Di: Sergio Palumbo

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I due racconti, di Massimo Carlotto e di Francesco Abate, hanno in comune il protagonista: Catfish, ex poliziotto e ora dj, detective improvvisato per insopprimibile curiosità ma anche per un bisogno profondo di giustizia. Nel primo episodio è la morte violenta dela bella Jasmine, ballerina di un locale equivoco e donna dell’equivoco proprietario, a suscitare la sua volontà di andare al di là dele facili conclusioni degli ex colleghi. Catfish racconta, tra un brano musicale e l’altro, le sue avventure agli ascoltatori di Radio Zero e dipinge, con il tono in apparenza distaccato e sorridente del dj, il mondo rutilante di luci ma marcio in profondità dei locali notturni, dove la droga scorre a fiumi e povere donne, incaute o disperate, vedono appassire presto la loro bellezza o finiscono all’obitorio.

Un tono di particolare originalità ha il secondo episodio di Francesco Abate, in cui vediamo Catfish alle prese con una banda di candidi vecchietti, che forse non sono tanto innocui e sprovveduti come sembrano. Chi ha ucciso Benzinetta, l’anziano usuraio del quartiere cagliaritano di Pisciurrè, calcando la pentola che gli è caduta in testa durante una gita in pullman per persone della terza età? Catfish arriverà alla soluzionedell’enigma ma terrà per se le sue scoperte, tanto la verità non è dimostrabile e forse rivelarla non onorerebbe che un criterio astratto di giustizia. Ci sono realtà che sembrano scritte nelle pietre stesse del vecchio quartiere e nelle rughe di quegli anziani, ma è meglio che si estinguano con loro. E c’è il male, quello vero e senza età, che si annida nelle pieghe più insospettabili della società, dietro la supposta dignità di ruoli che dovrebbero essere rassicuranti: il prete, l’alto funzionario della questura.

Particolarmente piacevoli risultano il tono leggero e scanzonato di Carlotto e l’ironia di Abate, che rendono la lettura accattivante, ma con un retrogusto talora amaro che lascia pensoso il lettore.

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