo | Varduhi Abrahamyan

Condulmiero | Li Danyang #

Maometto II | Roberto Tagliavini

Selimo | Andrea Calce #

debutto al Teatro di San Carlo

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Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo

Maestro aggiunto del Coro Vincenzo CarusoProduzione del Teatro di San Carlo