Di: Sergio Palumbo

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Due sono i racconti che compongono “Le notti gotiche”: “Le notti lunghe” di Eraldo Baldini e “Le notti corte” di Massimo Cotto.

Nel primo la notte lunga è quella di un vecchio ex-commissario che vive in una casa di riposo, ma che non ha perduto l’acume indagatorio di un tempo. Così, nonostante gli acciacchi dell’età che lo rendono spesso insonne, esce dalla forzata inerzia davanti alla morte, che gli risulta sospetta, di un altro ospite della casa, suo occasionale amico. Scopre alla fine, con l’aiuto di un più giovane ex collega, una verità fatta di piccole e grandi disonestà culminate in un delitto, che spesso la provincia nasconde dietro facciate di ipocrita perbenismo.

Ciò che risulta particolarmente attraente del racconto è la descrizione dell’ambiente selvatico che fa da sfondo: quello del Parco del Delta del Po con i suoi acquitrini, la sua flora palustre e la sua fauna, che il protagonista ama e fotografa. Questo mondo segreto, ricco di colori e di incontenibile vitalità, fa da contrappunto alla malinconia del declino e della morte, vero leit-motiv della vicenda. La narrazione scorre con ritmo incalzante ma senza la superficialità emotiva spesso connaturata al genere, perché lo stile ricco di pathos introspettivo conferisce profondità umana alla vicenda poliziesca.

L’altro racconto, di Massimo Cotto, è una storia in cui la fantasia popolare, sostanziata di vecchie credenze che affondano nelle superstizioni ancestrali della provincia astigiana, moltiplica l’effetto si suspence di una vicenda in cui il protagonista deve districare una cruda realtà criminale da un viluppo di misteriose leggende, che dovrebbero mascherarla. Anche qui il quadro di vita paesana, con la sua miseria e la sua corruttela nascosta dietro la facciata, ma anche con il fascino delle sue antiche storie e secolari tradizioni, costituisce l’interesse maggiore del racconto.

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