Di: Maresa Galli

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Imponente apertura di Stagione del Teatro Mercadante con “I giganti della montagna”, capolavoro incompiuto di Luigi Pirandello e insieme suo testamento spirituale (produzione Fondazione Teatro della Toscana). Regista e interprete, con un ottimo cast, Gabriele Lavia che spiega: i Giganti è un testo profetico, di cui l’autore non scrisse mai il III e ultimo atto, perché non fece in tempo. Questa incompiutezza dell’opera ci dice che il teatro non morirà mai, nonostante ce la mettano tutta”. Dopo “Sei personaggi in cerca d’autore”e “L’uomo dal fiore in bocca… e non solo”, Lavia completa la sua trilogia pirandelliana, con un testo che esalta il valore della poesia, musa immortale che la stupidità e l’avidità umana non possono intaccare. I giganti è ispirato a “Lo storno e l’Angelo Centuno”, del 1910, una delle “Novelle per un anno” del geniale drammaturgo, Premio Nobel per la letteratura. Lo scrittore morì nel dicembre del 1936, quando aveva appena finito di scrivere il secondo atto dell’opera. “I Giganti sono gli uomini del fare, mentre il teatro è fatto dagli uomini dell’essere e Luigi Pirandello l’aveva capito molto bene. Perciò, ho voluto come scenografia un teatro distrutto”, spiega Lavia, regista e interprete nel ruolo di “Cotrone detto il Mago”, il capo degli Scalognati. Il teatro è distrutto, coperto da un lenzuolo, e in questo scenario apocalittico, onirico, sono costretti a muoversi i personaggi, creature che il mondo terreno non merita più. A Villa La Scalogna, animata da strani prodigi, dove tutto può avvenire, lo strano illusionista Cotrone ospita la contessa Ilse Paulsen e la sua compagnia di teatranti, orfani di palcoscenico. Ultimo baluardo di resilienza poetica, il teatro, illusione e sogno e, insieme, essere di contro apparire, essenza profonda, arte e bellezza di contro l’ottusa burocrazia del mondo nel quale vivono i giganti, diviene il “luogo altro”. La contessa crede nel teatro fino ad andare in rovina per mettere in scena la “Favola del figlio cambiato”, testo scritto da un poeta innamorato di lei e poi suicidatosi; la donna conduce alla rovina anche la sua compagnia. Come burattini che prendono vita se sfiorati, i Nuovi Fantocci, personaggi della “Favola del figlio cambiato”, si muovono come marionette, sospesi tra realtà e fantasia, tra caos e kosmos. Cotrone, alter ego di Pirandello, è un pazzo saggio, capace di sognare che il teatro possa ancora avere il suo peso nella storia dell’umanità e, tuttavia, consapevole che l’arte possa essere unicamente fuori dal mondo dei giganti. I miti ai quali ricorre lo scrittore di Girgenti rappresentano le verità essenziali della storia dell’umanità di ogni tempo e luogo. Strehler affermava: -“i giganti siamo noi, in agguato nella vita di ogni giorno, ogni qualvolta ci rifiutiamo alla poesia e, con la poesia, all’uomo. I valori dei quali sono portatori gli attori non sono più bene accolti nella società, ogni giorno più insensibile e refrattaria al richiamo dell’arte”.

Le scene di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti, le musiche di Antonio Di Pofi, le luci di Michelangelo Vitullo, le maschere di Elena Bianchini, le coreografie di Adriana Borriello, completano la messa in scena di Lavia che si avvale di un talentuoso cast di attori, mimi, danzatori e musicisti. Al termine della rappresentazione, interminabili, meritati applausi.