Di: Sergio Palumbo

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I gialli di Marco Malvaldi, di professione chimico, non sono quei gialli pieni di azione, nei quali i protagonisti sono commissari, investigatori o agenti segreti. Di azione, anzi, ce n’è ben poca ed i protagonisti sono il gestore di un bar (il “barrista” Massimo) e quattro vecchietti che trascorrono gran parte delle proprie giornate seduti al tavolo sotto l’olmo del BarLume.

“La carta più alta” è il quarto libro della serie dei vecchietti del BarLume ed è incentrato sulla morte di un facoltoso costruttore, Ranieri Carratori, avvenuta vent’anni prima, apparentemente per una malattia fulminante. Saranno proprio i quattro vecchietti a sollevare dubbi sulle vere cause della morte del Carratori e sarà Massimo, coinvolto inizialmente suo malgrado nella ricerca della verità ed immobilizzato sul letto di un ospedale per un banale incidente, a risolvere il caso.

Nei gialli di Malvaldi gli elementi centrali sono principalmente due: il primo, più consono e rispondente ai tradizionali crismi del genere, è il ragionamento deduttivo innescato dall’intuizione, che coinvolge il lettore che vede la verità venire a galla gorgogliando piano piano; il secondo elemento, decisamente più dissacrante e che rende questi libri irresistibili, è l’ironia tagliente e feroce, al limite del cinismo, che è tipica della Toscana. Tra le battute e gli sfottò tra i protagonisti, gli scherzi degni dei migliori film di Mario Monicelli e le sagaci osservazioni dell’io “pensante” Massimo, il lettore spezza piacevolmente la suspense dell’avvincente intreccio con più di una risata. Il mix di questi due elementi rende i libri di Marco Malvaldi davvero irresistibili.

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